2021-03-06
Lotta femminista per riscrivere la Treccani
L'istituto è sotto l'attacco della pattuglia di militanti guidata da Laura Boldrini e da Michela Murgia: «Il dizionario dei sinonimi è sessista» Però anche alla voce «uomo» vi sono termini colloquiali dispregiativi. Ma al pensiero «donnista» interessa solo dominare i generiNelle scorse settimane qualcuno aveva provato a giocare la carta dell'antirazzismo, chiedendo alla Treccani - istituzione della cultura italiana - di cancellare dal dizionario l'espressione «lavorare come un negro». I custodi della lingua, tuttavia, hanno tenuta la posizione e hanno risposto picche: «Non siamo in uno Stato etico in cui una neolingua “ripulita" rispecchi il “dover essere" virtuoso di tutti i sudditi», è stata la risposta ufficiale. Ora, però, l'assalto è più organizzato, e l'esercito nemico ha l'artiglieria pesante. Un centinaio di intellettuali, professionisti e militanti ha scritto una lettera aperta alla Treccani chiedendo una riscrittura «antisessista» del dizionario dei sinonimi. Come ha spiegato Repubblica, tra i firmatari dell'appello ci sono «Laura Boldrini, Michela Murgia, Imma Battaglia, Alessandra Kustermann ma anche la vice direttrice generale Banca d'Italia Alessandra Perrazzelli, più un gruppo di attiviste guidate da Maria Beatrice Giovanardi, l'italiana che ha ottenuto che l'Oxford Dictionary modificasse in chiave non sessista la definizione di “woman"». Che cosa lamentano queste cortesi signore? Se la prendono perché «la versione della Treccani online indica nel dizionario dei sinonimi, in riferimento alla parola “donna", eufemismi come “buona donna" e sue declinazioni come “puttana", “cagna", “zoccola", “bagascia", e varie espressioni tra cui “serva". [...] Con queste espressioni associate al concetto di “donna"», attaccano le attiviste, «trovano posto inoltre una miriade di esempi ed epiteti dispregiativi, sessisti, talvolta coraggiosamente definiti eufemismi: “baiadera", “bella di notte", “cortigiana", “donnina allegra", “falena", “lucciola", “peripatetica", “mondana", “passeggiatrice", e molti altri». Tali espressioni, dicono le firmatarie, «non sono solo offensive ma, quando offerte senza uno scrupoloso contesto, rinforzano gli stereotipi negativi e misogini che oggettificano e presentano la donna come essere inferiore». Messa così, sembra che la Treccani sia una sentina di maschilismo. Le bellicose firmatarie, tuttavia, sorvolano serenamente sul fatto che, nel dizionario dei sinonimi della Treccani, compaia un paragrafo esplicitamente dedicato al sessismo. «In numerose espressioni consolidate nell'uso si riflette un marchio misogino che, attraverso la lingua, una cultura plurisecolare maschilista, penetrata nel senso comune, ha impresso sulla concezione della donna», si legge nella nota. «Il dizionario, registrando, a scopo di documentazione, anche tali forme ed espressioni, in quanto circolanti nella lingua parlata odierna o attestate nella tradizione letteraria, ne sottolinea sempre, congiuntamente, la caratterizzazione negativa o offensiva». Per le attiviste, però, tale presa di posizione dell'istituto enciclopedico non è sufficiente. Si indignano per «l'assenza sotto la voce “uomo" di parole quali “uomo violento", “uomo poco serio", “orco", “ometto", “omaccio", “omuccio", “gigolò"», la quale «rischia di apparire come un'incongruenza, se non addirittura una discriminazione». In realtà, tra i sinonimi di «uomo» la parola «orco» compare eccome. E compaiono pure «barbaro, cafone, incivile, maleducato, primitivo, screanzato, selvaggio, tanghero, troglodita, zotico». Ed è qui che sta il problema. Il magma di idee e luoghi comuni che si presenta come «neofemminismo» (e che noi preferiamo definire «donnismo», poiché con la profondità di pensiero e con l'alterità radicale del femminismo storico non ha quasi nulla in comune) sta trasformando le donne in una minoranza da proteggere a norma di legge. Guia Soncini, nel suo nuovo libro, parla di «era della suscettibilità», ma qui siamo già oltre. Non ci troviamo (solo) di fronte ad attiviste che vedono la persecuzione anche laddove non esiste. No, siamo nel pieno di una lotta per il potere che utilizza il «rispetto delle donne» come un grimaldello. Non si cerca di parificare e pacificare i rapporti tra i sessi, ripristinando l'armonia creatrice degli opposti. Al contrario, si tenta di edificare - con l'arma del vittimismo - una nuova gerarchia. Che non migliora certo la vita dei maschi, ma neppure quella delle femmine, se non di poche privilegiate che possono beneficiare di improbabili quote. Oggi i giornali celebrano libri come il pamphlet Odio gli uomini di Pauline Harmange, le librerie sono invase da testi come quello di Sharon Moalem intitolato La metà migliore e dedicato alla «scienza che spiega la superiorità genetica delle donne», roba da razzismo positivista. Però la Treccani non può riportare la parola «cagna», con buona pace della «cagna maledetta» della serie Boris tanto amata anche a sinistra. Con la scusa di rimuovere chirurgicamente il conflitto, si inasprisce la guerra fra i sessi, trasformando i diversi in rivali, gli agonisti in antagonisti, in nemici. Si tenta, in soldoni, di depotenziare, decostruire e addirittura rimuovere il maschile. E - ciliegina - lo si fa invocando la censura più bieca e ridicola. Una delle firmatarie dell'appello, Michela Murgia, ha appena pubblicato un libello intitolato Stai zitta!, in cui se la prende con chi vuole zittire le donne. Ma qui sta succedendo il contrario: sono le donne (certe donne) che vogliono ridurre al silenzio tutti gli altri affinché la loro voce - e solo la loro - regni sovrana. Così che, finalmente, i sacrostanti diritti diventino arroganti privilegi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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