2021-06-09
Arrestato l’uomo che fa tremare i pm
Piero Amara accusato di aver pilotato le sentenze anche per l'ex Ilva attraverso l'ex capo della Procura di Taranto. Ai domiciliari finisce Filippo Paradiso, il poliziotto che lavora al Viminale assieme al sottosegretario grillino Carlo Sibilia. Vediamo se ora Marta Cartabia si dà una mossa Una piccola Procura, quella di Potenza, ha deciso di accendere il faro sugli affari dell'avvocato Pietro Amara, ovvero di colui che da anni è divenuto il protagonista di mille inchieste e di mille intrighi. Il suo nome lo si ritrova nelle indagini del cosiddetto depistaggio Eni, per cui un pm siciliano è stato arrestato e cacciato dalla magistratura. Ma il profilo del chiacchieratissimo legale di Augusta spunta anche nei fascicoli delle Procure di Roma, di Perugia, di Milano, per non parlare degli uffici giudiziari pugliesi dove pare che Amara fosse di casa, avendo relazioni affiatate con gli ex capi dei pm di Trani e di Taranto. Un rapporto, quello con quest'ultimo magistrato, che è all'origine della curiosità dei pubblici ministeri di Potenza, che ieri hanno fatto arrestare il legale, dato l'obbligo di dimora al collega, e colpito con provvedimenti restrittivi altri personaggi, tra cui un funzionario di polizia ben inserito nel ministero dell'Interno. Da quanto è dato sapere, il gruppetto messo ai domiciliari (ma Amara è stato spedito direttamente dietro alle sbarre) si sarebbe dato da fare per aggiustare le inchieste e indirizzare le nomine, arrivando addirittura a influenzare le scelte del Csm.Se c'era modo di picconare ancora un po' la credibilità del Consiglio superiore della magistratura, e di conseguenza anche quella delle toghe, diciamo che l'inchiesta di Potenza lo ha trovato. E la logica conseguenza che ci si dovrebbe attendere, sarebbe lo scioglimento dell'organo che vigila sul sistema giudiziario, perché ormai è chiaro anche ai sassi che gran parte delle nomine ai vertici dei tribunali e delle Procure è avvenuta con un sistema di pressioni e di interessi correntizi che nulla ha a che spartire con l'amministrazione della giustizia. A contare erano i favori, fra colleghi o anche fra estranei, con tanti saluti all'imparzialità e all'indipendenza della magistratura. Su questo dovrebbe riflettere il ministro Marta Cartabia, la quale si appresta a varare una riforma della giustizia che, senza fare chiarezza sui meccanismi delle nomine e senza separare i giudici dai pm, rischia di essere un gigantesco buco nell'acqua.Tuttavia, oltre a scoperchiare che cosa ribolle in certe aule di tribunale, l'arresto dell'avvocato Amara si porta dietro anche un'altra conseguenza, che poi si risolve in alcune semplici domande che si dovrebbero girare alle molte Procure che hanno avuto a che fare con lui. Come è stato possibile che un avvocato di provincia, entrato in contatto con il cane a sei zampe per i guai di natura ambientale di una raffineria siciliana, sia potuto diventare il protagonista di mille inchieste e di mille intrighi? Com'è potuto accadere che un legale di provincia, partito da Augusta, sia arrivato ad aprire uno studio ben avviato a Roma e a Dubai, accrescendo la propria sfera di influenza? Soprattutto, c'è da chiedersi perché a nessun pm finora fosse venuta voglia di approfondire i retroscena che hanno portato Amara a diventare il teste chiave a Roma come a Milano, ma anche a Messina e a Perugia. Già, perché l'uomo fatto arrestare dalla Procura di Potenza fino a ieri era coccolato dai pm, portato nelle aule di giustizia per svelare i misteri internazionali e i traffici più loschi. Ma nessuno finora era interessato ad andare fino in fondo e a chiarire se i racconti dell'avvocato fossero veri o non servissero a nascondere qualche altra cosa. A Milano, dove a un certo punto Amara era diventato il pezzo forte dell'accusa contro i vertici dell'Eni per una presunta tangente miliardaria in Nigeria, si era spinto anche a svelare i segreti di una loggia massonica di cui avrebbero fatto parte magistrati e uomini delle istituzioni. Però, essendo impegnati a inseguire valigie di dollari trasportate in giro per il mondo, i pm avevano preferito per un momento soprassedere alle verifiche necessarie, senza procedere per il reato di costituzione di associazione segreta o per calunnia. E così Amara ha potuto continuare indisturbato la sua opera di inquinatore di pozzi, raccontando mezze verità e probabilmente anche molte balle, potendo continuare a godere di disponibilità economiche distribuite in giro per il mondo.Sì, Amara da testimone a tempo pieno fino a ieri se la godeva, passando da un processo all'altro senza soluzione di continuità. E che cosa importa se ogni tanto fioccavano le sentenze di assoluzione per le persone da lui accusate. Il super teste aveva già pronte nuove rivelazioni. Con questo sistema, l'uomo dei mille intrighi era riuscito a far deflagrare anche una bomba tra i pm di Milano, con l'indagine addormentata sulla loggia Ungheria, e nel Csm, con la fuga di notizie e un fascicolo secretato consegnato a mano a Piercamillo Davigo. Sì, fino a ieri nessuno era in grado di capire quale santo protettore vigilasse sull'avvocato e sui suoi milioni. Poi la piccola Procura di Potenza ha acceso un faro. Speriamo serva a fare luce.
Il segretario agli interni britannico Shabana Mahmood (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 18 novembre 2025. Il nostro Maurizio Caverzan commenta la morte delle gemelle Kessler e ci riporta ai tempi della tv di quegli anni.
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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