2019-03-16
L’ex amico Rossi si vendica di Renzi. Causa da 500 milioni per le Province
Il governatore della Toscana, uscito dal Pd, ha portato in tribunale lo Stato per la riforma (monca) di Graziano Delrio. Aboliti gli enti, le competenze sono passate alla Regione. La quale, lasciata senza soldi, ci ha rimesso i propri. «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua!», disse Gesù, secondo il Vangelo di Matteo. Parole sante, è il caso di dirlo, soprattutto se riferite al rapporto tra Matteo (Renzi) e la sua patria, quella Toscana che tante amarezze gli ha riservato e continua a riservargli: dopo i fasti della sua scalata ai vertici della politica, la sua terra di origine è stata anche il teatro della sua rovinosa caduta. Dalle stelle alle stalle: pochi sono gli amici che ancora restano a Renzi. Tra questi, non si annovera il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, che pure fu vicino al Rottamatore rottamato, e che poi lo ha rinnegato.Tra i tanti bocconi amari che la Toscana riserva al suo ex personaggio illustre, c'è una chicca: la regione ha citato in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, lo Stato italiano, e in particolare la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell'Economia in carica nel 2014, quando il governo varò la riforma delle Province. Chi erano premier e titolare del Mef in quell'anno? Matteo Renzi e Piercarlo Padoan. Spulciando il report su tutte le cause che coinvolgono la Regione, nel paragrafetto riservato ai contenziosi in materia istituzionale dell'ente, infatti, spunta un «ricorso dinanzi al Tribunale di Roma promosso dalla Regione Toscana per l'accertamento dell'obbligo, e condanna dello Stato (presidenza del Consiglio dei ministri e Mef), al pagamento delle risorse necessarie allo svolgimento delle funzioni già di competenza provinciale, trasferite alla Regione ai sensi della legge 56/2014. La richiesta è pari a 491 milioni di euro. Il giudizio è pendente».Avete letto bene: se il Tribunale di Roma dovesse dare ragione alla Toscana, lo Stato dovrebbe versare alla regione quasi mezzo miliardo di euro per coprire le spese che sono state sostenute dopo la pasticciata riforma delle Province del 2014, che ha visto molte competenze che erano fino ad allora delle stesse Province passare alle Regioni, ma che è ancora oggi al centro di innumerevoli diatribe tra istituzioni, anche perché l'abolizione totale delle Province era contenuta nella riforma costituzionale targata Renzi e firmata dall'allora ministro Maria Elena Boschi, che fu sonoramente bocciata al referendum del 4 dicembre del 2016. Così le Province sono rimaste nel limbo della riforma parziale firmata nell'aprile del 2014 dall'allora ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, che trasferiva una serie di competenze alle Regioni o allo Stato centrale, senza però mettere a punto i meccanismi di finanziamento e di organizzazione, rimandando appunto la definizione del tutto alla riforma costituzionale, che però fu travolta, insieme allo stesso Renzi, dai «no» degli italiani. Da qui, il ricorso della Regione Toscana contro lo Stato. «A quanto pare», commenta il consigliere regionale Jacopo Alberti, della Lega, portavoce dell'opposizione, «Enrico Rossi ha la mania dei ricorsi. Solo che si era dimenticato di informarci di aver portato in Tribunale Renzi e il ministero dell'Economia in carica nel 2014. Il ricorso è stato presentato al Tribunale di Roma, e chiede allo Stato 491 milioni di euro, risorse necessarie, secondo la regione, per lo svolgimento delle funzioni già di competenza provinciale, poi trasferite alla Regione stessa grazie alla legge 56/2014, ovvero l'abolizione delle Province».«Nel 2014», aggiunge Alberti, «Renzi sbandierò l'abolizione degli enti provinciali riempiendosi la bocca con il risparmio e la semplificazione, e poi il governatore della Toscana, da lui voluto, gli si è rivoltato contro. Inoltre, in caso la Toscana vincesse il ricorso, si costituirebbe un precedente e di conseguenza, una serie di ricorsi simili, per i quali lo Stato sarebbe obbligato a pagare centinaia di milioni di euro a tutte le Regioni che hanno assimilato le funzioni delle province abolite. Il “buon governo" di Renzi», conclude Alberti, «smentito dai suoi stessi uomini».In effetti, se la Regione dovesse avere vincere il ricorso, le casse dello Stato potrebbero essere letteralmente devastate da analoghe iniziative giudiziarie delle altre Regioni italiane: ipotizzando azioni dello stesso tipo da parte di tutte le altre Regioni, si arriverebbe a una cifra blu, pari a circa 10 miliardi di euro. Per Matteo Renzi, all'epoca della riforma-bluff a capo del governo, sarebbe un bel grattacapo firmato Enrico Rossi. I rapporti tra i due, del resto, sono stati sempre altalenanti: hanno militato per molti anni nello stesso partito, il Pd; sono stati uno presidente della Toscana e l'altro sindaco di Firenze per cinque anni; quando Renzi era segretario del partito e premier, nel 2015, fu lui a dare il via libera definitivo alla ricandidatura di Rossi alla guida della Regione. Rossi vinse, ma due anni dopo mollò il Pd in polemica con la gestione -Renzi, e fondò Mdp insieme a Massimo D'Alema e Pierluigi Bersani. Il ricorso al Tribunale è l'ultima stoccata del governatore rosso Rossi al suo ex amico Matteo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)