2022-12-22
L’Euroscandalo è la tomba del Pd
Malgrado le proteste di Letta & C., l’inchiesta belga coinvolge pesantemente i dem, che già erano precipitati in una crisi politica profonda. La tegola Andrea Cozzolino cade in testa al segretario per caso. E travolge il partito impantanato nel calvario congressuale. Le carte sulla casa di Cervinia accusano: i soldi dal Qatar transitano sui conti delle Ong. l Pd è morto, ma ancora non lo sa. O meglio: lo sa la gran parte dei suoi dirigenti, che tuttavia si affanna attorno al cadavere facendo finta che il caro estinto sia ancora fra noi. Gli ultimi sondaggi, in realtà, non danno segno di vita e più che parlare di encefalogramma piatto occorre riconoscere che ormai le oscillazioni scendono ogni giorno più in basso. Dal 25 settembre a oggi, gli italiani che ancora si dichiarano disposti a votare per il Partito democratico sono meno del 15%. In pratica, in soli tre mesi Enrico Letta e compagni sono riusciti a perdere quasi il 4,5%, sprofondando a un livello mai raggiunto nemmeno nei periodi peggiori. Sono lontani i tempi in cui Matteo Renzi, alle europee del 2014, conquistò il 40,81% e sembra un sogno il risultato conseguito appena tre anni fa, quando si tornò a votare per il Parlamento di Bruxelles e il Pd conquistò il 22,74%. Ironia della sorte, da quando è stato fondato, le percentuali migliori sono state conseguite proprio alle europee: il 26% nel 2009, 14 punti in più cinque anni dopo, quando l’ex sindaco di Firenze e oggi parlamentare di Italia viva era segretario e presidente del Consiglio, e nel 2019 oltre otto punti di distacco rispetto a oggi. L’ironia è data dal fatto che se fino a ieri il voto per Bruxelles garantiva una boccata d’ossigeno a un partito in affanno, oggi i guai peggiori, quelli che hanno contribuito a far discendere agli inferi le percentuali, arrivano da lì, dal cuore dell’Europa.Non bastava infatti la batosta ricevuta alle ultime elezioni, che portò il Pd a fare quasi peggio di ciò che era capitato a Renzi nel 2018. Ci voleva anche lo scandalo del Qatargate, ossia quelle buste piene di euro che Antonio Panzeri, ex deputato prima in quota Pd e poi Articolo Uno, distribuiva con tanta facilità per ingraziarsi il favore di onorevoli e sindacati al fine di abbellire l’immagine del piccolo emirato del Golfo Persico. Una botta che certo, Letta e compagni, non si aspettavano e che dopo un iniziale disorientamento che li ha ammutoliti hanno provato a contrastare. Il tenero Enrichetto, dopo una settimana di silenzio, ha infatti diramato alle agenzie una nota per proclamarsi vittima, annunciando l’intenzione del suo partito di adire le vie legali in quanto parte lesa. Non si sa contro chi il segretario dimissionario voglia scatenare gli avvocati, sta di fatto che la mossa ha indotto anche i suoi più fidati consiglieri a interrogarsi se il poveretto non porti un po’ sfiga. Da quando lui ha preso le redini di Largo del Nazareno le cose, infatti, sono andate di male in peggio. Lo scorso anno, per mesi ha insistito sull’idea di un campo largo della sinistra, ovvero un raggruppamento che includesse pure il Movimento 5 stelle, ma mentre passava il tempo a promuovere l’alleanza non si è reso conto che i grillini lo volevano portare al campo santo. Risultato, prima di quest’estate Giuseppe Conte ha fatto cadere il tanto odiato Mario Draghi, colpevole di avergli soffiato la poltrona da premier, e il povero Letta è rimasto con un palmo di naso. Dopo avere per mesi predicato un’intesa per sostenere il governo dell’ex governatore della Bce, intestandosi la sua agenda, doveva fare i conti con un alleato che aveva fatto lo sgambetto a Draghi.In realtà, né il segretario del Pd né i suoi principali collaboratori si erano resi conto che la trappola rischiava di scattare pure per loro, perché una volta rotta l’intesa a sinistra e caduto Mister Bce, a dover fare i conti con uno scenario mutato sarebbe stato proprio il Partito democratico. Il peggio tuttavia è venuto dopo. Mentre prima delle elezioni questo giornale scriveva che Conte e i 5 stelle avrebbero lanciato l’Opa sul Nazareno, Letta cullava ancora l’idea di un risultato sopra il 20% che, nelle sue intenzioni, avrebbe potuto essere la base di partenza. Invece, il 25 settembre è stato il punto d’arrivo, sì ma al capolinea. Nel senso che, avendo a malapena raggiunto il 19%, il buon Letta ha dovuto accettare la dura realtà e capire che fare il segretario di un partito non è affar suo. Chiunque a questo punto si sarebbe levato di torno, affrettandosi a fare le valigie. Chiunque, ma non il compagno Letta, il quale si è avventurato verso il percorso per arrivare a un congresso partecipato, un viaggio lungo sei mesi, che si è trasformato non in un’assemblea in cui eleggere i nuovi vertici, ma in un funerale con cui tumulare una classe dirigente. E in questo clima da esequie, il Qatargate è diventato la pietra tombale. Infatti, non solo la polizia belga ha pizzicato Panzeri, cioè un ex deputato Pd, e il suo portaborse, anch’egli del Pd, con le mazzette in mano, ma è bastato che Letta definisse il suo partito parte lesa che dall’inchiesta è spuntato il nome di Andrea Cozzolino, un altro onorevole del Pd. Al che al Nazareno hanno cominciato a pensare che Letta farebbe bene a tacere, anzi a sparire. Purtroppo però le primarie sono fissate per febbraio e da qui ad allora, il sismografo dei sondaggisti potrebbe rilevare altri smottamenti nelle intenzioni di voto. Mentre Stefano Bonaccini ed Elly Schlein si contendono il partito (Paoletta De Micheli, il terzo incomodo, al momento non risulta pervenuta), il Pd potrebbe insomma tirare le cuoia, scivolando sotto il 10. In fondo, mancano solo quattro punti e se Letta si mette d’impegno c’è la può fare: basta che proponga qualche altra tassa tipo la patrimoniale oppure che citi in giudizio gli onorevoli di stanza a Bruxelles e il gioco è fatto: il premio necroforo dell’anno sarà di sicuro suo.