2018-11-24
Le scuse di D&G non placano l’ira dei cinesi
Dopo il putiferio scatenato dallo spot accusato di essere offensivo e sessista, gli stilisti ammettono in un video: «Abbiamo sbagliato» Negano di aver scritto sul loro profilo Instagram che il Paese è «ignorante, sporco e puzzolente». E danno tutta la colpa a un hacker.Un vero cataclisma è quello che si sta abbattendo sul destino di Dolce & Gabbana dopo l'ormai famigerata campagna video, che ha offeso il popolo cinese con immagini stereotipate e soprattutto dopo la pubblicazione di messaggi offensivi contro la Cina a firma di Stefano Gabbana. Lo scandalo, che ha portato alla cancellazione della mega sfilata di Shanghai che si sarebbe dovuta tenere due giorni fa con 1.500 invitati e 500 abiti in passerella, ha acquisito dimensioni tali da convincere le principali piattaforme e-commerce cinesi a eliminare i prodotti del marchio italiano dalla loro offerta e inoltre ha spinto molte celebrità a prendere le distanze dalla maison.Il duo di stilisti, nella giornata di ieri, ha cercato di porre rimedio all'effetto domino sul proprio business con un video di scuse, diffuso tramite la piattaforma Weibo, molto popolare in Cina. «In questi giorni abbiamo ripensato moltissimo, con grande dispiacere, a tutto quello che ci è successo e a quello che abbiamo causato nel vostro Paese e ci scusiamo moltissimo», ha detto visibilmente imbarazzato Domenico Dolce. «Le nostre famiglie ci hanno sempre insegnato a rispettare le varie culture di tutto il mondo e per questo vogliamo chiedervi scusa se abbiamo commesso degli errori nell'interpretare la vostra». E poi gli ha dato il cambio Gabbana, il quale sostiene che a scrivere quei messaggi offensivi («La Cina è un paese di merda», «Cina ignorante, sporca e puzzolente») non sarebbe stato lui, ma un hacker che gli avrebbe bucato il profilo Instagram (sic). Così ha parlato nel video: «Vogliamo chiedere scusa a tutti i cinesi nel mondo, perché ce ne sono molti, e prendiamo molto seriamente questa scusa e questo messaggio». Il volto arrossato, i solchi nelle guance, gli occhi lucidi e la voce a un passo dal rompersi nel pianto (irriconoscibile rispetto al suo proverbiale atteggiamento baldanzoso). «Siamo sempre stati molto innamorati della Cina: abbiamo visitato moltissime città, amiamo la vostra cultura e certamente abbiamo ancora molto da imparare. Per questo ci scusiamo se abbiamo sbagliato nel nostro modo di esprimerci», ha aggiunto Dolce. «Faremo tesoro di questa esperienza e sicuramente non succederà mai più», ha promesso Gabbana, «e anzi, proveremo a fare di meglio, e rispetteremo la cultura cinese in tutto e per tutto. Dal profondo del nostro cuore vi chiediamo scusa». Il messaggio, poi, si è concluso in coro con Dolce con «dui bu qi», che in cinese significa «scusa». Come ha reagito la gente a questa «toppa» firmata D&G? Niente affatto bene. Sui social altre scintille, poiché molti cinesi sostengono che gli stilisti avrebbero dovuto condividere le scuse anche su Twitter e Instagram per una richiesta di indulgenza globale e non su un social media diffuso solo in Cina. Da lì una serie infinita di story e post in cui si vedono wc e pavimenti puliti con magliette della griffe italiana, capi tagliati con le forbici, fotogrammi del video di scuse con scritto sopra «shit» (la traduzione italiana la lasciamo al lettore) e addirittura «funerali social» della casa di moda («Dolce & Gabbana 1985-2018 R.I.P.») da parte di utenti cinesi. Visto il clamore, si è mosso persino il ministero degli Affari esteri cinese, che con un comunicato ha affermato di non voler trasformare l'accaduto in un vero e proprio incidente diplomatico, ma di voler lasciare al popolo cinese la decisione di che cosa fare nei confronti della maison Dolce & Gabbana. Fonti cinesi della Verità spiegano che «il governo preferisce non mettersi in mezzo alla questione, in quanto c'è in ballo un business molto remunerativo anche per gli interlocutori in loco». E inoltre «è vero che i cinesi ora sono molto arrabbiati, ma poi tendono a dimenticare in fretta», come era accaduto anche con «il marchio Balenciaga, che qualche tempo fa era incappato in dichiarazioni spiacevoli nei nostri confronti, ma poi la gente è ritornata a comprare le sue collezioni». Contestualizziamo la vicenda: per Dolce & Gabbana la Cina rappresenta il 30% del fatturato, 360 milioni di euro, con una presenza di 44 boutique, di cui quattro solo a Shanghai. Per non parlare del business sugli e-commerce, diffusissimi in Cina, che però, come dicevamo, dopo lo scandalo hanno tolto i prodotti della griffe. Al boicottaggio hanno preso parte i colossi Tmall, JD.com e Suning, ma anche NetEase, Kaola e Ymatou, e realtà del lusso come Vip.com, Secoo e Yhd.com, dopo che D&G ha lanciato i video in cui si vede una modella asiatica che mangia cibo italiano con le bacchette, immersa in un ambiente rosso, tra lanterne e musiche folcloristiche, e un tocco sessista riferito alle dimensioni del cannolo siciliano: «Troppo grande per te?!?».