2018-03-23
Le femministe si accapigliano per il David
Paola Cortellesi presenta i premi per il cinema con un monologo che invita a femminilizzare il linguaggio, ma Asia Argento si infuria e sui social network scatena lo psicodramma: «Non mi hanno invitata né citata. Il cinema italiano è omertoso»La battaglia delle donne italiane ha travalicato i confini del femminismo per invadere il territorio della psichiatria. Lo dimostra quel che è accaduto prima, dopo e durante la cerimonia di consegna dei David di Donatello. Nella mattinata di mercoledì, i candidati ai premi cinematografici hanno incontrato Sergio Mattarella al Quirinale, e già in quell'occasione è stato fatto ampio sfoggio di retorica sui diritti femminili, le molestie, eccetera. Attrici e registe si sono presentate al cospetto del presidente della Repubblica con la spilla di «Dissenso comune», il manifesto firmato da 124 «lavoratrici dello spettacolo» contro la discriminazione di genere. Queste signore - tra cui Ambra Angiolini, Cristina Comencini, Tea Falco, Piera De Tassis e molte altre - avevano scritto una lettera aperta indirizzata a Mattarella, il quale si è sentito in dovere di rispondere pubblicamente. «Desidero ringraziare per la lettera che ho ricevuto dalle donne del cinema», ha detto. «Questa distorta concezione nei confronti delle donne, presente in tanti ambiti della società, è insopportabile per persone libere, che concepiscono la parità come premessa irrinunciabile di ogni comunità umana». Appena i quotidiani online hanno ripreso le dichiarazioni del presidente, tuoni e fulmini hanno cominciato a squarciare il cielo. Repubblica ha intitolato l'articolo «David, il presidente Mattarella: “Nuove sfide grazie alle donne che hanno denunciato». Asia Argento, sul suo profilo Twitter, ha citato questa frase aggiungendo, a mo' di commento, un sarcastico «Prego». Come a dire: dovete ringraziare me, perché sono io ad aver denunciato per prima. È dall'inizio di febbraio che Asia è furibonda con le sue colleghe. Quando il manifesto di «Dissenso comune» fu pubblicato, l'attrice scrisse su Facebook: «Finalmente è arrivata la letterina di Babbo Natale delle “donne del cinema italiano" contro le molestie. Contestano l'intero sistema ma si guardano bene dal fare nomi». Pochi giorni dopo, la Argento si accanì su Cristiana Capotondi, rea di aver preso difeso il suo «vecchio amico» Fausto Brizzi, regista accusato di molestie da alcune attrici e modelle. «Hai difeso apertamente un predatore e nessuna preda (me inclusa)», ringhiò Asia. Per qualche settimana, il battibecco si è interrotto. Almeno fino a ieri, quando è di nuovo deflagrato con ampio corredo di feriti. Ma andiamo con ordine, e vediamo di ricostruire lo svolgimento dei fatti, per quanto deliranti. Dopo la processione mattutina al Quirinale, le stelle del cinema italico hanno preso posto alla cerimonia di premiazione, sempre esibendo le spille di «Dissenso comune», con il logo disegnato dall'attrice Alba Rohrwacher. La mattatrice della serata è stata Paola Cortellesi, che ha aperto lo spettacolo (trasmesso dalla Rai) con un monologo dedicato - pensate che originalità - alla discriminazione delle donne. Il succo del suo intervento lo ha ben sintetizzato Repubblica: «L'attrice ha declamato il testo scritto da Stefano Bartezzaghi che dimostra come la lingua italiana nasconda in sé il germe del maschilismo». Capito? Vi basta aprire bocca per esercitare una violenza. «È impressionante vedere come nella nostra lingua, alcuni termini che hanno il loro legittimo significato, declinati al femminile, assumono immediatamente un altro senso», ha detto la Cortellesi. «Diventano un luogo comune un po' equivoco, che poi, a guardar bene è sempre lo stesso». È proprio dal linguaggio, ha spiegato l'attrice, che ha origine ogni male. «All'asilo, un bambino maschio potrebbe iniziare a maturare l'idea che le bambine siano meno importanti di lui. Da ragazzo crescere nell'equivoco che le ragazze siano in qualche modo siano di sua proprietà. E poi, da adulto, è solo un'ipotesi eh, potrebbe pensare sia giusto che le sue colleghe vengano pagate meno. E a quel punto non gli sembrerebbe grave neppure offenderle, deriderle, toccarle, palpeggiarle, come si fa con la frutta matura, o con le mucche da latte», ha detto la Cortellesi. Molto interessante. Viene da chiedersi, però: quale sarebbe la soluzione del problema? Forse il controllo della lingua? Beh, la Cortellesi e le sue fan possono stare tranquille: i loro auspici si stanno già avverando. Nelle scorse settimane, per dire, il ministro Valeria Fedeli ha presentato le Linee guida per l'uso del genere nel linguaggio amministrativo, un documento di 30 pagine che contiene una serie di indicazioni grammaticali a cui i dipendenti del ministero dell'Istruzione dovranno scrupolosamente attenersi. Questo testo spiega come si debbano utilizzare il maschile e il femminile nei documenti ufficiali onde non compiere discriminazioni. Se non è una neolingua orwelliana, poco ci manca. Analoghe iniziative, sponsorizzate da Laura Boldrini, sono state adottate dall'Ordine dei giornalisti e da altre istituzioni. Avanti di questo passo, arriveremo a provvedimenti surreali come quelli che Marlène Schiappa, sottosegretaria di Stato per le Pari opportunità, vuol fare adottare in Francia. Giusto due giorni fa, questa signora ha proposto di punire chi compia un «oltraggio sessista». Per rimediare una multa che va dai 90 ai 3.000 euro (in caso di recidiva) basta usare una parola sbagliata. Oltre che di difficile applicazione, la norma è inquietante. Ancora più spaventoso, però, è che ad alcune tutto questo non basta. E qui torna in gioco Asia Argento. Dopo aver assistito alla serata dei David, l'attrice ha scritto su Twitter: «Ringrazio i David di non avermi invitata e nemmeno citata ieri sera. Fiera di non appartenere alla cricca ipocrita ed omertosa del cinema italiano». Povera, si è risentita perché l'hanno snobbata. Verrebbe da ridere, se questa lotta squallida per il potere non producesse esiti abominevoli. Tipo il monologo di un'attrice che invoca il controllo della lingua per fare bella figura con le amiche a cena.
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