2024-05-10
Le femministe pro aborto negano alla Roccella il diritto di parlare
Il ministro ha lasciato gli Stati generali della natalità per le contestazioni. Giorgia Meloni: «Show ignobile». Sergio Mattarella: «Far tacere è contro la Carta». Da sinistra solo attacchi o mutismo. Come al solito valgono due pesi e due misure.Sembra che sia in corso una competizione - piuttosto patetica e sconfortante, a dire il vero - in cui intolleranza e vittimismo si rincorrono senza sosta. La sfida è a chi grida più forte per impedire agli altri di parlare e contemporaneamente a chi piange più forte per vantarsi meglio delle stimmate da censurato. In questa era confusa le vittime sono i nuovi eroi, per questo motivo tutti si presentano come vittime, compresi i carnefici, cioè gli odiatori e gli intolleranti. Fateci caso: quelli che interrompono i convegni, che tolgono la parola, che impongono la mordacchia lo fanno sempre in difesa di qualche diritto o per fermare l’avanzata del fascismo o ancora in nome di una buona causa umanitaria. La nuova censura è figlia del piagnisteo, ed è messa in atto da chi si proclama a sua volta vittima di intolleranza. Prendiamo ad esempio i militanti e le militanti del collettivo assemblea Aracne e collettivo Artemis, ovvero il manipolo di studenti che ieri ha contestato il ministro della Famiglia Eugenia Roccella agli Stati generali della natalità a Roma. Il gruppo si è, al solito, presentato come vittima di un governo intollerante che vorrebbe impedire il (sempre presunto) diritto all’aborto. Quel che ha fatto, però, è stato semplicemente inveire contro i partecipanti a un convegno che avrebbero voluto e dovuto confrontarsi serenamente. Gli studenti hanno sventolato cartelli con gli slogan più tristi («Il corpo è mio» e simili), hanno gridato, fischiato e scampanellato, per impedire alla Roccella di svolgere il suo intervento.«Ragazzi ma noi siamo d’accordo, ma nessuno ha detto che qualcun altro decide sul corpo delle donne, proprio nessuno», ha provato a dire il ministro. Ma niente: altre urla, altro caos. Al termine della simpatica dimostrazione di gentilezza, una rappresentante del collettivo è stata pure invitata sul palco per esporre le sue ragioni, dimostrando di non avere alcuna intenzione di interloquire con i presenti. Del resto è facile pensare che le giovani esaltate non siano più di tanto in grado di reggere un confronto serio e approfondito. Lo dimostrano le risibili argomentazioni che i collettivi hanno esposto all’Ansa. «Abbiamo voluto contestare questo governo e la sua cultura patriarcale», ha detto una manifestante. «Oggi la Roccella ha detto che nessuno ci stava impedendo la nostra libertà, ma è stata sempre lei a dire che l’aborto purtroppo è un diritto. Contestiamo anche l’impostazione del convegno». Urca. E perché mai contestare l’impostazione di un convegno? «Valditara», ha insistito la studentessa furiosa, «ha mandato una circolare a tutti gli studenti per invitarli a partecipare a un convegno del genere. Noi contestiamo in generale il convegno che ha una linea indirizzata a far pensare alle donne che il loro unico obiettivo nella vita è fare figli, a rendere l’aborto impossibile e a mettere i pro vita nei consultori». Una compagna ha ribadito i concetti: «Non vogliamo che il corpo della donna venga visto come uno strumento per la riproduzione e non vogliamo che il fine ultimo della donna venga considerato la maternità. Noi chiediamo nelle scuole educazione sesso-affettiva e la proposta di Valditara di educare alle relazioni non ci soddisferà mai. Chiediamo una pedagogia transformista nelle scuole per formare un altro tipo di società». Chissà se le bercianti attiviste si sono rese conto che la società sta già subendo una «transformazione», tendenza che per altro obbedisce alle istanze del neoliberismo selvaggio che i collettivi sono convinti di contestare. In ogni caso, le Erinni pro aborto hanno raggiunto un ottimo risultato. La Roccella ha lasciato il convegno, che è stato sospeso. «Ho scelto questa mattina di lasciare gli Stati generali della natalità», ha scritto poi il ministro in una nota, «per consentire alle persone che erano sul palco con me, una mamma incinta di otto mesi che portava la sua testimonianza e il presidente del Forum delle famiglie Adriano Bordignon, di poter parlare senza subire la mia stessa sorte di censura. E invece neanche questo è stato sufficiente: io ho lasciato il palco ma anche alla mamma (sommersa dai fischi) e a Bordignon è stato impedito di parlare tranquillamente. Tanto è vero che l’evento è stato sospeso. Questa è la dimostrazione che non si è trattato soltanto di una censura verso di me o verso il governo, ma di una profonda ostilità verso la maternità e la paternità, verso chi decide di mettere al mondo un figlio, esercitando la propria libertà e senza nulla togliere alla libertà altrui, ma contribuendo a dare un futuro alla nostra società. Insomma quello che si contesta, alla fine, è la maternità come libera scelta». A ben vedere, i collettivi hanno centrato l’obiettivo: di natalità non si deve parlare, di donne che mettono al mondo figli men che meno, quasi che diventare madri fosse un delitto. Ecco la realtà dei fatti: il perfido governo conservatore non ha mai chiesto di cancellare la legge che consente l’aborto, né ha fatto qualcosa per impedire alle italiane di interrompere le gravidanze indesiderate. Il presunto «regime antiabortista» non esiste. Esistono però minoranze arroganti che agiscono come avanguardia del potere (quello vero e transnazionale, mica quello piccino di casa nostra) e brigano per oscurare i pro vita e quanti si permettono di avere una idea diversa. Non è certo la prima volta che Eugenia Roccella si trova in una situazione del genere. Stavolta se non altro, a differenza di quanto accaduto al Salone del libro di Torino lo scorso anno, sono arrivate autorevoli dichiarazioni di solidarietà. Sergio Mattarella ha chiamato il ministro e ha fatto sapere che «voler mettere a tacere chi la pensa diversamente contrasta con le basi della civiltà e con la nostra Costituzione». Giorgia Meloni ha ovviamente preso le parti del suo ministro parlando di uno «spettacolo ignobile». Al di là della retorica istituzionale, però, è interessante esaminare le reazioni del mondo intellettuale. La Roccella, tramite Facebook, lo ha chiamato direttamente in causa. «Sono certa», ha scritto, «che la segretaria del Pd Elly Schlein, tutta la sinistra, gli intellettuali - Antonio Scurati, Roberto Saviano, Nicola Lagioia, Chiara Valerio, eccetera - la grande stampa e la stampa militante che abbiamo visto in queste ore mobilitata in altre sedi, avranno parole inequivocabili di solidarietà nei miei confronti dopo l’atto di censura che mi ha impedito di parlare agli Stati generali organizzati dalla Fondazione per la natalità per svolgere il mio intervento e anche per rispondere ai contestatori-censori e interloquire con loro». Di reazioni, a dire il vero, non ne sono arrivate molte. Anzi, ne è arrivata qualcuna di un registro molto diverso da quello atteso dalla Roccella. Ritanna Armeni, storica firma di sinistra, ha invitato il ministro a «non fare la vittima». A suo dire, la contestazione di ieri non è stata affatto censura: «La censura la esercita chi ha potere nei confronti di chi non ce l’ha. Un cittadino quale mezzo ha, oltre al voto, per far sapere che non è d’accordo? Se ci fosse stata violenza le avrei espresso vicinanza». Interessante tesi. Da un certo punto di vista, la Armeni ha ragione: in una democrazia esiste anche spazio per la contestazione e la protesta. E chissà: forse la Roccella avrebbe fatto bene a restare al suo posto, avrebbe dovuto parlare, gridare se necessario. Magari qualcuno tra il pubblico dell’evento avrebbe potuto rivendicare il diritto all’ascolto, accompagnando gli urlatori fuori dalla porta a calci nel sedere. O ancora, come accade nelle democrazie, gli organizzatori avrebbero potuto invitare le Forze dell’ordine a portare fuori dalla sala i contestatori, invece di limitarsi a prendere i loro documenti. Per quanto ci riguarda, approveremo con piacere un confronto limpido: chi si ribella lo fa come credere, pronto ad affrontare le conseguenze, anche le più dure. C’è solo un piccolo problema: l’uso della forza contro chi protesta, anche se è molto maleducato e intollerante, non porta quasi mai nulla di buono. E sospettiamo che, se ci fosse stato un intervento appena più muscolare per consentire la continuazione degli Stati generali, oggi tutti i media progressisti griderebbero alla repressione fascista. Già, perché qui da noi c’è sempre una certa diversità di trattamento: se un paio di persone urlano contro Roberto Speranza diventa subito «persecuzione no vax». Se la Roccella viene zittita, invece, è legittima contestazione. È la libertà all’italiana: ciascuno vuole che tutti siano liberi di parlare, a patto che la pensino come lui.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.