2021-06-21
L’Anm fa politica sul referendum. Ma tace sulle malefatte delle toghe
Il presidente dell'Associazione magistrati annuncia una «ferma reazione» contro l'iniziativa solo per non perdere potere e privilegi. Silenzio totale, invece, sui pasticci in Puglia, a Verbania e sul processo Enisu ogni riforma della giustizia proposta dal Parlamento. Che cosa sia e di che cosa si occupi in concreto il sindacato delle toghe, lo hanno spiegato bene le intercettazioni disposte sul telefonino di Luca Palamara, ex presidente dell'Anm e numero uno, fino a prima che scoppiasse lo scandalo delle nomine ai vertici dei tribunali, di Unicost, una delle correnti di cui si compone la magistratura. L'Anm fa politica, per sé e per i suoi iscritti. E proprio come Cgil, Cisl e Uil non sono interessate al buon funzionamento di un'azienda ma a ottenere i migliori risultati per il sindacato e per i propri rappresentati, all'associazione delle toghe non importa nulla di come funzioni la macchina della giustizia. Tra i suoi obiettivi non ci sono i processi giusti, veloci ed equi tra accusa e difesa. Ciò che conta è ottenere le migliori condizioni economiche, e regole che consentano agli iscritti di poter continuare indisturbati a fare ciò che hanno sempre fatto. Quando l'Anm si siede al tavolo con la politica, in discussione dunque non ci sono l'indipendenza della magistratura, l'autonomia dei pm e del singolo giudice dalla pressioni dei partiti come si vorrebbe far credere, ma solo i privilegi della categoria. Null'altro. E la faccenda riguarda una piccola parte dell'universo della giustizia, quella più politicizzata, quella più interessata a far carriera non con i criteri di merito, ma con l'appartenenza a questa o a quella corrente. Quella che è sempre pronta a trovare la scappatoia per non sanzionare il magistrato che sbaglia, in ossequio alla logica che se tu salvi un mio iscritto io poi salverò o promuoverò uno dei tuoi.Ecco, questa è l'Anm. E credo sia opportuno saperlo per giudicare l'ultima uscita del suo presidente, che un paio di giorni fa si è scagliato contro il referendum sulla responsabilità delle toghe promosso da Radicali e Lega. Giuseppe Santalucia ha annunciato una «ferma reazione» all'iniziativa: che cosa voglia dire non lo sappiamo, ma conoscendo il sindacato non c'è da aspettarsi nulla di buono. Secondo il rappresentante delle toghe, «chiamare il popolo a una valutazione di gradimento dei magistrati» equivale a «voler cristallizzare i risultati dei vari sondaggi» che danno in discesa il consenso degli italiani nei confronti delle toghe. E allora? Che c'è di male a chiedere agli elettori di esprimersi e di votare sulla perseguibilità di pm e giudici? Il reato di lesa maestà è in dubbio perfino per il presidente della Repubblica, figuratevi se può esistere per i magistrati. Se un manager sbaglia, per colpa o dolo, è chiamato a risponderne. Lo stesso capita a un impiegato, a un automobilista o a un giornalista: dunque, perché non può accadere anche a un giudice o a un pm?Ma oltre che per l'evidente pretestuosità degli argomenti, la reazione del sindacato delle toghe colpisce anche per un altro motivo, ovvero perché la voce dell'Anm si fa sentire solo ed esclusivamente quando sono in gioco le proprie prerogative e mai quando accade qualche cosa di grave che mina la credibilità di chi amministra la giustizia. Possibile che il sindacato parli quando la politica propone un referendum e non quando si scopre che dei magistrati hanno messo la loro funzione al servizio di clan o di interessi di parte, come accaduto in Puglia? Niente da dire neppure quando, come è accaduto a Verbania, un gip che ha dato torto alla Procura viene rimosso? Per non parlare poi del caso Eni, dove le prove a favore degli imputati - poi dichiarati innocenti - spariscono e quelle a carico degli accusatori si dimenticano. C'è un ufficio del pm che da anni indaga su presunti affari sporchi del colosso petrolifero in Kazakistan, in Algeria, in Nigeria e in Congo e che regolarmente viene battuto in giudizio, ma l'Anm si nasconde dietro l'obbligatorietà dell'azione penale, dimenticando che il codice penale impone anche l'obbligo di indagare sui calunniatori. Sì, l'Anm non è il sindacato della giustizia, ma il sindacato di una parte della giustizia. Purtroppo, proprio come Cgil, Cisl e Uil, quella più conservatrice. Quella che non aiuta a cambiare, ma soltanto a fare in modo che nulla cambi.