2019-01-18
L’accoglienza arricchisce? Sì, gli sfruttatori
Un'operazione di polizia a Latina ha permesso di sgominare un sistema criminale di cui erano vittime circa 400 immigrati, molti richiedenti asilo. 50 indagati, 6 in arresto. Tra di loro un dirigente della Cisl che faceva campagna contro... il caporalato.L'altro giorno, Roberto Fico se n'è uscito dicendo che l'accoglienza è «crescita, sicurezza e benessere». Sì, va bene, il suo ragionamento era un tantino più articolato, ma così l'hanno sintetizzato i giornali, e così, in fondo viene recepito da tutti. Ieri, invece, papa Francesco ha spiegato che «le migrazioni arricchiscono le nostre comunità». Certo, anche lui è stato un poco più profondo nell'analisi. Ma, di nuovo, il messaggio che rimbalza sulla folla è il solito: accoglienza significa ricchezza. Verissimo. Ricchezza, crescita e benessere per gli sfruttatori. Come quei simpaticoni arrestati ieri a Latina per associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, all'estorsione, all'autoriciclaggio, alla corruzione e ai reati tributari. La squadra mobile e il servizio centrale operativo della polizia hanno fermato sei persone, ma ci sono pure altri 50 indagati nell'ambito di una operazione che ha permesso di sgominare un sistema di sfruttamento selvaggio e brutale. Inoltre, «sono stati sequestrati per sproporzione rispetto ai redditi dichiarati, e in quanto provento di autoriciclaggio, 5 abitazioni, 3 depositi, 3 appezzamenti di terreno, 9 autovetture, 36 tra furgoni e camion, 1 società cooperativa, 4 quote societarie e numerosi rapporti bancari, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro». Niente male. Qui stiamo parlando di persone - di italiani - che trattavano centinaia di lavoratori immigrati come schiavi, costringendoli a turni massacranti, trattandoli a tutti gli effetti come bestie da soma. L'indagine è iniziata alla fine del 2017, dunque è durata oltre un anno. Mese dopo mese le forze dell'ordine hanno documentato l'esistenza di un meccanismo molto rodato e spaventoso. Funzionava così. Luigi Battisti e Daniela Cerroni sono i fondatori e gestori della cooperativa Agri Amici, con sede a Sezze, vicino Latina. In sostanza, i due si occupavano di selezionare gli stranieri e di spedirli in varie aziende agricole delle provincie di Latina, Roma, Frosinone e Viterbo. Tra gli indagati, infatti, ci sono anche vari imprenditori agricoli, cioè gli utilizzatori finali della manodopera straniera. a seconda del periodo «La cooperativa si serviva di un numero di braccianti variabile», spiega Carmine Mosca, dirigente della squadra mobile di Latina. «In base al periodo potevano essere 150 o addirittura 400. Nella stagione dei kiwi o delle olive ovviamente erano di più. Parliamo di circa 300 centrafricani e 200 romeni, le proporzioni sono sostanzialmente queste». I migranti africani provenivano in gran parte dai centri di accoglienza straordinaria (Cas) della zona. Erano richiedenti asilo, persone che in attesa di conoscere l'esito della richiesta di accoglienza possono lavorare. Del resto è per questo motivo che vengono portati qui: per diventare carne da caporalato. Per finire nei campi a spaccarsi la schiena per pochi euro. Luigi Battisti teneva i contatti con le istituzioni per conto della coop Agri Amici, poi si occupava di gestire i contratti degli stranieri (a questo compito provvedeva anche sua figlia, Chiara, classe 1994, finita ai domiciliari). Daniela Cerroni «si occupava di organizzare e pianificare i gruppi di braccianti che ogni mattina venivano riuniti nel cortile della sua abitazione di Priverno e successivamente trasportati presso le aziende committenti». Questi due erano ai vertici del sistema di sfruttamento. «Luigi è convinto che l'impero lo ha creato lui», diceva la Cerroni al telefono. «No, lo abbiamo creato insieme». Del trasporto si occupava un altro arrestato, Luca Di Pietro, che formalmente ricopriva l'incarico di presidente della coop Agri Amici. Lui portava i braccianti dove servivano e «si occupava della vigilanza». Vecchia scuola da piantagione, insomma. Secondo gli investigatori, infatti, la bella combriccola di sfruttatori, «approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori stranieri, li costringeva a sottostare a regole disumane, non garantendo loro i più elementari diritti previsti dall'ordinamento giuridico». grande coerenza Un ruolo di spicco aveva anche Marco Vaccaro, un personaggio parecchio interessante. Si tratta del segretario generale provinciale della Fai Cisl, cioè il sindacalista che che avrebbe dovuto proteggere i braccianti. E invece, scrivono gli inquirenti, «grazie al suo ruolo sindacale estorceva l'iscrizione alla sua organizzazione ai lavoratori assunti dalla cooperativa, dietro la minaccia del licenziamento». Già, perché i migranti venivano assunti dalla coop con contratti regolari, che prevedono una paga oraria intorno ai 10 euro. Solo che era tutto finto. In realtà, meno della metà dei soldi finiva effettivamente agli stranieri, che lavoravano anche 12 ore al giorno senza tutela alcuna. I gestori del sistema intascavano il resto dei soldi. In più, la coop pagava solo un terzo dei contributi dovuti ai braccianti. E non è finita: gli stranieri erano costretti a iscriversi alla Fai Cisl, che così faceva cassa anche grazie alle quote di iscrizione. L'aspetto grottesco della faccenda è che proprio il 26 luglio scorso la Fai Cisl di Latina ha presentato in pompa magna la campagna «Sos caporalato». Per l'occasione, Marco Vaccaro aveva speso parole pregne di significato: «Sos caporalato è soltanto l'inizio», disse. «Un piccolo traguardo, per dare sostegno ai lavoratori sfruttati, per sensibilizzare la popolazione tutta a debellare il cancro del caporalato grazie alla Fai Cisl che è sempre in prima linea con i lavoratori». Certo, voleva debellare il caporalato: quello degli altri, probabilmente, così da levare di mezzo la concorrenza. Il prode Vaccaro era così determinato a combattere lo sfruttamento che, in un messaggio intercettato nel periodo delle feste, scriveva a un altro sindacalista: «A Babbo Natale ho chiesto... 4000 disoccupazioni e un gatto!». Il nostro sindacalista non è la sola figura sconvolgente di questo teatrino. C'è anche Nicola Spognardi (arrestato pure lui) che di mestiere fa l'ispettore del lavoro a Latina, ed è accusato di «avere garantito copertura alla cooperativa Agri Amici in cambio di utilità economiche, elargendo consigli e indicazioni agli indagati utili ad eludere controlli e contestazioni da parte del suo ufficio». Sì, hanno ragione i numerosi profeti dell'accoglienza sparsi sul nostro territorio: l'immigrazione è una ricchezza. Per caporali e sfruttatori, infatti, è un affare d'oro.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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