
Matteo Orfini fa aderire il Partito democratico all'appello pro immigrazione «non siamo pesci», la nuova eroina rossa è l'onorevole di Leu che blocca il bus con gli africani: persa ogni lotta, si giocano tutto sugli stranieri.Laggiù in fondo c'è un'ombra: è quella del migrante. Laggiù in fondo c'è un'onda: è quella che annega il migrante. Laggiù in fondo c'è una nave: è quella dell'Ong che salva il migrante. Laggiù in fondo c'è un orco: è Matteo Salvini che non vuole il migrante. Oggi la sinistra in Italia comincia e finisce nel Canale di Sicilia. Idee, partito, slogan, sostegno sociale, marketing istituzionale, rappresentazione figurata, intellettuali di complemento: tutto ruota attorno alla mistica del migrante. È più di un tema fondativo, è l'unica forma di vita politica di quello che era il partito rosso. Il migrante ha sostituito Mao Tze Tung e Che Guevara. Il resto è Maurizio Landini che inneggia a Nicolas Maduro, è Carlo Calenda che sogna un aperitivo a Bruxelles con Jean-Claude Juncker, è Matteo Renzi che ancora non si capacita perché gli elettori lo abbiano cacciato dal paradiso; vale a dire folclore. Nessuna idea alternativa sul lavoro, sulla sicurezza, sulla disoccupazione giovanile, sul rilancio dell'economia. L'unico punto del programma verso le europee è un chiodo fisso: l'epopea del migrante. Con una variabile eroica: Rossella Muroni davanti al pullman dei profughi al Cara di Castelnuovo di Porto come lo studente a Tienanmen. Le metafore da «classici audacia» alla casa sono sempre piaciute.Alla disperata ricerca di un centro di gravità, il Pd non poteva che accodarsi all'iniziativa #nonsiamopesci dei suoi nuovi girotondi; non poteva che inglobare in senso parlamentare la campagna promossa dall'allegra compagnia di giro dell'autografo. Se pensate un nome ci prendete: Roberto Benigni, Roberto Saviano, Sandro Veronesi, Luigi Manconi, Alessandro Bergonzoni, Massimo Cacciari, Gad Lerner, Gipi, Michela Murgia, Gabriele Muccino, Domenico Procacci, Paolo Virzì, Kasia Smutniak e via elencando tutti gli affittuari stagionali di sdraio e ombrellone a Capalbio dove il migrante non l'hanno voluto vedere neppure dipinto. Per la verità al gruppo vacanze letterarie mancano Nanni Moretti, Walter Veltroni e Fabio Fazio, ma rimedieranno presto alla distrazione. L'iniziativa nasce dopo l'ultimo naufragio e prende forma dallo studiatissimo messaggio arrivato ad Alarm Phone da parte di una ragazza congolese: «Non siamo pesci, non riuscirò più a parlare tra poco perché sto congelando». Con l'invocazione finale da Sole 24 Ore: «Fate presto». Gli intellettuali idealmente sulla tolda della flotta Ong chiedono al Parlamento di riaprire i porti, di rimandare la Guardia costiera in appoggio alle Sea Watch del caso, di fare chiarezza sul comportamento della polizia del mare libica; in definitiva di realizzare una missione in Libia (da capire dove e perché) e istituire una commissione d'inchiesta sulle stragi nel Mediterraneo.Una volta verificato che il battage ha un minimo di presa, il Pd ieri lo ha fatto suo con un tweet di Matteo Orfini, che non ha mai smesso di percepirsi erede di Palmiro Togliatti: «Il manifesto #nonsiamopesci è perfettamente condivisibile. Sono convinto che il Pd non possa che recepirlo, portando queste richieste in Parlamento». Il presidente del partito chiama, il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, risponde. «Facciamo nostro l'appello e chiediamo al Parlamento di istituire una commissione d'inchiesta, già la prossima settimana depositeremo la proposta di legge. Di fronte alla tragedia che in questi giorni si sta consumando nelle acque del Mediterraneo speriamo che nessuna forza politica si tiri fuori da un'analisi seria delle cause, che il governo non si limiti alle lacrime di coccodrillo e che si smetta di insultare le Ong. L'Italia è sempre stata maestra di umanità. Il rispetto delle leggi e delle convenzioni internazionali, una lotta senza quartiere ai trafficanti di uomini e il soccorso di quanti fuggono a rischio della vita dalla guerra e dalla miseria, possono e devono stare insieme».Nel solco di una delle tante omelie papali degli ultimi due anni, il Pd tiene bene aperto l'unico dossier che a spanne conosce per essercisi addormentato sopra nei sei anni di governo. È comprensibile ed anzi auspicabile che una grande forza politica abbia una visione della società e persegua obiettivi nei quali i cittadini e gli elettori si identificano. Un po' meno che si concentri solo su un argomento, quello dei migranti. E sia maniacalmente interessata a due soli aspetti di quell'argomento: gli sbarchi per l'accoglienza diffusa e la libertà di scorrazzare delle Ong. Esattamente ciò che gli italiani (e pure il resto degli europei) non vogliono e hanno già bocciato alle ultime elezioni. #nonsiamofessi.Da oggi si può affermare che il Pd non chiede di affrontare il tema profughi in tutta la sua complessità sociale con risvolti umanitari (un biblico percorso che parte da guerra, miseria e schiavitù per arrivare di nuovo ad emarginazione e nuova schiavitù da questa parte del mare), ma chiede di farli entrare a flusso, senza distinzione; oltre la legge, oltre i diritti, oltre il Parlamento, per placare le coscienze in tempesta di Lerner e di Muccino. A Orfini e Delrio non interessano i 4,7 milioni di disperati dentro l'inferno subsahariano, ma i 47 testimonial dentro i tg. Nel selfie dei buoni sentimenti ci stanno tutti.
(IStock)
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