
Il sindaco di Torino, Chiara Appendino, ha forzato la legge e ha registrato i figli avuti all'estero da coppie gay. In tanti seguono l'esempio, da Catania a Roma passando per varie città piemontesi. Peccato che i cittadini italiani non siano stati interpellati.Hanno stabilito, in totale autonomia, che «la società italiana è pronta». Si arrogano il diritto di decidere senza interpellare il Parlamento, scavalcando o forzando le leggi vigenti. Chi se ne importa del voto, dei sondaggi, delle discussioni alle Camere: basta che il sindaco di Collegno, o quello di Nichelino (provincia di Torino) o quello di Gabicce Mare sentenzino che gli italiani «sono pronti». Dopo di che si può procedere a registrare all'anagrafe i figli delle coppie omogenitoriali, compresi quelli nati all'estero grazie all'utero in affitto. A cominciare, qualche giorno fa, è stato il sindaco di Torino in quota 5 stelle, ovvero Chiara Appendino. Aveva annunciato che avrebbe forzato la legge e ha mantenuto la parola: ha registrato all'anagrafe come figlio di due madri il bambino di Chiara Foglietta (consigliere comunale del Pd a Torino) e di Micaela Ghisleni. A partorirlo è stata la prima, dopo aver usufruito dei costosi servizi di una clinica della fertilità danese. Ma entrambe le donne, per decisione dell'Appendino, risultano esserne madri. Dell'anonimo fornitore di liquido seminale non frega niente a nessuno: è stato pagato per i suoi servigi, che sparisca nell'oblìo. Il sindaco di Torino ha registrato pure i gemelli di una coppia di maschi. I due piccini sono nati in Canada, tramite gestazione per altri, una pratica che in Italia è ancora un reato, punito con la reclusione da 3 mesi fino a 2 anni e con multe che vanno da 600.000 fino a un milione di euro. È bastata una firma su un foglio per cancellare tutto questo. E per far partire una specie di «ribellione dei Comuni» sotto la bandiera dei diritti Lgbt. Subito dopo Torino è arrivato il Comune di Roma guidato da Virginia Raggi. Ha registrato come figlia di due papà una bimba nata in Canada grazie all'utero in affitto. A stretto giro, ecco arrivare Gabicce Mare, celebre Comune della Provincia di Pesaro e Urbino, che ha trascritto il certificato di nascita dei due gemelli (maschio e femmina) prodotti negli Stati Uniti da una coppia di uomini di 30 e 50 anni. Di nuovo, una pratica barbara e vietata dalla legge italiana è stata tranquillamente sdoganata. È stato sufficiente che il sindaco marchigiano Domenico Pascuzzi approvasse l'iniziativa. La stessa cosa è avvenuta un paio di giorni fa a Grosseto. Il Comune ha registrato come figli di due maschi tre bambini. Uno è nato nel 2010, gli altri due nel 2012, sempre in Canada, sempre con utero in affitto. Non a caso, abbiamo un proliferare di gemelli: merito delle cure ormonali, che permettono di impiantare nella madre presa a noleggio ovuli fecondati con lo sperma di entrambi i genitori. Il caso di Grosseto è interessante perché chiama in causa anche un'altra città. I tre piccini, figli di un italiano di 42 anni e di un australiano di 49, sono stati registrati la prima volta a Milano. Il Comune guidato da Beppe Sala del Pd, infatti, fa parte del catalogo di istituzioni che hanno deciso di «fare da sole» in materia di coppie gay. La lista dei «ribelli» è ancora piuttosto lunga. Non possiamo dimenticare il Comune di Napoli guidato da Luigi De Magistris, il quale nei giorni scorsi ci ha tenuto a rivendicare il primato e a non farsi rubare la scena dall'Appendino: «Il primo riconoscimento all'anagrafe di un bimbo nato da due donne è stato fatto dal Comune di Napoli ben tre anni fa quando abbiamo sanato la vicenda del piccolo Ruben», ha detto. Poi c'è il Comune di Catania, dove comanda Enzo Bianco: pure lì hanno deciso di seguire la tendenza torinese, registrando due gemelli nati in America da due uomini di 36 e 42 anni. «Vogliamo ringraziare il Comune per averci accolto a braccia aperte», hanno detto i due padri. «Sono stati gli stessi uffici, dove ci siamo recati per raccontare il nostro caso, a spiegarci come dovessimo procedere per ottenere la trascrizione completa del certificato di nascita dei nostri due figli, senza che ci dovessimo appoggiare ad alcun legale». Il pacchetto completo, insomma. Infine, ci sono ben dieci Comuni piemontesi, i quali hanno risposto all'appello lanciato da Maria Grazia Grippo, consigliere comunale del Pd a Torino e vicepresidente della commissione comunale Pari opportunità. «Ci abbiamo lavorato tanto, su impulso di Alessandro Battaglia, il coordinatore del Torino Pride, e con tutta la segreteria del partito», ha spiegato alla Stampa. La signora ha raccolto le adesioni dei sindaci di Moncalieri, Settimo, Piossasco, Collegno, Caselette, Gassino, Borgaro, Chieri, Nichelino e Beinasco. Costoro registreranno i figli di coppie gay «sia che si tratti di trascrizioni complete di certificati di nascite avvenute all'estero sia che si tratti del riconoscimento di bambini nati in Italia». Ovviamente, tutti i primi cittadini in questione sono di centrosinistra. E siamo certi che altri volonterosi si uniranno a breve a questa «battaglia di civiltà» condotta dal Pd e dai 5 stelle. Una lotta senza paura per sdoganare l'utero in affitto, la produzione seriale di bambini o la loro importazione dall'estero. Ci sarebbero delle leggi a impedirlo, ma fa lo stesso. Se il sindaco di Moncalieri ha deciso che va bene così, chi siamo noi per opporci?
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