2019-09-11
La «scuola senza zaino» boccia l’intelligenza
Il nuovo modello educativo abolisce i compiti a casa, i voti, i banchi e l'autorità. Si impara poco e non si boccia mai. Si fa di tutto per soffocare le capacità del singolo, allineando la preparazione degli studenti al ribasso. Pur di non offendere chi non ce la fa.La chiamano «Scuola senza zaino» e stando al nome sembrerebbe qualcosa di sano. Niente fardelli sulle spalle dei bambini, più tecnologia, metodi interattivi d'apprendimento, niente compiti a casa né voti in classe fino alla pagella, salvata in extremis da una legge dello Stato. Non è una novità, nel Regno Unito e in Germania esiste da molto tempo, ma in quanto a disciplina, inglesi e tedeschi non hanno abdicato. Scuola senza zaino è attiva da quasi un decennio e stando al sito Internet (scuolasenzazaino.org) vi hanno aderito 275 istituti scolastici, 516 scuole uniche, 2.794 docenti e 34.830 alunni, ma in questo tempo le cose si sono rivelate diverse dalle attese e nella migliore delle tradizioni italiche tutto è degenerato.In una classe milanese resto basito quando, per far cessare la confusione di una apparentemente eterna ricreazione, vedo la maestra che al posto di salire in cattedra e dire «Silenzio» prende da dietro un armadio un grande pesce di cartone e lo alza come fosse il tabellone del ring. Semplice, il pesce è muto e i bambini devono tacere. «Abbiamo anche il serpente», dice la maestra, «rettile che sibila e significa abbassare la voce». La Nasa educava così gli scimpanzé in vista del lancio, sviluppando il principio azione-reazione. Ci riesce chiunque ma non gli alunni in massa critica, e la docente trova la loro attenzione dopo dieci minuti di battaglia impari, senza azioni disciplinari e senza che i bimbi provino mai la vergogna di essere espulsi in corridoio o l'angoscia di tornare a casa con una nota sul diario.Concentrarsi è impossibile e non perché non esistano più le tristi file di banchi, sostituite da «isole» colorate per ogni disciplina, ma perché vige la condivisione completa del materiale didattico, che è di tutti e di nessuno, sempre insufficiente e semidistrutto, mentre l'eliminazione del voto negativo appioppato all'uno, se da un lato elimina la frustrazione del bambino per aver fallito, dall'altra crea una scuola che resta un prolungamento della materna, rimandando certe prese di coscienza degli alunni all'età successiva. Quando però, con gli ormoni prossimi all'esplosione, i ragazzi sono meno propensi ad accettare la sconfitta e reagiscono al docente. Sconfitta poi è una parola eliminata, perché nella scuola senza zaino a fallire è il gruppo e mai il singolo, cioé alleniamo i bambini fin da piccoli a sparpagliare le responsabilità, uno dei nostri sport nazionali.«Si perde troppo tempo», continua l'insegnante, «se si trascorrono intere mezzore a parlare in agorà (una piazza di discussione sempre aperta nella quale si entra senza scarpe, che serve per attenuare un presunto trauma per il passaggio dall'asilo alla scuola, ndr), quindi a insegnare che bisogna temperare le matite tutti insieme per lasciarle in ordine, e infine si devono fare le attività ludiche: tempo per la didattica non ne rimane». Una scuola leggera, un modello che non funziona nel quale docenti senza autorità non hanno più un ruolo centrale. Inoltre la classe è aperta ai genitori e questi sovente interferiscono nella vita scolastica e con il lavoro dei maestri.Avevamo la scuola elementare migliore del mondo, ma sparito il sussidiario, sparite predella e cattedra, e con loro buona parte dell'autorevolezza della maestra, l'atmosfera in classe pare l'incubatrice di un centro sociale, un posto dove si impara poco e non si boccia mai. Ovvio che poi le scuole medie diventino le vere elementari, il diploma sia insufficiente per preparare al lavoro e con la laurea si faccia (con tutto il rispetto) il postino. Figuriamoci, stante la tendenza attuale, quando dalla scuola senza zaino uscirà un ministro della Repubblica.«Questo modello educativo si ispirerebbe al metodo Montessori ma realizzato in modo distorto», spiega la maestra, «lasciamo i bambini troppo liberi di dedicarsi a ciò che preferiscono. L'interazione tra gli studenti è critica, bastano due elementi esagitati per trasformare la classe in una ciurma in ammutinamento. Con questo modello si fa di tutto per soffocare e sterilizzare le capacità del singolo». Tre sarebbero i valori della scuola senza zaino: ospitalità, responsabilità e comunità. Non serve essere laureati in pedagogia per capire che tipo di dottrina possano ricevere i ragazzini tra i 6 e gli 11 anni: il primo è fortemente positivo, con arredi colorati e curati delle classi, ma diventa sopportazione imposta, niente alleanza col compagno di banco e niente area personale, il banco da tenere in ordine. Il secondo valore si scioglie nell'anarchia e il terzo allinea la preparazione degli studenti al ribasso per non offendere chi non ce la fa. Praticamente un modello sessantottino applicato fin dall'inizio del percorso scolastico. E pensare che una volta i maestri mettevano i più imbranati nei banchi circondati dai secchioni. Anche perché, ammettiamolo, un po' di disuguaglianza o di invidia fanno bene e motivano a fare meglio, a tornare a casa con un bel voto e a mostrarlo con orgoglio ai propri genitori.