2018-07-06
La propaganda pro immigrazione contagia pure «Un posto al sole»
Prima la seguitissima fiction Rai ha dedicato una puntata alla Giornata mondiale del rifugiato, adesso racconta la storia strappalacrime di Mansur, un povero straniero in balia della violenza degli italiani.La soap opera napoletana Un posto al sole, in onda dal 1996 su Rai3, era già balzata alla ribalta della cronaca in occasione della puntata andata in onda il 19 giugno scorso per la Giornata mondiale del rifugiato. In molti, anche sui social network (dove la soap diventa ogni sera trend topic con l'hashtag #upas), l'avevano trovata ridondante e, in una parola, propagandistica. In quella puntata i personaggi dei conduttori radiofonici Vittorio Del Bue (Amato D'Auria) e Michele Saviani (Alberto Rossi), occupandosi di immigrazione, si erano fatti megafoni delle solite ragioni utilizzate per giustificare l'accoglienza senza limiti, dal consueto «scappano dalle guerre» a «non è una colpa se sono nati in luoghi sfortunati del mondo». In quei dialoghi tra Vittorio e Michele non si faceva alcuna distinzione tra il vero rifugiato politico - che naturalmente è il benvenuto - e l'immigrato che richiede l'asilo anche se non lo merita (e magari si può rivelare un delinquente o, in alcuni casi, perfino un terrorista). Insomma, quella operata dalla fiction è stata una vera e propria operazione di persuasione. Per di più, sfacciatamente ripresa in questi giorni. Già, perché la soap è ritornata a fare politica la settimana scorsa, con una nuova storia d'immigrazione in forma di narrazione decisamente distante dalla realtà. Mansur (Samba Ndyaie, ex concorrente del Grande fratello) è un migrante che cerca per Napoli la sorella. Racconta che lei avrebbe rifiutato di fare la domestica - perché si lavora troppo e si guadagna poco - e poi sarebbe scappata di casa. Il nostro eroe migrante, preoccupatissimo, è convinto che sia entrata nel giro della prostituzione. Quando, in un vicolo, domanda a due italiani dove sia la sorella, questi, apparenti gaglioffi, lo gonfiano di botte. I due sono bianchi come un foglio di carta, mingherlini e magri, eppure riducono il povero immigrato, muscoloso e alto quasi come un Hulk, piegato in due. Credibile? No. Ma l'immigrato «deve» rappresentare la vittima della schifosa bestialità italiana, infatti non si fida più nemmeno di medici e poliziotti. Portato in casa di altri personaggi della soap, nonostante sia ripiegato su sé stesso come una omelette e gema dai dolori per le mazzate ricevute, con varie ferite aperte e sanguinanti sul viso, il prode Mansur rifiuta l'invito ad andare sia in ospedale sia a denunciare chi lo ha picchiato. «Mejo de no», dice terrorizzato, mentre la telecamera ne inquadra l'espressione impaurita e il cerotto in fronte... La triste storia è proseguita nella puntata di mercoledì. I personaggi Franco Boschi e Giulia si recano in una mensa dove hanno scoperto che la sorella di Mansur va a mangiare una volta al giorno. Si appostano ad attenderla e quando arriva la avvicinano, offrendole il loro aiuto. La ragazza afferma di non averne bisogno e vuol piuttosto sapere come fanno i due a conoscere il suo nome. I due le dicono che Mansur la sta cercando perché è preoccupato per lei: a questo punto la ragazza scappa via come una furia. Non ci vuol molto a immaginare che lo sviluppo potrà essere questo: la ragazza fa la prostituta, costretta da sfruttatori italiani, con clienti italiani. Non lo sappiamo con certezza, ma già fin qui l'«eroificazione» dell'immigrato e la colpevolizzazione dell'italiano sono state indubbie. E fanno credere che l'immigrato arrivi qui sempre in buona fede e venga poi sempre traviato dai mefistofelici italiani. La vulgata è sempre la stessa, anche quando si tratta di affrontare la drammatica questione della tratta di prostitute nigeriane, che è poi il tema reale dietro la vicenda di Mansur e di sua sorella. Tutto viene ridotto alle vicissitudini di povere ragazze che arrivano qui in cerca di aiuto e invece trovano l'inferno a causa dei magnaccia italiani. In realtà, sono prima di tutto i delinquenti nigeriani a costringerle a venir qui con l'inganno e poi a gettarle sulle strade: molte lo hanno denunciato, trovando nelle forze dell'ordine italiane i propri salvatori. Un posto al sole - soap opera prodotta da Rai fiction cui fa onore l'impegno a favore della legalità messo in scena in mille altri frangenti - appare però indifendibile nel momento in cui si fa pavloviana eco della propaganda ideologica su una rete da sempre schierata a sinistra ma mantenuta in vita dai denari di tutti. Soldi provenienti dagli abbonamenti Rai, pagati anche dalle vittime italiane delle violenze commesse da molti migranti. Capiamo che il bacino potenzialmente elettorale è succoso: la soap, che va in onda alle 20.35, mentre sulle altre reti passano telegiornali e talk show, vanta uno share di circa il 9%, più o meno 2.700.000 di persone. Si tratta di spettatori che credono di divagarsi e invece, riguardo al delicato tema dell'immigrazione, subiscono l'ennesima manifestazione dell'indottrinamento politico radical chic. Non c'è nulla di male nel trasportare la cronaca all'interno di una fiction. Ma sarebbe bene fornirne una versione corretta. Quindi, certo, si può inserire la vicenda dell'immigrato malmenato da italiani. Ma poi bisognerebbe inserire anche le vicende di italiani picchiati, stuprati, addirittura uccisi da immigrati. Oppure un immigrato che cucina un gatto e se lo mangia, un immigrato che mostra i genitali alle bambine in un parco, un immigrato che, in attesa di un permesso di soggiorno, impasta tranquillamente retribuito la pizza nella Pizzeria del Rifugiato di don Biancalani, un immigrato che sale sul bus o sul treno senza biglietto e, quando glielo chiedono, spacca la faccia al controllore. Basta seguire la cronaca per sapere che l'immigrazione africana contemporanea è anche questo. Ma rispecchiare la cronaca in tutte le sue sfumature impedirebbe di portare avanti la propaganda. E questo gli impegnati di casa nostra proprio non possono accettarlo.