2022-10-31
La parabola del «rieducato» Remuzzi: da alfiere delle cure a ultrà dei diktat
Dopo essere stato ostracizzato per i suoi protocolli, il professore è divenuto un paladino di vaccini e pass, tanto da celebrare le restrizioni e protestare per il reintegro dei sanitari. Francesco Broccolo: «Nulla di scientifico in tutto ciò».Dopo anni di assuefazione al linciaggio, alla discriminazione e alla mistificazione della realtà, cambiare di colpo prospettiva non è sempre facile. Soprattutto se la fine delle discriminazioni comporta una consistente perdita di potere. Ora che il nuovo ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha annunciato la cancellazione dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario, numerosi esponenti della classe medica si sono precipitati a chiedere altre forme di punizione e vessazione nei confronti dei colleghi che si apprestano a rientrare. Non stupisce: alcune virostar temono semplicemente di perdere il posto di ballerina di prima fila; altre - dopo aver assecondato tutti i capricci della Cattedrale sanitaria - si disperano perché vorrebbero la ricompensa promessa. Altre ancora, invece, sembrano aver introiettato il meccanismo disciplinare in vigore negli ultimi due anni e non riescono a liberarsene.Un caso emblematico è quello del professor Giuseppe Remuzzi, illustre ricercatore dell’Istituto Mario Negri. Come ricorderete, oltre un anno fa fu tra i primi a parlare pubblicamente di un protocollo di cure, che lui stesso aveva messo a punto assieme ad alcuni autorevoli colleghi. Purtroppo, Remuzzi si concesse il lusso di accennare alle cure in un momento in cui era in vigore la regola del silenzio, e si era obbligati a ripetere «le cure non esistono, bisogna farsi il vaccino». Avendo trasgredito all’imperativo della Cattedrale, lo studioso fu massacrato, oscurato, intimidito. Da allora - benché la Storia gli abbia dato totalmente ragione riguardo le cure - egli si comporta come un fuoriuscito da un campo di rieducazione cambogiano. E persino oggi, fuori tempo massimo, prosegue con ostinazione a ripetere le formulette del potere sanitario.Ieri, stuzzicato dal Corriere della Sera, ha dato il meglio di sé. L’esordio dell’intervista non era nemmeno sbagliato: «I politici non dovrebbero seguire la scienza, ma ascoltarla con attenzione, per poi prendere delle decisioni. E il compito degli scienziati è dire le cose come stanno», ha detto Remuzzi. Peccato che la sua lucidità si sia esaurita lì. Se il compito degli scienziati è dire le cose come stanno, perché lui è stato tritato quando ha parlato di cure? Mezzo ragionamento su questo tema forse sarebbe il caso di farlo. Invece il professore preferisce uscire dal suo campo (la medicina) e infilarsi in quello della politica: «Le restrizioni sono state utili: bisogna ricordare che la salute non è in contrasto con lo sviluppo economico. La povertà è la principale causa di morte. Inoltre, la vaccinazione non rappresenta una limitazione della libertà personale, ma va a beneficio della collettività. Così come vedersi ritirata la patente se si guida ubriachi». Che indegna fine: un luminare costretto a riutilizzare la grottesca storiella della patente. Caro Remuzzi, la licenza di guida consente a chi la possiede di fare una cosa in più, cioè usare una macchina. Chi non ce l’ha non perde la possibilità di spostarsi o di usare i mezzi pubblici, come invece succedeva alle persone prive di green pass. La patente ti concede un diritto, le restrizioni sanitarie i diritti li hanno cancellati.A quanto pare, tuttavia, a Remuzzi la cancellazione dei diritti è piaciuta. Tanto che ne vorrebbe altre. «Chi è no vax non dovrebbe operare in campo sanitario, perché i vaccini sono il più grande strumento che abbiamo per combattere le malattie», dichiara. «E i vaccini contro Sars-CoV-2 sono i più sicuri ed efficaci di sempre: nel 2021 hanno salvato 20 milioni di persone nel mondo. Non immunizzarsi, da Covid, ma anche dall’influenza, significa essere più a rischio di contrarre queste infezioni e quindi di trasmetterle agli altri».È interessante notare l’evoluzione del discorso discriminatorio. Proprio come ha fatto Antonella Viola, Remuzzi non dice che i medici non vaccinati non dovrebbero lavorare perché potenzialmente pericolosi. E non lo dice perché sa che non è vero. Suggerisce qualcosa di più subdolo: non devono lavorare perché se non amano i vaccini non sono bravi medici. Più che scienza sembra delazione.La sensazione, inoltre, è che Remuzzi e altri stiano alimentando una notevole falsità, presentando i sanitari sospesi come terrapiattisti seguaci dello sciamanesimo. Fortuna che non tutti i medici sono obnubilati dall’ideologia. Qualcuno, e non da adesso, continua a far mostra di onestà intellettuale, ad esempio il dottor Francesco Broccolo, stimato ricercatore non certo liquidabile come no vax. «La maggior parte dei sanitari sospesi non è composta da cosiddetti no vax. Si tratta per lo più persone guarite dal Covid. Molti hanno anche fatto la dose vaccinale singola prevista a un anno dall’infezione, oppure hanno fatto due dosi vaccinali e non la terza», ci dice. «Personalmente non conosco medici o sanitari “no vax”, mentre conosco decine di sospesi appartenenti ad altre categorie. Persone dubbiose o scettiche su questo vaccino a mRna praticamente mai impiegato prima negli esseri umani (se non in rari casi e in un recente passato), persone perplesse su come da una parte sono stati autorizzati i vaccini e dall’altra come sono stati raccolti i dati».Secondo Broccolo, «di scientificamente provato nell’applicazione di questo protocollo vaccinale che sospende un guarito con dose vaccinale aggiuntiva non c’è nulla. La politica ha volutamente ignorato milioni di guariti e tutto questo non solo non è scienza ma è negazione della medicina basata sull’evidenza. Un caso emblematico», prosegue lo studioso, «è quello del vaccino per i bambini. Sono state fatte campagne finalizzate a vaccinarli pur sapendo che non erano una categoria a rischio e pur sapendo che il vaccino non riduceva la contagiosità dei vaccinati. La scienza è altra cosa: è osservare, essere critici, ragionare sui fatti e modificare le proprie idee sulla base delle evidenze». Tutte cose che negli ultimi due anni non sono state fatte.«Per quanto riguarda i bambini», continua Broccolo, «vorrei soltanto ricordare una cosa. Nei lavori scientifici pubblicati l’endpoint primario non è stato clinico. Cioè non si è andati a vedere quante vite o quanti malati di Covid grave il vaccino potesse risparmiare o quante Mis-c o quante malattie lievi ci fossero. No, per valutare l’efficacia del vaccino ci si è basati su un unico parametro: il dosaggio di anticorpi neutralizzanti. Cioè lo stesso parametro che non è stato preso in considerazione quando andava stabilito se un adulto fosse o meno immune. Questo è un vizio di forma che nella scienza non deve esistere. Capisco la fretta, capisco tutto, ma non può funzionare così, non è metodo scientifico».Per altro, ci sarebbe da considerare pure un altro aspetto non secondario della questione: le nuove forme del virus. «In Italia è già arrivata la variante Bq.1.1, che sfugge sia agli anticorpi evocati dall’attuale vaccino bivalente sia ai monoclonali», dice Broccolo. «Mi domando di che cosa si sia parlato nei vari tavoli di lavoro durante gli ultimi tre anni. Rispetto al vaccino bisogna valutare quale sia il rapporto rischio-beneficio sui singoli soggetti, non sulla collettività, anche perché non si capisce esattamente quale sia il beneficio collettivo di un farmaco che non ferma la trasmissione del virus. Non possiamo continuare a ragionare in questo modo, è ora di cambiare, di rimetterci a seguire davvero la scienza».Certo, dovremmo tornare a seguire la scienza: ammesso che qualcuno ancora si ricordi come si fa.