2022-09-28
La débâcle leghista colpisce anche Bossi. Si tenta di salvarlo con il seggio a vita
Umberto Bossi (Antonio Masiello/Getty Images)
Il Carroccio fallisce quota 100: avrà 95 parlamentari. Esclusi Simone Pillon, Armando Siri, Giulio Centemero e il Senatur, che non voleva candidarsi.Matteo Salvini manca pure «quota 100»: a differenza dei primi conteggi, il risultato definitivo per la Lega produce l’elezione di 95 parlamentari, 66 deputati e 29 senatori. Il tracollo leghista, però, ha un effetto dirompente per quel che riguarda gli esclusi eccellenti, i vari Simone Pillon, Armando Siri, Giulio Centemero e soprattutto Umberto Bossi. Il senatùr, l’uomo che ha creato la Lega, candidato capolista per la Camera nel collegio plurinominale di Varese-Busto Arsizio, non è stato eletto, e interrompe così la sua carriera parlamentare, durata ben 35 anni. La sua circoscrizione, Lombardia 2, è infatti l’unica dove il Carroccio non è riuscito a eleggere neanche un deputato. Il diretto interessato non se ne duole più di tanto: «Sono contento», fa sapere Bossi, «poiché avevo deciso di non candidarmi. Mi hanno pregato e solo per il rispetto verso la militanza ho accettato. I risultati negativi della Lega? Il popolo del Nord esprime un messaggio chiaro ed inequivocabile», aggiunge Bossi, «che non può non essere ascoltato».Noncurante del fatto che a Bossi non importi nulla della sua mancata rielezione, Salvini se ne esce con una proposta irrealizzabile, ovvero nominarlo senatore a vita: «Sarebbe il giusto riconoscimento», dice l’ex capitano, «dopo 35 anni al servizio della Lega e del Paese. Porterò avanti personalmente, sicuramente con l’appoggio non solo della Lega ma di tantissimi italiani, questa proposta». Peccato che la legge preveda che i senatori a vita possano essere al massimo 5, quanti sono quelli attualmente in carica, ovvero Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia e Liliana Segre, ai quali si aggiunge il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano. Immaginiamo quindi l’espressione allibita del capo dello Stato, Sergio Mattarella, di fronte alla proposta di Salvini. Proposta alla quale si accodano pure il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, e il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani: «Bossi è la storia di questo Paese», commenta Fontana, «quindi deve essere sicuramente presente in uno dei due rami del parlamento. La sua mancata rielezione è una pessima notizia, drammatica. Credo che Bossi sia la persona che più di ogni altra meriterebbe di rientrare in parlamento e mi sembra una buona idea quella di nominarlo senatore a vita. Credo che Bossi», aggiunge Fontana, «abbia cambiato veramente la politica italiana, il modo di intendere la politica e abbia contributo a creare una serie di amministratori locali e nazionali eccellenti».«Bossi», commenta Tajani, «è stato un protagonista della politica italiana, ha tutti i titoli per essere nominato senatore a vita. Dipende dal capo dello Stato decidere. Ho grande simpatia per Bossi». In realtà, come abbiamo detto, il capo dello Stato non può decidere proprio nulla, poichè il tetto massimo di cinque senatori a vita è già raggiunto. Ma andiamo avanti coi trombati eccellenti del Carroccio. Resta senza poltrona Armando Siri, capo dei dipartimenti della Lega, che ha rappresentato il Carroccio al tavolo della coalizione di centrodestra per l’elaborazione del programma insieme al capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo. Siri correva per la Camera nel collegio di Piacenza, che pareva blindato, ma non lo era: «La legge elettorale», scrive Siri su Facebook, «e la ripartizione dei seggi non hanno premiato il mio e il vostro sforzo. Ma si va avanti con uguale tenacia e lucidità d’intenti per contribuire all’evoluzione della nostra comunità». Resta a casa pure il tesoriere della Lega, Giulio Centemero, candidato alla Camera a Bergamo e non eletto. Il volto leghista più noto rimasto fuori dal parlamento è senz’altro, ovviamente a parte Bossi, quello di Simone Pillon, senatore ultracattolico della Lega. che era candidato nel collegio plurinominale in Umbria. «Cari amici», scrive Pillon sui social, «il centrodestra ha vinto e governerà per i prossimi anni e questa è una gran bella notizia. Il mio seggio non è scattato ma questo non significa affatto che io mi arrenda o che torni a vita privata».Caustico ma pure, per certi versi, affettuoso, il commento del suo più grande avversario, il parlamentare del Pd Alessandro Zan, estensore della omonima legge avversata con tutte le sue forze dall’ormai ex senatore del Carroccio: «Pillon», dice Zan all’Adnkronos, «non è stato sostenuto dal suo stesso partito: se la Lega voleva investire nella sua figura lo avrebbe candidato capolista in Umbria. Una posizione così oscurantista che non corrisponde minimamente alla società contemporanea era troppo anche per la Lega. La preoccupazione comunque rimane: anche senza Pillon in parlamento -questa destra rischia di portare la legislazione italiana indietro, cancellando i pochi diritti acquisiti. Temo passi indietro. Giorgia Meloni», aggiunge Zan, «guarda infatti a Orbán, non a Macron o Scholz. Il modello della famiglia di Orbán è un modello dove le donne non devono essere particolarmente istruite, devono stare a casa». A casa, intanto, è rimasto Pillon.