2022-04-25
La Chiesa parla di pace e crea scandalo
Finite le prediche contro il sovranismo e a favore dell’immigrazione, riemergono posizioni lontane dal pensiero dominante che però vengono ignorate. Alla richiesta di deporre le armi l’Occidente risponde con il rifiuto totale a trattare con la Russia.Conviene osservare con attenzione, perché c’è l’occasione di assistere a uno spettacolo che non va in scena spesso: uno scandalo, ma uno scandalo vero. Nulla a che vedere con i pretesi scandali suscitati dalle celebrità sedicenti trasgressive, quelle che mandano a quel paese Vladimir Putin dai palchi americani, come se fosse un gesto di coraggio. No, qui siamo di fronte a qualcosa di realmente dirompente, che mette in crisi perché obbliga a una scelta. È questo il genere di scandalo che la Chiesa è capace di creare: un evento radicale che costringe gli uomini a schierarsi, o con Dio o contro. Ed è davvero uno splendore questa Chiesa che scandalizza, perché negli ultimi anni ci eravamo abituati a tutt’altra programmazione. Le prediche stanche contro il sovranismo, i sermoni a favore dell’immigrazione di massa e le concessioni all’ossessione sanitaria davano l’idea di un inchino continuo al pensiero dominante. Ma ecco, all’improvviso, riemerge una Chiesa non mondana: prima le parole di Francesco contro la follia delle armi, poi quelle provenienti dalle labbra di qualche francescano d’Assisi secondo cui occorre chiamare Putin «fratello», anche se costa fatica. La stessa marcia Perugia-Assisi ha gettato scompiglio fra i progressisti d’alto lignaggio per il suo invito alla pace totale, immediata. Oggi, per l’appunto, parlare di pace appare scandaloso. Suscita rabbia, divisione. E il motivo è presto detto: per fare la pace, bisogna trattare con il nemico, parlargli, ascoltare le sue ragioni. E questo, dalle nostre parti, non è concesso, anzi è proibito a ogni livello. Sul fronte piccino dell’informazione, l’imperativo è celebrare la grandezza della resistenza ucraina, e guai a chi azzarda un’analisi appena diversa. Sul fronte politico, occorre continuare a mandare armi a Kiev, e chi si oppone è un filoputiniano. È scandalosa e reietta la pace, di questi tempi. Tutti la scacciano. Per far finire la guerra in Ucraina serve un’intesa che preveda almeno alcuni cedimenti alle richieste russe. Ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è il primo a ribadire che non ci saranno referendum nel Donbass, anche se persino falchi come Edward Luttwak (oltre a svariati altri analisti americani) scrivono da giorni che sulle repubbliche russofone si può e si deve giungere a un compromesso. Sempre Zelensky si irrita perché Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, visiterà prima Mosca di Kiev. Già: Guterres, previo passaggio dalla Turchia, sarà in Russia martedì, e arriverà in Ucraina giovedì. Zelensky la legge come una mancanza di rispetto: a suo dire, non si può incontrare prima l’aggressore dell’aggredito. Eppure funziona proprio così: prima si deve discutere con chi ha il coltello dalla parte del manico, poi si cerca la mediazione con il lato (almeno all’apparenza) più debole. Ad alimentare la tensione ci pensano gli amici di Washington, che sembrano pronti a tutto tranne che a favorire una tregua. Guterres cerca di costruire un dialogo? L’amministrazione Biden organizza le sue manovre alternative. Ieri a Kiev si sono presentati il segretario di Stato Anthony Blinken e quello alla Difesa Lloyd Austin, al fine di «parlare di armi». Non casuale la tempistica: i due hanno voluto precedere Guterres. E mentre quest’ultimo, domani, sarà a Mosca, Blinken&Austin saranno a Ramstein per guidare un vertice che comprende una ventina di nazioni europee (Nato e non). Il messaggio è chiaro: sono gli Usa a dettare l’agenda diplomatica. E i loro programmi non prevedono la conclusione delle ostilità, tutt'altro. Non per niente, da qualche giorno, sui media più fieramente progressisti ha iniziato a far capolino una svolta narrativa. Se fino a poco fa Putin veniva descritto come un malato che stava perdendo sul campo, ora il racconto è cambiato, e si dice che lo Zar abbia in mente addirittura di colpire la Moldavia. Perché dovrebbe farlo non si sa, ma si capisce bene a che cosa serva dirlo: a far passare l’idea che il vertice del Cremlino non si accontenterà di prendere il Donbass e le terre fino al mar Nero, ma vorrà accaparrarsi tutta l’Ucraina per poi puntare su altre nazioni europee. Con un tipo del genere, ovviamente, non si può trattare: si può solo detronizzarlo. Pensate che una narrazione del genere possa favorire qualche tipo di accordo pacifico? Certo che no. Dicono i più scaltri: Putin è il primo a non volere la pace, se la volesse farebbe tacere le armi. Può darsi. Ma, a ben vedere, la Russia ha più volte reso note le sue condizioni. Solo che queste prevedono concessioni da parte di Kiev (Donbass, neutralità, eccetera), e Zelensky ogni giorno ripete di non essere disposto a mollare di un centimetro, mentre gli Usa versano compiaciuti alcol sulle fiamme già alte. Il risultato è che si continua a combattere e a morire. Trattare si può, e si deve, ma nessuno è intenzionato a farlo. Sarebbe scandaloso, dicono i più. Probabilmente è vero: ma a volte è opportuno che gli scandali avvengano.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.