2018-09-29
La Chiesa nega il funerale al playboy. Chissà che cosa farà con McCarrick
Due parroci chiudono le porte alla salma di Zanza, il re dei vitelloni della Riviera. Ma il Vangelo tratta meglio i peccatori come lui dei farisei. E la sua Rimini si ribella: «Non se lo merita, voleva solo far felici le donne».«Nella mia vita non ho mai fatto palestra, solo ginnastica da camera da letto. Inteso?». Per quell'ammiccamento finale che racchiude uno stile di vita Maurizio Zanfanti detto Zanza, il playboy più amato e invidiato della riviera romagnola, al quale in Svezia ex ragazze travolte dalla gratitudine hanno eretto anche una statua di cera, non merita un funerale di prima classe. Lo ha stabilito don Raffaele Masi, parroco della chiesa di Regina Pacis a Rimini, dove il vecchio ragazzo morto due giorni fa d'infarto a 63 anni dopo essere stato in camporella con una escort romena di 40 anni più giovane, aveva ricevuto la prima comunione e la cresima. «Voglio evitare l'invasione del circo mediatico nella nostra parrocchia, vadano da un'altra parte», ha sostenuto il sacerdote. Ma al di là delle frasi fatte prive di senso religioso lui avrebbe negato la chiesa per liberarsi dell'incomodo feretro contenente le spoglie di un peccatore che fece della promiscuità un'arte e che avrebbe violato la pubblica morale per tutta l'esistenza come Giacomo Casanova al tempo della Serenissima. La faccenda sembra seria perché, mentre a Rimini si leva un vento di indignazione, forse di ribellione nei confronti di una decisione ritenuta bigotta e paludata, il prelato ha confermato che oggi, da lui, il funerale non avrà luogo. Meglio le SvedesiLa zia del defunto, Nives Succi, è rimasta di sasso. Poi ha interpellato il parroco di Bellariva che a sua volta ha allargato le braccia, salvandosi con la giustificazione d'avere il sacro luogo già prenotato per altre esequie. «Così gli daremo l'ultimo saluto nella chiesa del cimitero monumentale», s'è arresa l'anziana parente del re dei vitelloni. «Ma non è giusto, restiamo molto stupiti e amareggiati per questa vicenda. Chiederemo spiegazioni alla Curia». Senza chiamare in causa i dottori del tempio per sciogliere nodi teologici ma ricorrendo alla semplice memoria del catechismo, ci sarebbe una certa frase nel Vangelo di Matteo ad assolvere lo Zanza: «In verità vi dico, pubblicani e prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio». Firmato un certo Gesù Cristo.Detto questo, la rigidità di don Maurizio è comprensibile. In questi anni sarà stato costretto ad ascoltare sino allo sfinimento le struggenti confessioni di signore sedotte e abbandonate, ingannate, stropicciate, frullate da una simile macchina da guerra, che per 40 anni ha vantato un record di 150 conquiste a stagione. E per contro le irripetibili minacce in confessionale di mariti dotati di trionfali corna d'alce, pronti a commettere qualunque peccato pur di disintegrare per sempre il pericolo pubblico numero uno. Anche se, a difesa del tenero tombeur des femmes, c'è da dire che la sua specialità era pascolare tra le turiste scandinave, inglesi e tedesche nei ruggenti anni Settanta e Ottanta, grazie alla padronanza della lingua svedese, a una faccia tosta da cascamorto latino e a una fantasia operativa che neanche François Truffaut nel film L'uomo che amava le donne.«Lo faccio per loro»Tutto avrebbe potuto immaginare lo Zanza, tranne che arrivare a far litigare da morto coloro che aveva messo d'accordo da vivo. «Non ho nemici, non faccio male a nessuno, esercito solo il mio hobby prediletto che tra l'altro è un asset turistico», ripeteva sospirando nel ricordare gli anni dorati, mentre faceva flanella davanti al bar Brigantino, suo quartiere generale in questo dolce autunno della vita. Intervistarlo era un viaggio nel tempo, un tuffo dentro la disco dance di Donna Summer, le magnum di spumante Ferrari, i primi topless. E nello zaino Rimini di Pier Vittorio Tondelli. Lui era bellissimo e biondissimo in modalità «una botta e via» con calzoni di pelle e stivali anche d'estate oppure in body attillato aperto davanti, con l'italica peluria pettorale in libera uscita. Sembrava un bassista rock in tournée con gli Europe in attesa di suonare The final countdown. La discoteca si chiamava Blow Up, poi Club 33 (perché non accettava avventori con più di 33 anni), le turiste facevano la fila per entrare, farsi offrire da bere e sentirsi per qualche ora uniche al mondo. Lui muoveva la classifica.«Abitavo sopra mia mamma, che non era contenta per il viavai notturno. In agosto organizzavo doppi turni, un'amante al giorno non bastava», spiegò al Daily Mail, già icona di genere. «Non lo facevo per me, ma per loro. Quando tornavano a Stoccolma o a Oslo scrivevano, erano felici. Volevano soprattutto gentilezza, il savoir faire italiano era vincente. Anni dopo mi mandavano le foto dei mariti e dei figli. In fondo facciamo tutti parte di una grande famiglia». C'è qualcosa di evangelico in tutto ciò, e pure di missionario senza sottilizzare sulle posizioni. Lo Zanza interpretava a modo suo il grande abbraccio fraterno, era perfino ossessivo (memorabile la storia della giornalista della tv francese arrivata per un'intervista ed entrata verso sera a far parte della collezione), ma non sapeva cosa fosse la violenza, cosa fosse la sopraffazione. Se valgono parametri restrittivi per lui e se la promiscuità è una condanna definitiva, sarebbe interessante sapere cosa farà Santa Madre Chiesa il giorno della morte del cardinale Theodore McCarrick.La sua foto sul comodino«Zanza non merita tutto questo, lui non voleva entrare nella classifica dei cucadores, ma semplicemente far felici le donne. Era un romantico», lo difende Walter Lanzetti, storico patron delle notti riminesi, che solo per pudore non aggiunge: bisognerebbe farlo santo. Un giorno un suo amico andò a trovare in Norvegia la fidanzata conosciuta l'estate precedente in Romagna e allargò le braccia (come a dire mi arrendo) quando sul comodino di lei vide la foto dello Zanza in posa da bodybuilder. Rimini di lui non si vergogna, tutt'altro. Per la gente della notte, i bagnini, i flaneur dei bar del centro; per quel meraviglioso popolo al ragù immortalato da Federico Fellini, Maurizio Zanfanti meriterebbe un funerale con la banda, rose rosse a pioggia sul feretro e carezze in guantini di pizzo. Comunque sia andrà così, nel final countdown, anche dentro la chiesa defilata del cimitero. Nonostante l'urticante vade retro di don Maurizio, lo Zanza è in viaggio verso la Casa del Padre con tutti i suoi record. Chi lo ha visto dopo l'appassionato e fatale ultimo match, giura che sorrideva.