2020-03-14
La cassiera, l’autista, l’edicolante. Una medaglia per gli eroi silenziosi
La cassiera Mariana al lavoro in un supermercato in via Don Bosco a Milano (Marco Cremascoli)
Non sono sulle prime pagine dei giornali o nei talk show tv, ma accanto agli intrepidi medici in prima linea nelle nostre città c'è un esercito di soldati ignoti che lotta nelle retrovie per consentirci un po' di normalità.All'interno gallery fotografica. La cassiera si aggiusta la mascherina che dalla mattina presto le sta arroventando la pelle del naso. Un'altra busta, un'altra confezione di latte, «No, l'alcol l'abbiamo finito», l'ennesima signora anziana che ne approfitta per scambiare due parole, visto che sta consumando l'unica ora d'aria della giornata. Fuori dal piccolo supermercato la fila è ancora lunga, la distanza di sicurezza la rende quasi interminabile. Ma lì, alla cassa, i clienti sono vicini. Alcuni la mascherina ce l'hanno, altri no. La cassiera a questa specie di burqa da emergenza sanitaria si è dovuta abituare presto, così come ai guanti azzurri di lattice. Dopo tre, quattro, cinque ore indossarli è una sottospecie di tortura, anche se il cliente ansioso non ci fa caso, pensa a ficcare tutto in borsa e a correre fuori. Non ci facciamo caso, è vero: per lo più neppure li vediamo. Ma, in queste giornate lisergiche, a consentirci di restare attaccati con le unghie a una parvenza di normalità sono tanti eroi silenziosi, che non conquistano le copertine dei settimanali né si collegano con i talk show. Da quando l'epidemia avvelena le nostre esistenze celebriamo - giustamente - le gesta di medici e infermieri. Abbiamo osservato con commozione i loro visi stravolti, dalle foto che circolano online e sui giornali ne abbiamo intuito la fatica e, talvolta, l'angoscia. Abbiamo ascoltato i loro audio gravidi di preoccupazione, le loro testimonianze affollano i programmi tv. Grazie al Cielo, ci sono donne e uomini in bianco, azzurro e verde a salvarci la vita. Medici e personale sanitario sono nei pensieri e nelle parole degli editorialisti. Persino qualche poeta che si è misurato con il coronavirus, da un paio di giorni, ha trovato spazio nelle lodi a mezzo stampa. Poi ci sono loro, gli altri, i pezzi del motore che permette alle nostre giornate di sfuggire allo spaventoso buco nero della paranoia. Ci sono i cassieri dei supermercati che lavorano a contatto con centinaia di persone frementi, tossicchianti, guardinghe e qualche volta rese maleducate da una eccessiva spinta all'autoconservazione. C'è il ragazzone robusto, di cui si evince la barba dietro la Ffp3, che affetta il prosciutto al banco. Quell'altro che sembra avvolto nella luce divina mentre scarica dal magazzino le confezioni di amuchina appena arrivate e già prossime a svanire. Eroi senza nomi da stampare sui quotidiani, eroi con mezzo volto nascosto, che ci riportano, per qualche prezioso momento, nel «Mondo di Prima». Grazie a loro il supermercato - che i sociologi negli anni si sono affannati a definire «nonluogo», «cattedrale del consumo» - diventa un'oasi di umanità: fa sorridere trovare un po' di calore al banco dei surgelati. Ci sono perfino due ragazzini di Trieste - Margherita e Alessandro Murgia, sorella e fratello di 12 e 10 anni - che hanno impiegato i giorni lontani da scuola per scrivere un libriccino sul coronavirus, e lo hanno ambientato proprio tra le corsie di un supermarket. Si intitola Vivere al supermercato ai tempi del coronavirus, si trova online, e ieri Alessia Rosolen, assessore al Lavoro del Friuli-Venezia Giulia lo ha citato su Twitter, dedicandolo «a chi lavora nei supermercati, nelle farmacie, nelle edicole, nelle tabaccherie, a chi trasporta i nostri generi di prima necessità». Ai nostri piccoli eroi borghesi, insomma, per non dimenticare che «alle casse dei supermercati spesso lavorano ragazze giovani, che tante volte sono mamme, e rientrano a casa sfinite alle 8 di sera». Chi rientra tardi, sfatto, e chi si alza all'alba. Gli edicolanti, ad esempio, preziosi come non mai ora che si può uscire giusto per fare la spesa e comprare il giornale. Un piccolo rito, la passeggiata fino all'edicola, il fruscio della carta. Anche lì le persone in fila: nell'era dell'isolamento digitale pare incredibile. Ancora prima escono dal letto i camionisti che riforniscono gli alimentari, le farmacie, ogni negozio funzionante. Vedono l'alba gli addetti dell'Amsa, dell'Ama e di tutte le altre aziende di raccolta rifiuti. Ci sono anche loro, qui fuori, a combattere per noi che - non appena l'emergenza sarà finita (perché finirà, prima o poi) - riprenderemo a insozzare le strade, rendendo il loro lavoro ancora più snervante. Intanto, però, che bello il camion del lavaggio strade lungo la via: roba da perdonargli tutte le volte che ci ha bloccato il traffico sotto casa attirandosi faraoniche maledizioni. Chissà, forse ci vorrebbe un poeta proletario o un Majakovskij per scrivere un inno a questi coraggiosi della quotidianità. Una ode ai magazzinieri, ai tabaccai aperti che evitano a una larga fetta della popolazione reclusa di impazzire, agli impiegati e agli operai che mandano avanti il Paese a bassa intensità. Ieri alcuni hanno deciso di scioperare. «In una situazione di emergenza come questa», ha scritto la Fiom in un comunicato, «non si possono usare due pesi e due misure: da una parte i cittadini, cui viene giustamente chiesto di restare a casa, dall'altra i lavoratori, in maggioranza operai obbligati a recarsi e restare in azienda, spesso in assenza delle condizioni di sicurezza previste dai decreti». E stavolta mica gli si può dare torto. Perché poi, quando si tiene aperto, qualcuno nel capannone ci deve andare, e vagli a spiegare che le mascherine sono finite. Hanno famiglia e figli e genitori e nonni pure loro. Qualcuno dice che siamo in guerra, e forse è un tantino esagerato dato che non ci cadono bombe in testa nella notte. Ma mettiamo pure che sia così: lode ai soldati, agli assaltatori in prima linea, cioè a chi rischia la pellaccia negli ospedali. Ma battiti di mani (benissimo lavate) anche per le seconde file, tutte: quelle che lavorano perché possono e soprattutto perché devono, altrimenti la Nazione si ferma e addio. Un piccolo monumento per loro: una statuina alla Cassiera Ignota, al Tabaccaio Solitario, al Metalmeccanico Valoroso. E una bandierina sventoli per chi invece non può aprire la bottega, ed esercita l'eroismo standosene a casa invece di servire caffè o vendere magliette, perdendo denaro ogni secondo che passa. Quando sarà finita - perché finirà, prima o poi - gli eroi silenziosi saranno tutti dimenticati. Non c'è da aspettarsi nulla di diverso, perché il mondo è ingrato soprattutto quando è sano. Oggi, però, un pensiero se lo meritano: una medaglia d'aria fritta che non vale niente, ma splende di tutta la nostra ammirazione.