2023-07-22
Quanti italiani dimenticati all’estero mentre si è costruito il santino di Zaki
Il successo del governo per la grazia è innegabile. Quello che si comprende poco è il tifo montato dalla sinistra, che tace per i 2.000 nostri connazionali incarcerati nel mondo. A meno che non voglia «ingaggiare» lo studente.Ammetto la mia colpa: non riesco ad appassionarmi al caso Zaki. Certo, mi fa piacere che abbia ottenuto la grazia e che possa tornare in Italia, ma leggere che tutto il Paese dovrebbe essere in festa, come ha scritto qualcuno, lo trovo un filo esagerato. Patrick Zaki è uno studente egiziano iscritto e poi laureato all’Università di Bologna: questo è l’unico collegamento che ci lega a lui. Il giovane era stato ingiustamente imprigionato per aver espresso delle opinioni che non piacevano al regime di Al Sisi? Sì, ma sapete quanti sono i ragazzi finiti dietro le sbarre e spesso torturati in Iran? Migliaia. E quanti quelli che per aver osato criticare la dittatura sono spariti in qualche laogai cinese, cioè in un gulag? Ben di più. Il mondo è pieno di giovani che protestano e pagano con la libertà il proprio coraggio. In Medio Oriente come in Sud America, in Cina come in Russia. E non ci sono solo i ragazzi, ma anche tante altre persone che si battono in nome dei diritti, come ad esempio Alexey Navalny, il principale oppositore russo, per il quale un tribunale di Putin ha appena chiesto 20 anni di carcere. E però per lui e per quelli come lui non ho visto lo stesso interesse manifestato per Zaki. Niente striscioni, nessuna manifestazione, zero appelli. Si dirà: ma lui non ha studiato a Bologna, e dunque non ha un legame diretto con l’Italia. Sapete quanti sono gli italiani detenuti all’estero, ammassati in celle senza alcun diritto, neppure quello di ottenere un processo equo e un trattamento umano? Più di 2.000. Ma per loro non c’è la mobilitazione che ho visto per Zaki. Marco Zennaro, un imprenditore veneto che è stato incarcerato per un anno in Sudan senza nemmeno sapere quale fosse la sua colpa, non ha riscosso alcuna solidarietà e salvo pochi articoli di giornali, alcuni pubblicati sulla Verità, è stato alla fine rilasciato tra l’indifferenza generale, senza cioè che il Paese esultasse o organizzasse una festa in piazza.Magari Zennaro ha meno amici di Zaki. Forse la sua storia non ha commosso l’opinione pubblica. Può darsi che non essendo un giovane studente, quel largo mondo di ragazzi che gravita attorno all’università non si sia mobilitato. No, ad aver trasformato il giovane egiziano in un simbolo è stata la sinistra, la quale ha martellato i governi per ottenerne il rilascio. Per lui sono state organizzate manifestazioni e la tv pubblica si è occupata di lui, mandando in onda delle puntate di programmi di approfondimento. Insomma, è successo quello che è capitato per i rapiti di una certa parte politica, ovvero per gli attivisti delle varie Ong. Mi lamento per questo? No, mi duole che non tutti gli arrestati e tutti i rapiti siano uguali e non tutti ricevano lo stesso trattamento. Per Zaki si mobilitano in tanti, per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò arrestati e trattenuti ingiustamente quattro anni in India, quasi nessuno. Per Silvia Baraldini si muove lo Stato e il ministro di Grazia e giustizia, di estrema sinistra, va ad accoglierla per stringerle la mano manco fosse un’eroina invece che una terrorista. Per Chico Forti, anch’egli detenuto in America, non si scomoda neppure l’usciere del ministero, non dico per farlo scarcerare, ma nemmeno per fargli scontare la pena in Italia. Che la faccenda sia più politica che umanitaria lo dimostra poi anche un altro fatto. Zaki non è ancora rientrato Italia che già qualcuno, a sinistra, pensava bene di interrogarsi sulla contropartita concessa dal nostro governo a quello di Al Sisi. Che cosa gli avranno dato in cambio? Magari la promessa di tacere su Giulio Regeni, il povero studente massacrato dalla polizia egiziana? Per anni i nostri servizi segreti hanno pagato la liberazione di improvvisate crocerossine che si erano messe nei guai frequentando luoghi di guerra e finendo nelle mani dei terroristi. Però quei soldi, dei contribuenti sia chiaro, che finivano nelle mani di tagliagole che li avrebbero usati per uccidere e torturare altri cristiani, non hanno mai indignato i cari compagni. I quali anzi hanno gioito per il rilascio, fingendo di non vedere il prezzo politico di quelle liberazioni. Ma all’epoca, a Palazzo Chigi c’erano governi amici, non quello delle destre, come lo chiamano con un certo disprezzo dal Pd in poi.Ovviamente la grazia a Zaki è un successo politico di Giorgia Meloni, tuttavia la sinistra farà qualsiasi cosa per sminuirne il valore e, prevedo, Zaki sarà trasformato presto in un’icona da schierare alle prossime elezioni, magari per rimproverare il governo di non fare abbastanza non soltanto per ottenere giustizia per il povero Regeni, ma anche per i diritti umani nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Mi auguro di sbagliarmi, ma conoscendo il cosiddetto universo progressista temo che finirà così. Del resto, se il buongiorno si vede dal mattino, cioè dal modo con cui lo stesso Zaki si sta comportando, rifiutando l’assistenza di un nostro diplomatico e di stringere la mano a un rappresentante del governo per non sembrare dipendente da un esecutivo di centrodestra, direi che la mia previsione ha buone probabilità di essere azzeccata. Conclusione: la prossima volta, gli ingrati che si ficcano nei guai lasciate che se la sbrighino da soli se poi a loro fa tanto schifo dire grazie.
Jose Mourinho (Getty Images)