2018-12-24
Invocare il bivacco in Aula per la manovra fa ridere
Mettiamola così: la manovra non ci fa fare salti di gioia, perché nei provvedimenti varati dal governo ci sono molte cose che non ci convincono. Il reddito di cittadinanza, per esempio, rischia di essere una misura contro la povertà che invece di aiutare i poveri arricchirà i furbi. Non ci piace neppure la tassa sulle pensioni più alte, quasi che avere lavorato e guadagnato sia qualche cosa da punire con una stangata a favore di chi in passato non ha guadagnato (...)(...) né lavorato. Così come sbagliata è la scala mobile all'indietro che è stata introdotta sugli assegni previdenziali: più passa il tempo e meno incassi. Infine, non ci sembra neppure giusto che si tassino le auto, favorendo quelle ecochic, che per via del prezzo possono essere comprate solo da un'élite di sinistra col portafogli a destra. Ciò detto, e sintetizzati i nostri dubbi sulla finanziaria, ancor meno ci piacciono le denunce che arrivano da parte di un'opposizione che ha coalizzato destra e sinistra, grandi giornali e potenti banchieri, professori e industriali. La manovra del governo Conte non abolirà la povertà e certamente neppure la disoccupazione. Né l'una né l'altra, infatti, sono mai state cancellate per decreto. E se qualche ministro si è lasciato andare a giudizi pieni di enfasi lo si deve solo all'inesperienza e a una dose di trionfalismo che soltanto i neofiti posseggono. Tuttavia, pur avendo difetti (alcuni dal nostro punto di vista anche gravi, perché si punisce chi ha fatto di più, quasi come se si volesse ritornare a un po' di socialismo reale), la finanziaria non è più pericolosa di quelle approvate nel passato da governi e parlamenti che si riempivano la bocca con parole come democrazia, dibattito, inclusione e tante altre belle chiacchiere. Vedere evocata sulla prima pagina del Corriere della Sera, a firma di un signore che per tassare gli italiani ha preteso di avere la salvaguardia di una nomina a senatore a vita, una frase di mussoliniana memoria, quasi che con il bivacco in un'aula sorda e grigia si preparasse un colpo di stato come nel 1922, fa pena e anche un po' ridere. Da anni ogni governo cerca di far passare i provvedimenti ricorrendo alla fiducia. Lo ha fatto quello guidato da Silvio Berlusconi come quello presieduto da Romano Prodi, per stare ai premier più noti. Ma al gioco non si sono sottratti neppure Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Per evitare dibattiti inutili e tentativi di manomissione delle misure, ogni esecutivo ha tagliato corto ponendo la fiducia e a volte lo ha fatto perfino su questioni costituzionalmente ben più rilevanti di quelle riguardanti il reddito di cittadinanza o quota 100. Di notte c'è chi ha messo le mani in tasca agli italiani, certo senza chiedere il permesso al Parlamento. Se si fa la classifica dei governi che hanno posto la fiducia per impedire alle Camere di discutere e cambiare le decisioni prese a Palazzo Chigi, in testa svetta Renzi, che fece approvare il 52 per cento delle sue leggi in questo modo (se si escludono le ratifiche dei trattati, la percentuale arriva addirittura al 74 per cento, dato 2014). Al secondo posto si piazza Mario Monti, con il 45 per cento. Come nel più incredibile dei paradossi, si tratta dei due ex presidenti del Consiglio che strillano di più, lamentando la lesione dell'autonomia delle Camere. Il che la dice lunga sulla malafede con cui in queste ore si accolgono le misure governative.La verità pura e semplice è che da Renzi a Monti, passando per la grande stampa, tutti avevano scommesso sul fallimento dell'esecutivo, sperando che la Ue desse la spallata a Conte e ai sovranisti. Così non è stato, perché alla fine Bruxelles e Palazzo Chigi hanno raggiunto una mediazione. Che tradotta in soldoni è riassumibile così. Nella manovra riveduta e corretta con la benedizione dell'Europa ci sono gran parte delle cose promesse (anche quelle che non ci piacciono), ma con 4 miliardi di investimenti in meno, mezzo miliardo di tasse in più e 22,5 miliardi di clausole di salvaguardia e, considerando che Renzi ne aveva messe 16, ci pare che il governo del cambiamento non sia molto diverso dagli altri.Quanto al resto, chi parla di notte della Repubblica, di democrazia messa all'angolo, del governo più incapace degli ultimi secoli, forse dovrebbe dare uno sguardo al passato e ricordare di quando c'erano esecutivi che riuscivano a perdere montagne di miliardi in un giorno perché, nonostante ci fossero Ciampi e la Banca d'Italia a vigilare sulla nostra economia, non erano neppure capaci di rimborsare un debito.Da ultimo ci sia permessa una postilla. Come abbiamo detto, ci sono cose della manovra che non ci convincono. Una però ci piace ed è il taglio ai contributi per l'editoria. Non se ne poteva più di questo magna magna. E chi piange e minaccia tempesta ha a cuore solo il suo portafogli, non l'informazione.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.