2023-12-15
«Intercettateci»... solo se ascolta la sinistra
I compagni si scandalizzano per le inchieste sui taxi del mare. Ma godevano per i dialoghi piccanti rubati a Berlusconi, compreso il famoso insulto alla Merkel, totalmente inventato. E quando nella pesca a strascico finivano Lotti, Guidi e Lupi nessuno fiatava.«La patonza deve girare». Allora dovevano girare soprattutto le intercettazioni, libere e selvagge, per incastrare Silvio Berlusconi nella surreale stagione del bunga bunga. Quello non era un semplice parlamentare, era il premier, regolarmente intercettato. Ma nessuno dentro le Procure, dentro le stanze dalle grandi orecchie e dentro le redazioni si pose mai il problema delle voci rubate. E ancora meno se costituissero ipotesi di reato o avessero profili «eversivi». Il Pd considerava quei sussurri (finiti sistematicamente in prima pagina) una benedizione politica, ci immerse per anni i biscotti da caffelatte e non mosse mai un dito per limitarne il flusso. Con due obiettivi: rinsaldare l’alleanza organica con la magistratura politicizzata e godere del discredito internazionale dell’Italia. Illuminante, per rinfrescare la memoria a qualche moralista da sacrestia, una frase di Berlusconi a Gianpaolo Tarantini nell’era delle Olgettine, che planò sui giornali, fece la felicità degli utenti di Youtube e creò non pochi problemi a persone del tutto estranee alle faccende politiche. «Noi siamo messi così. Siamo io, Carlo Rossella, Fabrizio Del Noce, un responsabile della fiction Rai. L’unico ragazzo sei tu, gli altri sono vecchietti ma hanno molto potere». Forse allora il direttore Piero Sansonetti era in recupero corta e non avvertiva l’urgenza di «dimostrare che i reati sono di tutti tranne che degli imputati», come scrive l’Unità di ieri.Nel tentativo di screditare gli scoop della Verità e di Panorama, il quotidiano post comunista parla di intercettazioni eversive. Sarebbe interessante sapere cosa avesse di eversivo la frase che sempre mister B disse scherzando a Marysthel Polanco: «A tempo perso faccio il primo ministro». Tre processi, tre assoluzioni. Sempre restando in tema, nell’era del cinghiale bianco girava addirittura una registrazione inesistente di cui tutti diffusero il presunto contenuto senza mai pubblicarla. «Angela Merkel è una culona inchiavabile», sarebbe stato l’epiteto del presidente del Consiglio alla donna più potente d’Europa. Nel teatrino dell’assurdo che ne seguì, arrivò anche il commento (alla frase ufficialmente falsa) di Der Spiegel a definire il capo del governo italiano «zotico e volgare».Ci sono intercettazioni piacevoli e intercettazioni spiacevoli. Le chat pubblicate dalla Verità devono aver fatto venire la gastrite non solo a Luca Casarini e a mezzo Vaticano, ma anche alla sinistra da corteo, la stessa che scendeva in piazza a comando a gridare «intercettateci tutti». La stessa che dovrebbe ricordare quando mise in croce sempre il fondatore di Forza Italia accusandolo di avere telefonato al direttore generale Agostino Saccà per raccomandare assunzioni in Rai. Lo scandalo di cartapesta si autodistrusse quando si scoprì che una delle raccomandate (peraltro fasulle) era la moglie di Willer Bordon (Ulivo).Secondo l’Unità le Procure non possono intercettare i parlamentari «senza che nessuno intervenga». La preoccupazione però non esisteva quando la vittima era Maurizio Lupi, registrato mentre diceva a Ercole Incalza: «Deve venirti a trovare mio figlio». Per questa frase e poco altro nel 2015 l’allora ministro dei Trasporti (mai indagato) del governo Renzi fu coinvolto in Appaltopoli e dovette dimettersi mentre la sinistra tardomarxista - che già vedeva come fumo negli occhi l’ex sindaco di Firenze - danzava allegramente sul cadavere politico del suo collaboratore. Identica sorte toccò un anno dopo a Federica Guidi, ex ministro dello Sviluppo economico, anch’essa intercettata mentre parlava con il suo compagno, un imprenditore interessato a sbloccare l’operazione Tempa Rossa. Pagò per la frase: «Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato, se è d'accordo anche Maria Elena (Boschi, ndr), quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle 4 di notte». In entrambi i casi l’ala sinistra del Pd soffocò nel silenzio un’ovazione nei corridoi del Nazareno. Fu singolare il ruolo di Renzi, contrario per principio a farsi condizionare dalle carte delle Procure ma «rispettoso del passo indietro» dei suoi ministri.Le intercettazioni con il trojan hanno consentito agli italiani di conoscere il sistema politico-giudiziario di Luca Palamara apparecchiato all’Hotel Champagne, dove Luca Lotti (piddino allora indagato) diceva «si va su Viola, sì, ragazzi» nella battaglia fra correnti per pilotare la nomina del procuratore capo di Roma. Le intercettazioni di europarlamentari come Antonio Panzeri (ex Pd, poi Articolo Uno) hanno consentito di scoperchiare la botola del Qatargate e degli affari della gauche italiana in cachemire a Bruxelles. Ma sembra che solo le chat dei telefoni di Casarini e i suoi discepoli siano illegali, immorali e facciano ingrassare. Per proprietà transitiva, Bob Woodward e Carl Bernstein dovrebbero essere messi alla berlina per aver voluto fare un dispetto a Richard Nixon rivelando il Watergate. Cambiate la storia del giornalismo e del cinema. Alla fine è quasi doveroso affidare la morale a un’intercettazione. Quella di Salvatore Buzzi, pregiudicato alla guida d’una cooperativa di Mafia capitale: «Tu c’hai idea de quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico de droga rende meno».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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