Sporcizia, dispersione idrica, strutture a pezzi, assenza di manutenzione: nel cimitero di Roma, il più grande d’Italia, c’è un degrado senza fine. Funzionano solo 5 wc chimici.
Sporcizia, dispersione idrica, strutture a pezzi, assenza di manutenzione: nel cimitero di Roma, il più grande d’Italia, c’è un degrado senza fine. Funzionano solo 5 wc chimici.Custodire con cura e rispetto i morti è il compito assegnato ai cimiteri. Al Flaminio di Roma i defunti, invece di essere sepolti in un luogo di pace eterna, «vivono», e indirettamente anche i parenti, un degrado senza fine. Si trovano sepolti in una specie di girone dantesco, dove perfino l’espressione degrado non è abbastanza appropriata per descrivere la situazione in cui versa il più grande camposanto d’Italia. Ogni aspetto della manutenzione, dal più elementare al più complesso, lascia a desiderare. «Negli ultimi anni», racconta alla Verità una fonte qualificata, «sono state posizionate un paio di guaine. Come se non piovesse dentro la maggior parte degli edifici presenti nel complesso. I cittadini devono sapere quello che accade qui dentro».Al cimitero Flaminio, conosciuto anche con il nome di Prima Porta, i visitatori vengono accolti (oltre che dalle sbarre all’ingresso che non funzionano) e mai abbandonati dalle pessime condizioni dei 37 chilometri di strade interne. I conducenti sono costretti a compiere numerosi slalom per evitare buche profonde e rialzamenti del manto stradale causate dalle radici degli alberi.L’erogazione e la dispersione dell’acqua sono tra le problematiche più evidenti del cimitero romano. Solamente i «nasoni» erogano quella potabile e, per evitare gli sprechi, alcuni sono stati tappati. Uno in particolare, a pochi passi dall’ingresso, con un piccolo rametto curvo che lo fa sembrare un «nasone» di misura extralarge. Quasi tutti i rubinetti di acqua non potabile del camposanto sono fuori uso, con la conseguenza che è di fatto impossibile annaffiare i fiori da depositare di fronte alle lapidi. Nei 140 ettari del Flaminio sono utilizzabili dagli utenti meno di cinque bagni chimici: quelli tradizionali sono in totale stato di abbandono. I wc nelle migliori condizioni sono privi di maniglia sulla porta bianca (dove resiste la scritta «bagno» fatta a mano) e circondati da pietrisco, rametti e terra.Vicino ad alcune cappelle, di fronte al riquadro 167, ce n’è un altro il cui rumore e miasmo vengono avvertiti dalla strada. E la perdita d’acqua che lo caratterizza «allaga» il sentiero. Dentro la struttura, lo sciacquone è in parte divelto e, appoggiato in quello che resta di uno dei water, c’è un foglio di giornale. A terra si trovano macchie d’ogni genere, bicchieri di plastica, fazzoletti. E, soprattutto, un lavandino nascosto dalla sporcizia traboccante d’acqua, erogata giorno e notte dal rubinetto. Lo stato di abbandono in cui versa l’edificio F lascia quasi senza parole: crepe macroscopiche, mattoni e cavi elettrici a vista. Entrando, sulla sinistra, si trova un separé (facilmente aggirabile) di ferro, del tipo da operai, abbandonato da chissà quanto tempo. Vicino a un angolo, in alto, c’è un grosso buco da dove si vede la trave di ferro su cui poggia il tetto.Eppure, ciò che resta più impresso nella memoria di questo stabile sono i rimedi (vani) utilizzati dai familiari dei defunti contro i piccioni. I più adoperati sono dei lunghi nastri sistemati all’ingresso dei corridoi, dove si trovano i loculi, e le bottiglie di plastica posizionate nelle intercapedini. Ma è una battaglia persa perché, poco più avanti, c’è un loculo vuoto dove stazionano due volatili. Altri stanno tra una scala e una finestra.Il culmine dell’indecenza il Flaminio lo raggiunge al corpo D. All’apparenza, uno come gli altri. Infatti, lungo il sentiero e i corridoi a terra, sono disposti degli ossari. Tra questi alcuni sono chiusi da botole, altri da una struttura di ferro circolare divisa a metà: da una parte a grata, dall’altra ermetica. Il tutto rinforzato da due lucchetti. Entrambe le tipologie di ossario sembrano impossibili da aprire, invece basta alzare la parte superiore. Può farlo chiunque.La tragedia del cimitero di Prima Porta poi si trasforma in simil farsa nella sezione dei container di celle mortuarie frigorifere. Sono una dozzina circa e su ognuna di esse c’è scritto: «Attenzione. Prima di chiudere le porte accertarsi sempre che nessuno si trovi all’interno».
Andrea Sempio (Ansa)
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