2022-01-11
Il premier sta in difesa ma pensa al trasloco
Mario Draghi e Sergio Mattarella (Ansa)
La prudenza fa scattare la tagliola sugli «immediati sviluppi del Quirinale», tra «non posso» e «non voglio rispondere» a chi chiede se se la sente di proseguire con il governo: «Finché si lavora insieme...». Silvio Berlusconi: «Non sosterremo altri esecutivi».«Una postilla: non risponderò ad alcuna domanda che riguarda immediati o futuri sviluppi sul Quirinale e altre cose»: Mario Draghi in conferenza stampa gela immediatamente, al termine dell’introduzione e prima che inizino le domande, i giornalisti e i protagonisti della politica che aspettavano di capire le sue intenzioni riguardo alla ipotesi di una sua elezione a presidente della Repubblica. Come La Verità aveva anticipato, Draghi non si lascia sfuggire una sola sillaba in relazione al suo futuro politico e istituzionale: sceglie la via del silenzio («non posso rispondere», «non voglio rispondere»), il che rende esplicita la sua aspirazione a lasciare alla fine del mese Palazzo Chigi per trasferirsi al Quirinale. Trattasi infatti di silenzio strategico, e soprattutto difensivo: quando lo scorso 22 dicembre, nel corso della conferenza stampa di fine anno, si concesse il lusso dell’autocandidatura, con la battuta sul «nonno al servizio delle istituzioni», scatenò un impressionante fuoco di sbarramento contro l’ipotesi di vederlo succedere a Sergio Mattarella. «Accolgo la sua domanda per la parte accettabile», risponde Draghi a un giornalista che formula una domanda nella quale fa capolino l’argomento-Colle nonostante il premier abbia già detto che non avrebbe risposto: se una frase del genere l’avesse pronunciata un altro presidente del Consiglio, uno qualunque, un Silvio Berlusconi, un Romano Prodi, un Giuseppe Conte, sarebbe scattata la rivolta delle anime belle, dei difensori della stampa libera, democratica e progressista.Ma con Draghi no, Draghi è il presidente che viene accolto in sala stampa dagli applausi dei giornalisti, e quindi può permettersi anche di bacchettare, in perfetto stile british, of course, i cronisti. Un Draghi, va detto, apparso abbastanza sottotono: poco brillante, in evidente difficoltà, nonno Mario liscia il pelo alla sua variegata maggioranza, che poi è la stessa che dovrebbe sostenere la sua ascesa al Colle. E così le furibonde liti all’interno della coalizione di governo su qualunque cosa, dalle restrizioni al super green pass, dall’obbligo vaccinale alla politica energetica, sono solo un’impressione dei soliti maliziosi: «Le diversità di vedute», minimizza il premier, «sono abbastanza naturali, l’importante è che nella maggioranza nonostante le diversità di vedute c’è voglia di lavorare insieme, di arrivare a decisioni condivise e finché c’è quella il governo va avanti bene, quello è l’essenziale. Le diversità di vedute che ci sono state su questo decreto sono di gran lunga inferiori ad altre occasioni, basta ricordare la discussione sulla giustizia», aggiunge Draghi, «che però poi si è conclusa con l’approvazione di un testo concordato da tutta la maggioranza. Non è né un’esperienza nuova, né particolarmente drammatica».Sentire SuperMario, l’eroe senza macchia, chiedere scusa per la mancata spiegazione del decreto sull’obbligo vaccinale è un’esperienza che mai e poi mai avremmo immaginato di vivere: «Questa conferenza stampa», dice Draghi in conclusione, «avviene in un certo senso come risposta alle critiche che il governo e io in particolare abbiamo ricevuto per non aver fatto la conferenza stampa nel giorno in cui abbiamo approvato il decreto. C’è stata anche veramente da parte mia e di altri», aggiunge, «una sottovalutazione delle attese che tutti avevano. Per cui mi scuso e vi prego di considerare questo come atto riparatorio. Spero sia stato adeguato».Diciamolo molto chiaramente: Draghi resta il favorito alla successione di Sergio Mattarella, e non a caso fervono già le trattative per la formazione del nuovo governo che dovrebbe sostituire quello attuale nel caso in cui il premier riuscisse nel suo intento. Sulla strada che conduce al Colle, però, non mancano gli ostacoli. Silvio Berlusconi, tanto per fare un esempio, è pienamente in campo: oggi arriva a Villa Grande, a Roma, dove stabilirà il quartier generale in vista dell’avvio delle votazioni. A quanto apprende La Verità da fonti di primo piano di Forza Italia, bisnonno Silvio è tonico e determinato, e ripete a tutti che se Draghi andasse al Quirinale Forza Italia non sarebbe disposta a sostenere un altro governo. Dunque, si andrebbe alle elezioni anticipate: quelle che continua a sognare anche Giuseppe Conte. «Conte», dice alla Verità una autorevolissima fonte parlamentare grillina, «ha capito che se Draghi va al Colle ci sarà un nuovo governo, e quindi cerca l’incidente per andare alle elezioni subito, prima che la sua leadership vada in pezzi, per candidare solo suoi fedelissimi. A lui farebbe comodo un capo dello Stato divisivo, uno la cui elezione farebbe crollare tutto». Berlusconi? «Sarebbe l’ideale per il suo gioco», aggiunge la nostra fonte, «e non è un caso che rinvia continuamente l’accordo con il Pd». Pd che avrebbe ormai deciso di puntare tutto su Draghi, e che potrebbe essere, stando a indiscrezioni attendibili, il primo partito a fare in chiaro il suo nome per il Quirinale, puntando poi a ottenere la presidenza del Consiglio.