2020-04-24
Il «piano segreto» del Colle va in frantumi
Sergio Mattarella (Emmanuele Contini/NurPhoto via Getty Images)
Polemiche per il dg della Salute che si è tenuto nel cassetto le misure da prendere contro il virus. Ma anche Sergio Mattarella ha avallato la linea del vertice di ieri senza passare dal Parlamento. E ora i risultati vanno integralmente addossati all'asse Quirinale-Chigi. Franza o Spagna, purché se magna. Siamo ancora lì, all'opportunismo storico del Guicciardini, e a quello ci aggrappiamo per uscire con qualche (presunto) vantaggio economico dal Consiglio d'Europa più complicato degli ultimi anni. È il summit in videoconferenza (il quarto dall'inizio della pandemia) che mette insieme due virus, quello cinese e quello del Mes. Ed è il ramo sul quale il premier Giuseppe Conte è seduto mentre lo sta tagliando. Dopo avere invano cercato sponde utili da Emmanuel Macron a Parigi, il governo italiano fa propria la strategia spagnola e tenta di bypassare i niet di Germania e Olanda sui coronabond aggrappandosi a Madrid. Questo per nascondere una Waterloo rumorosa e imbarazzante. Per dover digerire il Mes dopo avere detto no al Mes, per dover giustificare la mancanza di coronabond dopo aver tuonato «nessun accordo senza coronabond». In Europa si consuma ancora una volta la disfatta di un piccolo premier che ha deciso, per non essere sbranato dagli stessi grillini che gli hanno dato un mandato contrario rispetto a ciò che ha ottenuto, di nascondersi dietro il paravento spagnolo.L'asso nella manica di Conte, il «piano di riserva sul quale non posso dire di più» è la proposta di Pedro Sanchez di ottenere 1.500 miliardi per tutti i paesi dell'Unione, il cosiddetto Recovery Fund, con un dettaglio non marginale: sarebbe a fondo perduto. Ovviamente il gruppo dei rigoristi è contrario e vorrebbe che il fiume di denaro fosse concesso come prestito, quindi con rientro sicuro e incidendo sul debito pubblico dei paesi membri. Ora si litiga su questo. Con un distinguo che l'Italia non può non mettere in evidenza. Mentre per la Spagna, percettore netto di contributi europei, la formula sarebbe comunque interessante, per il nostro Paese sarebbe un altro cappio. Il popolo italiano, secondo le perversioni contributive intoccabili perché cristallizzate dai trattati, versa 1 per ricevere 0,8 da Bruxelles e il gioco sarebbe comunque perdente.Ma c'è una realtà ancor più straniante rispetto al risultato negativo, ed è la strategia. Il Recovery Fund non ha avuto alcun via libera parlamentare, non è sostenuto da alcun mandato, non rispecchia la volontà dei rappresentanti del popolo italiano. La faccenda mostra ancora una volta la suprema debolezza di un governo che sistematicamente rifiuta di chiedere legittimazione parlamentare per le proprie iniziative in un ambito così delicato come quello della politica europea di uno Stato sovrano. Nessuno ha votato in Italia il prestito alla spagnola, per la verità nessuno in parlamento ne ha mai sentito descrivere i dettagli. La ferrea volontà di Conte di non chiedere il mandato parlamentare per non dover constatare che la maggioranza non c'è più (il Movimento 5 stelle sul tema è spaccato in modo evidente) sta mandando alla deriva il Paese nel pieno dell'emergenza sanitaria ed economica. Con l'allegra partecipazione e supporto dell'orchestra mediatica schierata nel golfo mistico, a bordo palco. Nessuno si è alzato a eccepire che la definizione Recovery Fund è solo una coperta di Linus, un'idea (buona o cattiva) non condivisa, una piattaforma camuffata con cortine fumogene e passata dalle mani di Conte alla scrivania del capo dello Stato, Sergio Mattarella, attraverso gli ovattati corridoi del Quirinale. Un incontro istituzionale e via. D'accordo loro, d'accordo tutti. Ci sarebbe di che ridire, anche perché non siamo ancora in una monarchia costituzionale.Siamo al secondo piano segreto in meno di una settimana. Il primo è stato quello che il ministero della Sanità aveva tenuto nascosto sul coronavirus «per non allarmare gli italiani», rivelato incautamente dal direttore generale del dicastero Andrea Urbani per giustificare i ritardi nel mettere in moto la macchina dell'emergenza. «Non potevamo comunicarlo perché troppo drammatico, con il senno di poi sarebbe stato meglio un lockdown immediato». Così si è perso un mese e si sono moltiplicati i contagi. Nel caso dello shock sanitario si è notata una reazione indignata, la sollevazione di coscienze critiche nei confronti del comportamento omertoso del governo. Nel caso del virus politico, niente. Nessuna polemica, nessun distinguo. Arriverà il Recovery Fund che rischia di mettere alle spalle al muro il Paese, ma tutto va bene. Franza o Spagna. Il premier Conte è ovviamente soddisfatto. «Ho notato grandi progressi, impensabili fino a poche settimane fa, all'esito del Consiglio europeo appena terminato». Ed ecco la fuorviante sinfonia, specialità della casa di Palazzo Chigi. «Un lungo percorso avviato con la nostra iniziativa e con la lettera dei nove paesi membri, oggi segna una tappa importante: i 27 paesi riconoscono la necessità di introdurre uno strumento innovativo, da varare urgentemente, per proteggere le nostre economie e assicurare una ripresa europea che non lasci indietro nessuno. La commissione lavorerà per presentare il 6 maggio un Recovery Fund che dovrà essere di ampiezza adeguata e dovrà consentire ai paesi più colpiti di proteggere il proprio tessuto socioeconomico». Il mago Silvan era un dilettante.