
Periodo di grande attivismo per lo speculatore internazionale: tra conferenze e aperture della sua università ha anche trovato il tempo di dare le sue indicazioni sul futuro dell'Unione. Bocciando Manfred Weber e Jens Weidmann.Si rinnova e si rende ancora più visibile il protagonismo a tutto campo di George Soros, sia direttamente, con interventi pubblici in prima persona, sia attraverso la sua organizzazione (Open Society Foundations). È sufficiente seguire il suo profilo Twitter per avere conto di un fuoco di fila di iniziative: grande focus sull'Austria (vedremo tra poco perché), populisti e sovranisti come nemici giurati, e una clamorosa uscita politica (ieri sul Sole 24 Ore), senza neanche il paravento di eventi culturali o della filantropia. A ben vedere, l'occhio di Soros non si è mai allontanato dalla politica, anzi negli ultimi mesi la sua attenzione ha raggiunto livelli perfino inediti. Tra fine novembre e inizio dicembre 2018 (ne scrissero meritoriamente prima Ivo Caizzi e poi Tino Oldani), destò imbarazzo a Bruxelles la visita riservata che Soros fece a Frans Timmermans, commissario Ue uscente (lo ricorderete alle ultime europee sul palco insieme a Nicola Zingaretti) e appena designato come spitzenkandidat del Pse. In quei giorni, si era nel pieno di un negoziato durissimo tra Bruxelles e Roma, e ci furono domande sul fatto che anche il tema della manovra italiana fosse o meno stato affrontato dai due. Una portavoce della Commissione si limitò a dire (e non fu una gran risposta) che non poteva né confermare né smentire. Ma ciascuno può fare la propria ipotesi: erano i giorni in cui diversi commissari Ue sparavano ogni giorno a Borse aperte contro l'Italia, oggettivamente alimentando i rischi di un'aggressione politica via spread. E Soros andava a conversare (chissà di cosa: forse di questo, forse d'altro, chi può dirlo) con un commissario notoriamente attento alle cose italiane. Lo stesso Mario Monti, in una trasmissione tv, da Lilli Gruber, rivelò di essere stato invitato da Soros nel 2012 a chiamare la Trojka in Italia. Mentre il vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini, mediaticamente attivissimo sul tema della procedura d'infrazione contro l'Italia (che poi non si verificò, nonostante i titoli sparati dal Corriere), siede nello European advisory board di Open Society. Sono sicuramente cose diverse e scollegate fra loro, e ovviamente tutte pienamente legittime, ma è opportuno tenere a mente le tessere di questo mosaico culturale, mediatico, politico, relazionale. In questo contesto, arriva l'articolo di ieri sul Sole. Una vera e propria agenda politica, con tanto di pagelle e compiti a casa per tutti. Primo: ennesima bordata contro i «partiti antieuropeisti», dai quali - annota lapidariamente il finanziere - «non ci si può aspettare nulla di costruttivo». Secondo Soros, «non sono riusciti a ottenere i risultati sperati»: quindi avere il primo partito in Uk, Francia, Italia e Ungheria a Soros pare robetta. Secondo: bisogna buttare a mare il sistema dello spitzenkandidat, cioè il supercapolista designato alla guida della Commissione. Ce l'avevano venduto come una grande conquista democratica, ma ora non piace più (povero Timmermans, occorrerà avvisarlo). Terzo (e qui ci avviciniamo ai veri obiettivi di Soros): un avvertimento a Manfred Weber, candidato di punta del Ppe, che Soros vuole affossare. Dice di lui: «Sembra disposto ad accettare praticamente qualunque compromesso». Traduzione: Weber potrebbe avere - ecco ciò che a Soros non va giù - l'appoggio del suo arcinemico Viktor Orban. Quarto: un altro avvertimento a Jens Weidmann, attuale guida della Bundesbank e candidato al vertice della Bce. Per Soros, che è rimasto indietro di un giro, Weidmann va bastonato perché contrario ai programmi di acquisto di titoli da parte della Bce («spero che questo fatto diventi sempre più di pubblico dominio», dice Soros), quando Weidmann ha fatto pubblica retromarcia nei giorni scorsi. E infine, come un allenatore, Soros disegna lo schema sulla lavagna: «Qualunque altro candidato qualificato sarebbe preferibile a Weidmann». E ancora: «Alla Francia non verrà assegnata nessuna delle cariche più alte. Sarebbe un bene che neanche la Germania ne avesse». E sorge il dubbio che, senza farne i nomi per non bruciarli, Soros abbia la sua lista già pronta, con nomi magari meno visibili e meno conosciuti. Lo capiremo presto. Intanto, nelle pause della compilazione degli organigrammi, Soros si è recato a Vienna. Per un verso, per ricevere il prestigioso Premio Schumpeter presso la Banca nazionale austriaca (tra i premiati anni fa, anche Romano Prodi): il povero Schumpeter, morto nel 1950, non ha ovviamente potuto far nulla per evitare queste cerimonie. Per altro verso, perché, per differenziarsi dal governo ungherese, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha deciso di ospitare nel suo paese la Central European University di Soros sgradita a Orban. A testimonianza del fatto che le destre europee - piacciano o no - sono molto più sfaccettate e meno monolitiche di come vogliano descriverle e caricaturizzarle i loro avversari. Insomma, alla tenera età di 88 anni (89 il 12 agosto), Soros è più attivo che mai. Nella biografia (o meglio, nella agiografia) pubblicata sul sito www.opensocietyfoundations.orgdove si sorvola sulle sue spericolate e spregiudicate operazioni finanziarie, sull'agenda immigrazionista, sullo scatenato attivismo politico, è descritto come un filantropo, un predicatore e promotore di democrazia e diritti umani. Sarà bene non perderlo di vista (lui e i suoi molti influenti amici), specie nei prossimi e delicati tornanti a cui sono attese l'economia e la politica italiane.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






