2021-03-30
Il lupo grigio assillato da Fatima e dalla «mano» che salvò Wojtyla
Giovanni Paolo II (Tommy W. Andersen/Keystone/Getty Images)
Nel suo ultimo libro, Antonio Preziosi indaga l'enigma dell'attentato a Giovanni Paolo II, scampato al killer provetto Ali Agca. Che per anni, poi, s'è interrogato sul Terzo segreto e su chi avesse protetto il Papa dai suoi proiettili. Se Giovanni Paolo II avesse voluto seguire le varie piste che di volta in volta sono state indicate come all'origine dell'attentato del 13 maggio, avrebbe dovuto cambiare anche lui idea e versione almeno 52 volte. Tante sono, secondo chi le ha contate, le versioni cambiate dal killer turco Mehmet Ali Agca dal momento in cui è stato arrestato fino ai giorni nostri. Anche noi non seguiremo, se non per sommario dovere di cronaca, le sue dichiarazioni. Pronunciate, secondo chi lo ha incontrato tante volte, con un unico grande obiettivo: quello di ottenere al più presto la libertà e di tornare nel suo Paese. Ogni cambio di versione, quindi, va letto in questa prospettiva, senza incorrere nell'errore di offrire al killer troppa credibilità. […]«Agca è un killer professionista dotato di un forte ego. Una persona molto intelligente, un vero genio del male», ci ha detto di lui il giudice Ilario Martella, che fu giudice istruttore nel processo per la cosiddetta «pista bulgara», che vide implicate altre quattro persone che sarebbero state complici dello stesso Agca. Il giudice Martella, presidente onorario aggiunto emerito della Corte di Cassazione, è ancora oggi fortemente convinto della fondatezza di quella indagine e ha pubblicato anche un libro che ne ripercorre minuziosamente i passaggi, i riscontri, gli elementi documentali e testimoniali. E che ricorda come i sospetti complici di Agca vennero assolti perché le prove di colpevolezza contro di loro non furono ritenute sufficienti e anche perché lo stesso Agca ritrattò clamorosamente tutte le dichiarazioni che aveva fatto in fase istruttoria, liquidando processualmente una pista che avrebbe portato dritta al cuore degli apparati dell'ex patto di Varsavia che avrebbero avuto interesse a liquidare il «Papa venuto da lontano».Agca il misterioso, di ritorno da un interrogatorio, chiede al cappellano del carcere di Ascoli se conosce il «Terzo segreto di Fatima». Quindi, il 13 maggio del 1982, vede in televisione la cerimonia con la quale il Papa ringrazia la vergine nella cittadina portoghese. Chiede spiegazioni, si informa, legge. Fa parte dell'astuzia e della capacità del personaggio quella di assorbire ogni informazione per trarre le deduzioni e le conclusioni che più sembrano utili al momento, ancora non sapendo che - dopo poco più di un anno - quell'uomo vestito di bianco avrebbe varcato la soglia del carcere di Rebibbia dove nel frattempo era stato trasferito.Le immagini di quell'incontro faranno il giro del mondo. Intanto, prima di questo incontro, l'azione pastorale, religiosa e sociale di Giovanni Paolo II è ripartita con grande energia. Dopo la visita a Fatima, il Papa ha ricevuto il presidente americano Ronald Reagan, è stato in Gran Bretagna, ha visitato l'Argentina intervenendo per la pace tra Londra e Buenos Aires nella guerra sulle isole Falkland/Malvinas, ma soprattutto - il 25 marzo del 1983 - ha aperto l'Anno Santo straordinario della redenzione, nel corso del quale - il 16 ottobre - ripete in piazza San Pietro, insieme ai cardinali e vescovi partecipanti al Sinodo dei vescovi, l'Atto di affidamento e di consacrazione del mondo a Maria, già pronunciato a Fatima il 13 maggio 1982.Al termine di questo Anno Santo straordinario, dicevamo, si compie la storica visita nel carcere di Rebibbia: è il 27 dicembre del 1983 e il Papa intende ripetere ad Agca, guardandolo negli occhi, quell'atto di amore e di perdono che è stato già pronunciato per lui fin da pochi secondi dopo l'attentato. […] Il Papa conferma il suo perdono paterno ad Agca. Dalle immagini si vede il Pontefice che stringe un braccio del suo carnefice e ascolta fitto le sue parole, quasi appoggiando la sua testa a quella del killer. E uscendo dalla sua cella, il Pontefice dice semplicemente ai giornalisti: «Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui». Eppure in molti raccontano che Agca «tormentò» il Papa per sapere da lui come avesse fatto a sopravvivere all'attentato. Per lui, infatti, in condizioni «normali», il Papa doveva morire. Dai 21 minuti trascorsi insieme, il Papa percepisce l'ossessione di Agca nel voler conoscere i particolari del Terzo segreto di Fatima. E vuole saperli proprio da Giovanni Paolo II, perché non riesce a spiegarsi come mai lui - che si riteneva un killer infallibile - abbia invece fallito il colpo. […]Lo aveva incontrato per «carità cristiana», raccontò una volta il Papa a Indro Montanelli. Ma dall'incontro tra il Papa e Agca non emersero novità fondamentali sulla matrice dell'attentato. In fondo si era trattato di un faccia a faccia di appena dieci minuti. Troppo poco, per ammissione dello stesso Pontefice, «per capire qualcosa di moventi e di fini che fanno certamente parte di un garbuglio… si dice così?… molto grosso». Inoltre Agca, che era di fede musulmana, ignorava che quel giorno ricorreva la festa della Madonna di Fatima: fu lo stesso Giovanni Paolo II a rivelarglielo nel corso del breve colloquio. L'unica cosa che emerse chiaramente fu il fatto che «Ali Agca era rimasto traumatizzato non dal fatto di avermi sparato, ma dal fatto di non essere riuscito, lui che come killer si considerava infallibile, a uccidermi. Era questo, mi creda, che lo sconvolgeva: il dover ammettere che c'era stato Qualcuno o Qualcosa che gli aveva mandato all'aria il colpo». […]Qualche anno più tardi, prima di morire, sarà lo stesso Giovanni Paolo II a scrivere nel suo ultimo libro che Agca «come tutti dicono è un assassino professionista. Questo vuol dire che l'attentato non fu un'iniziativa sua, che fu qualcun altro a idearlo, che qualcun altro lo aveva a lui commissionato. Durante tutto il colloquio apparve chiaro che Ali Agca continuava a domandarsi come mai l'attentato non gli era riuscito […], si chiedeva come stessero le cose con quel segreto di Fatima, in che cosa consistesse quel segreto».Ricevette il perdono quel giorno, Ali Agca, ma non chiese perdono. E questo lo testimoniò chiaramente monsignor Stanislao Dziwisz: era solo ossessionato da Fatima, e chiedeva, chiedeva ripetutamente informazioni al Papa.
L'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri Kaja Kallas (Ansa)
(Ansa)
Il Comando ha ringraziato i colleghi della Questura per il gesto e «la cortesia istituzionale dimostrata in questo tragico momento». A Gorizia invece un giovane di 20 anni ha reso omaggio ai caduti, deponendo un mazzo di fiori davanti all'ingresso della caserma. Il giovane ha spiegato di aver voluto compiere questo gesto per testimoniare gratitudine e rispetto. Negli ultimi giorni, rende noto il Comando isontino, sono giunti numerosi messaggi di cordoglio e attestazioni di affetto da parte di cittadini, associazioni e rappresentanti delle istituzioni.
Continua a leggereRiduci