2020-02-01
Il governo crea il panico sul virus però poi se la prende con Salvini
Stop ai voli per i due casi a Roma, il ministro parla di peste. Ma se gli italiani disertano i ristoranti cinesi sono razzisti fomentati dal leghista. Che a sua volta sbaglia bersaglio. 0,00000164 per cento. È la percentuale dei morti da contagio di coronavirus in Cina, dove gli abitanti sono 1.300.000, e i deceduti 213. È la realtà fotografata dai numeri, fredda come una fiala da laboratorio ma oggettiva e poco incline a suscitare panico. Il problema è che tutto questo in Italia non serve e non basta. Da noi più delle cifre contano le apprensioni, le raccomandazioni di mammà, quindi è già scattata la psicosi da epidemia letale, da peste manzoniana senza untori da perseguire per legge. Almeno per ora. Per il resto siamo già alla perversione, e nei quartieri Ztl delle grandi città la mascherina di Hermès rappresenta lo spartiacque fra il cittadino prudente e il beota che fa bungee jumping con la salute sua e della collettività. Ovviamente non è così, ma la via italiana alle emergenze è sempre la più tortuosa ed emotiva; periodicamente ci ritroviamo davanti alle nostre ossessioni, pronti a chiamare l'ambulanza. Per poi scoprire che ogni anno per la più banale delle influenze muoiono in media 400 persone e che nel periodo 2010-2013 fra Sars e Mers abbiamo buttato via 23 milioni di vaccini. L'allarmismo all'italiana, quello che fa girare alla larga dai quartieri cinesi, salutarsi senza stringersi la mano e stivare le dispense di latte a lunga conservazione (non si sa mai), è sorretto da due comportamenti. Sempre gli stessi, sempre da terzo mondo. Il primo è l'urlo mediatico che nell'intento di evitare il panico lo crea in modo esponenziale. Quindici pagine di giornale per poi teorizzare in un editoriale che non è il caso di preoccuparsi sono da squilibrati. La tv fa anche peggio invitando a ogni talk il guru Burioni, la cui sola presenza ormai evoca virus letali. Corrado Formigli assaggia in diretta un involtino primavera per mostrare che non è il caso di criminalizzare i ristoranti cinesi. E ottiene due effetti tranne quello voluto: aumenta l'audience su una psicosi (che tristezza) e lancia il messaggio subliminale che non c'è da fidarsi. Il secondo comportamento italian style è rappresentato dall'ambiguità dilettantesca del governo, che per una settimana tende a rassicurare sostenendo che non è successo niente, poi se ne esce con la frase: «Stiamo gestendo il virus come se fosse peste o colera». Lo spiega il ministro della Salute, il fine psicologo Roberto Speranza, che con una simile dichiarazione moltiplica l'angoscia. Il problema è la credibilità, che la maggioranza non è riuscita a guadagnare negli affari correnti, figuriamoci nelle emergenze. I comportamenti dell'esecutivo sono secondo abitudine sgangherati. Siamo riusciti a blindare per primi i voli diretti dalla Cina, ma non essendoci coordinati con il resto del mondo abbiamo tranquillamente fatto entrare i turisti arrivati via Singapore, Istanbul, Mosca. E mentre il premier decretava la chiusura degli aeroporti, cinque aerei provenienti da Hanghzou, Guanzhou e Chongqing sono atterrati a Fiumicino e alla Malpensa. Nessuna quarantena, il solito colabrodo. La colpa di tutto questo è stata ovviamente caricata sulle spalle di Matteo Salvini, ormai diventato parafulmine di inondazioni, terremoti, batteri assassini ed eclissi lunari. Il leader dell'opposizione un errore l'ha commesso: sottolineando che il governo avrebbe dovuto sigillare subito tutti i confini (terra, mare, aria, trafori sotterranei) ha continuato a moltiplicare l'ansia. Così siamo di nuovo nel marasma. Fossimo britannici dall'humor nero potremmo cavarcela con il motto «davanti a un'emergenza mi dirigo al cimitero lentamente per non creare panico». Poiché siamo italiani un po' spaventati al terzo starnuto e un po' no, la mettiamo sull'ironia da basso napoletano. Come quel Gennaro 'a Forcella che affitta il «cinese con la tosse» per far svuotare l'ufficio postale affollato, salire su un pullman vuoto, trovare posto al ristorante. Pagamento in contanti.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)