2022-12-16
Il governo continua a far pagare alle imprese l’eredità di Speranza
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Giancarlo Giorgetti annuncia che il payback sanitario non verrà abolito: ci sarà al massimo una «manutenzione». Per le aziende, già alle prese con il caro bollette, una tassa da 2 miliardi che aumenta il rischio di fallimenti.Sul payback nel settore sanitario «è previsto che entro oggi siano emanati dalle Regioni i provvedimenti che individuano l’onere a carico di ciascuna azienda fornitrice, che dovrà versare la quota a proprio carico alla Regione entro i successivi 30 giorni. La normativa assicura agli enti territoriali risorse pari a 2.100 milioni, consentendo l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e preservando gli equilibri dei bilanci regionali, al fine di scongiurare l’applicazione delle sanzioni, compreso l’incremento per le Regioni interessate delle aliquote Irap e dell’addizionale regionale all’Irpef. Il governo si riserva, per il futuro, un’eventuale manutenzione della normativa in essere, ferma restando la necessità di garantire comunque i livelli essenziali di assistenza. Il governo garantisce la massima attenzione in merito al settore dei dispositivi medici». Tutte queste dichiarazioni sono state fatte dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante il question time di mercoledì scorso. E sono dichiarazioni preoccupanti. Soprattutto per quella parola citata dal ministro nel corso della sua risposta nell’aula di Montecitorio: manutenzione. In sostanza, il ministro - e dunque il governo Meloni - sembra voler arrendersi all’eredità lasciata dal suo predecessore Daniele Franco e dall’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, che ai primi di agosto avevano deciso di tappare gli extra costi della pandemia o semplicemente le altre spese sanitarie in carico alle Regioni scaricando a posteriori gli oneri sulle aziende che forniscono le Asl o gli ospedali di tutti i dispositivi sanitari. Da lì, la scelta incostituzionale di applicare un «payback» alle imprese è stata infilata nel decreto Aiuti bis in totale scontro con le norme civilistiche che tengono in piedi i bilanci. Parliamo di un costo - pardon, tassa - di 2 miliardi di euro per le aziende del settore. Mica noccioline. Un prelievo forzoso con cui si impone ai fornitori della Pa di concorrere a ritroso a eventuali inefficienze dello Stato o delle Regioni. Giorgetti alza le mani e parla di una «eventuale manutenzione» della normativa ormai in essere ma nel frattempo alcune aziende rischiano di fallire facendo saltare anche i servizi in un circolo vizioso che non solo non risolve i problemi ma ne aggiunge altri. A settembre La Verità aveva intervistato Andrea Gozzi, vicepresidente di Assosistema, l’associazione che riunisce i servizi integrati di noleggio, lavaggio e sterilizzazione di materiali tessili e dispositivi medici. Un settore che, nella tempesta pandemica, non si è mai fermato. Ma che con le bollette di gas e luce schizzate alle stelle - era l’allarme lanciato da Gozzi - rischia di collassare per colpa del profondo squilibrio dovuto ad alcune tipicità del mercato delle lavanderie industriali che dipende quasi totalmente dai contratti in essere con strutture sanitarie pubbliche, aggiudicati in momenti in cui i costi energetici erano decisamente più bassi, e per i quali non è prevista alcuna indicizzazione relativa alle commodity. Il comparto non può rinegoziare i contratti pubblici con una rivalutazione dei prezzi e non può mettere in cassa integrazione i dipendenti perché svolge un servizio essenziale per la pubblica utilità e creerebbe uno squilibrio che potrebbe portare a una riduzione dei servizi verso il sistema sanitario di circa il 50%. Il rischio è quello di non riuscire a garantire materiali tessili, lenzuola, camici, per non parlare degli strumentari chirurgici per gli interventi, forniti dalle aziende come Servizi Italia. Adesso al razionamento si aggiunge la «tassa» del payback per i dispositivi biomedicali che ricade anche sulle spalle della categoria rappresentata da Gozzi. A queste aziende, celebrate ai tempi del Covid, non viene data la possibilità di organizzarsi, viene imposta una tassa retroattiva sul fatturato e sarà negata la possibilità di sfilarsi da contratti diventati un mero costo. Così saltano le regole di bilancio e la liquidità. Non solo. Un’azienda che opera in Lombardia pagherà meno di una omologa che opera in Toscana. Per il semplice fatto che la prima Regione è più virtuosa. Proprio ieri Giovanni Galli, consigliere regionale della Lega in Toscana e membro della commissione regionale Sanità ha sottolineato in una nota che «visto il deficit sanitario di 500 milioni il presidente Eugenio Giani è particolarmente allarmato dal fatto che i circa 400 milioni come rimborso sui dispositivi medici siano messi in forte dubbio da parte delle aziende interessate». Lo stesso Giani, però, evita di dire che la fetta richiesta dalla Toscana è, in proporzione, molto elevata rispetto al totale da ristorare tra tutte le Regioni e che ci risulterebbe essere poco superiore ai 2 miliardi di euro. Come mai - chiede dunque Galli - «si devono richiedere tutti questi soldi?».
La sede della Corta penale internazionale dell’Aia (Ansa)