2023-05-16
Il Giro piomba nel delirio Covid. La maglia rosa (sana) si ritira. E torna l’obbligo di mascherina
Remco Evenepoel (Getty Images)
Remco Evenepoel sta benissimo, ma ha fatto un test (non necessario) ed è risultato positivo. Il suo team lo fa ritirare e l’organizzazione della corsa reintroduce addirittura i bavagli. Ormai l’emergenza vera è di tipo psichiatrico.C’è una gravissima emergenza sanitaria di cui qualche autorità - se ancora ve ne fossero di lucide - dovrebbe immediatamente farsi carico onde evitare un drastico peggioramento e la discesa nell’abisso. Si tratta, purtroppo, di un triste fenomeno che rientra nel novero dei disturbi mentali, e che deriva senza alcun dubbio dalla devastante pressione psicologica a cui i popoli sono stati sottoposti in questi anni di ossessione virologica. Non ci piace tirare in ballo la psicopatologia, ma non esiste altra spiegazione per ciò che è avvenuto in questi giorni al Giro d’Italia. Ieri i corridori erano fermi a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, per il turno di riposo e nel giro di poche ore si sono succedute due notizie semplicemente allucinanti. La prima riguarda Remco Evenepoel, non esattamente uno sportivo di secondo piano: vinta la cronometro di Cesena, aveva riconquistato la maglia rosa, ma ha dovuto ritirarsi dalla competizione. Forse si è infortunato cadendo dalla bicicletta in stile Joe Biden? Ovviamente no. Magari allora lo hanno fermato per doping, evento stereotipato ma non certo rarissimo? Nemmeno quello, qui non ci sono di mezzo farmaci illegali. Il fatto è che il malcapitato ciclista è stato trovato positivo al Covid dopo un test. Giova ripeterlo perché non ci si crede. Passata la metà di maggio del 2023, quando pure l’Oms ha dichiarato finita la pandemia, un atleta di primo piano che eccelle in una delle competizioni ciclistiche più importanti del mondo deve mollare tutto per via del coronavirus. Sembra una barzelletta, e in effetti lo è anche se si tratta di fatti realmente accaduti. Il tutto risulta ancora più lisergico se si esamina il dettaglio della questione. Come ricordava ieri l’Ansa, «né da parte dell’organizzazione né dell’Unione ciclistica internazionale esistono protocolli Covid, la decisione di fermare ciclisti positivi è interamente in capo alle squadre che non hanno obblighi». Per essere ancora più precisi: «Le squadre presenti al Giro d’Italia prevedono, nei loro protocolli interni, test periodici a tappeto sui corridori per vedere se sono positivi al Covid, a prescindere dai sintomi. [...] In pratica ogni squadra testa periodicamente tutti gli atleti, ma non ha obblighi di nessun tipo, nemmeno relativi alla comunicazione: è lo staff sanitario che decide in autonomia come e quando fare i test e se fermare i corridori che dovessero risultare positivi, come successo a Evenepoel ieri, ma come capitato nei giorni scorsi anche a Filippo Ganna della Ineos, a Giovanni Aleotti (Bora) e Nicola Conci (Alpecin)».Ora, se esistessero ancora assurdi regolamenti calati dall’alto, si potrebbe dare la colpa alla burocrazia o a qualche troppo zelante organizzatore ancora preda del sanitariamente corretto (e ce ne sono, come vedremo fra poco). Qui, però, abbiamo qualcosa di peggio. Abbiamo singole società che - a dispetto della realtà e contrariamente a ogni evidenzia scientifica - scelgono di effettuare test inutili e di danneggiare i propri atleti al solo scopo di... Beh, è difficile persino dire quale sia lo scopo, se non appunto quello di assecondare una perversione o aggrapparsi a una stravagante forma di superstizione. In ogni caso, si tratta senza ombra di dubbio di manifestazioni patologiche che non soltanto danneggiano la competizione e chi vi partecipa, ma mandano in aggiunta un pessimo messaggio alla popolazione, facendo credere che esista ancora qualche forma di rischio legato alla pandemia. Certo, la gran parte dei cittadini ha ormai preso le misure al delirio medicalizzante, ma esistono ancora persone sensibili. E, soprattutto, si comprende quanto sia ancora pericolosa la morsa della tirannia virale: in un lampo, la follia può ricominciare. Certo, a tutto - impegnandosi - si trova una giustificazione. In questo frangente è sempre l’Ansa a fornirla: «Una decisione di questo tipo è puramente sanitaria: il medico della squadra ha motivi di ritenere che, anche se il corridore positivo è asintomatico, sottoporlo a un impegno fisico così logorante come correre il Giro d’Italia da positivo al virus possa rappresentare un rischio che è più prudente non correre». Già: meglio non correre da positivi, apparentemente è una mossa sensata. Ma secondo voi quattro anni fa un corridore che avesse appena riconquistato la maglia rosa si sarebbe ritirato per una influenza o un raffreddamento? E sorvoliamo per pudore sulle sostanze di ogni tipo che spesso vengono trovate nel corpo dei ciclisti, ben più dannose per la salute. Con tutta evidenza, qui si tratta di perversione, e dell’idea che il Covid sia una minaccia mortale: falsa convinzione che anni di propaganda sono riusciti a inculcare nel cervello di troppi.Come dicevamo, anche i vertici del Giro hanno voluto pagare dazio alla psicosi. Subito dopo la notizia del ritiro di Evenepoel, l’organizzazione della gara ha «deciso di reintrodurre l’obbligo delle mascherine nelle aree in cui i corridori entrano a contatto con altre persone». Una follia quasi peggiore della precedente: le coperture facciali non sono più obbligatorie, non si usano più da nessuna parte (o quasi) ma i tifosi che andranno a vedere il Giro dovranno imbavagliarsi. Di nuovo, si tratta di una misura inutile e financo dannosa, ma poiché sono stati di nuovo evocati i positivi e i contagi occorre riprendere con le parodie di rito sciamanico. Tanto varrebbe dotare il pubblico di zampe di coniglio o cornetti napoletani, sicuramente più efficaci. A questo punto, emerge una certezza: per fare finire il Covid non serve la dichiarazione dell’Oms, ma l’intervento dell’associazione esorcisti.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)