2021-08-03
Il ddl Zan fatto a pezzi dall’attivista trans. «Non si possono dare ormoni ai ragazzini»
Da oggi in edicola il nostro libro sul folle «regime del gender» I cui disastri sono svelati persino da chi ha cambiato sessoA partire da oggi sarà acquistabile in edicola - assieme alla Verità e a Panorama - un libro intitolato Il regime del gender. Contiene un robusto testo di Maurizio Belpietro e una lunga inchiesta su quello che chiamiamo «l’arcipelago gender», cioè l’insieme delle teorie, dei movimenti e delle tendenze culturali che negli ultimi anni stanno cercando di scardinare l’essere umano così come lo conosciamo. Perché «regime del gender»? Il motivo è, purtroppo, piuttosto semplice: da quando l’ideologia arcobaleno si è imposta a livello politico e mediatico, è diventato estremamente difficile contrastarla. Chi ci prova viene boicottato, ghettizzato, tacciato di razzismo, intolleranza e omofobia. Tale spinta alla censura culmina nel ddl Zan, che se fosse approvato di fatto impedirebbe di esprimersi a chiunque fosse accusato di omofobia e transfobia. Il problema è che oggi viene trattato da omofobo chiunque si discosti anche solo un poco dal discorso dominante (cioè quello gradito alle associazioni Lgbt). Se credete che stiamo esagerando dovreste dare un’occhiata alle numerose storie che riportiamo ne Il regime del gender, riguardanti psicologi, artisti, giornalisti e scrittori i quali, in un modo o nell’altro, hanno dovuto fare i conti con la mordacchia. Il punto, però, è che criticare l’ideologia arcobaleno non significa affatto «odiare gli omosessuali o i transessuali» o volerli ghettizzare. Si possono tranquillamente rispettare le persone gay e trans e, contemporaneamente, opporsi all’idea che - in nome della fluidità di genere - vada cancellata la differenza tra i sessi. Insomma: è pura propaganda veicolare l’idea che chi si oppone al «regime gender» sia omofobo. A dimostrarlo è la testimonianza di Neviana Calzolari, che si definisce «trans male to female (da uomo a donna)» ed è sociologa e scrittrice. Parlando con la rivista Micromega, ha sbriciolato uno dopo l’altro i luoghi comuni veicolati da gran parte delle associazioni gay e trans oltre che dai fan sfegatati del ddl Zan. Dalla sua posizione - che è comprensibilmente diversa dalla nostra - Calzolari dimostra grandissimo coraggio nell’andare contro l’opinione prevalente. «Negli ultimi decenni», scrive, «il transfemminismo ha cercato di rimuovere le differenze tra donne biologiche e donne transessuali. Le differenze invece esistono e non vanno negate, perché fanno comunque parte di un bagaglio biologico ed esistenziale. A parte i rari casi di intersessualità e di ermafroditismo, esiste un dimorfismo sessuale irriducibile, per cui capita di nascere maschi o femmine». A suo dire, il transfemminismo è «una risposta sbagliata ai complessi di inferiorità delle donne transessuali, frustrate dall’impossibilità di essere assimilate completamente al sesso d’elezione». Se a sostenere tesi del genere fosse un sociologo o un intellettuale «di destra», immediamente verrebbe accusato di essere un perfido odiatore. E non è da escludere che perfino Neviana Calzolari subisca prossimamente questo genere di trattamento (ci auguriamo di no). In ogni caso, la sua analisi è di una lucidità e di una onestà intellettuale impressionanti. La difesa della differenza sessuale, ad esempio, si traduce in affermazioni di questo tipo: «Se sei una persona transgender e ti identifichi come donna senza mai aver affrontato alcun tipo di cambiamento fisico e sessuale concreto, non puoi essere collocata in uno spazio riservato alle donne». Secondo Calzolari, è giusto che si valuti la possibilità di far partecipare le trans alle competizioni sportive, ma bisognerebbe decidere caso per caso: «Negli sport di potenza, ad esempio, dove conta la forza muscolare, non ci può essere una competizione alla pari». La sociologa arriva a opporsi alla cosiddetta «identità di genere», che tanto ha fatto discutere relativamente al ddl Zan. «Se i transgender non medicalizzati si vogliono definire uomini anche se sono fisicamente donne e viceversa», scrive, «lo facciano pure, ma resta il fatto che il loro sesso fisico non cambia, ed è questo quello che conta, anche se loro si fantasticano come appartenenti all’altro sesso. [...] Se uno si vuole definire soggettivamente più affine al genere femminile anche se è nato uomo, e viceversa, faccia pure, ma è delirante chiedere che questo abbia rilevanza pubblica e legale». Calzolari compie un’operazione importante: riporta il corpo al centro del discorso, e tiene ben separati i concetti di sesso e genere. Ecco perché si dice contraria alla somministrazione di bloccanti per la pubertà ai minorenni. «Se prendi una decisione prima della pubertà, quando il tuo corpo non si è ancora sviluppato, l’unico criterio di riferimento che puoi avere per decidere una transizione è quello degli stereotipi, delle fantasie di genere. [...] Chi aspira a un corpo diverso, può avere la certezza di volerlo cambiare solo quando ha scoperto come si è trasformato». In sostanza: prima di prendere farmaci e decisioni sul cambiamento di sesso, bisogna «aver toccato con mano che cosa diventa il tuo corpo da adulto». Calzolari si oppone alla manipolazione della lingua, all’uso di asterischi e altre amenità come lo schwa tanto caro a Michela Murgia. Rifiuta anche l’idea che della transessualità si debba parlare a scuola «solo quando la pubertà è già avvenuta» perché «non c’è bisogno di esperti per interrogarsi sul mistero della propria identità sessuale». Viene da chiedersi come mai posizioni così interessanti e intelligenti non abbiano finora trovato grande spazio nel dibattito pubblico. Il motivo lo svela la stessa Calzolari: «Il ddl Zan ha anche questo limite: nasce su istanza di associazioni come Arcigay, Movimento identità trans e altre associazioni T, e non è stato oggetto di elaborazione politica. Zan si è comportato sostanzialmente come un passacarte. Il suo ddl sarebbe utile se venisse declinato specificamente rispetto a ciò per cui doveva essere predisposto: omofobia e transfobia». Su quest’ultimo punto non concordiamo con Calzolari, tuttavia siamo convinti che se a persone come lei fosse concesso più spazio, il dibattito sui temi arcobaleno sarebbe più sereno, e soprattutto più serio. Ma purtroppo il regime del gender non lo consente.