
Proposta di Federico Carli: saggi di destra e sinistra guidati da una figura come l'ex Bce.A chi affidare la regia italiana dei soldi che arriveranno dall'Europa all'Italia, fra prestiti e contributi a fondo perduto, con il Recovery fund? Chi terrà i cordoni della borsa controllando come verranno spesi? Giuseppe Conte ha già la risposta: le strutture del suo governo. E non sembra voler valutare altre opzioni, nemmeno quella più trasversale di tutti. Che arriva dall'Associazione Guido Carli e dalla Fondazione Ugo La Malfa: un comitato di saggi bipartisan per gestire la «ricostruzione» guidato da un commissario «con una forte reputazione internazionale, in grado di interloquire da pari a pari con Bruxelles e Francoforte», spiega alla Verità Federico Carli, presidente dell'Associazione Guido Carli e nipote dell'ex governatore della Banca d'Italia. Aggiungendo che «Mario Draghi potrebbe essere uno dei candidati a ricoprire questo ruolo, ma non è l'unico». La proposta è stata annunciata pubblicamente con un intervento apparso venerdì scorso sulle pagine del Sole 24 Ore. Da Roma, però, fingono di non sentire. Anzi. «Gli ambienti che per ora hanno reagito peggio sono proprio quelli legati alla maggioranza e vicini al partito che è più abituato a usare fondi e spese attraverso le attuali strutture. Commettendo un grosso errore di valutazione perché da questa proposta c'è da guadagnare sia per il Paese sia per la politica». In cosa consiste il progetto? II caposaldo è l'istituzione di un commissariato che avrà durata temporale limitata, legata a quella del Next generation Eu, proporrà al Consiglio dei ministri una ripartizione settoriale dei fondi per la ripresa e l'adozione dei necessari criteri di valutazione dei progetti. Questo schema dovrà essere sottoposto al Parlamento nelle forme che verranno definite e, una volta approvato, affidato al commissario per la sua realizzazione. Il commissario avrà la responsabilità della realizzazione del piano nei tempi prefissati e dovrà definire l'adozione di criteri rigorosi di analisi dei costi e dei benefici. Non solo. L'attività del commissario sarà sottoposta al controllo di una commissione composta da nove membri, otto dei quali designati pariteticamente dai gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione e il nono, che la presiederà, dal presidente della Repubblica. «L'obiettivo», aggiunge Carli, «è accelerare l'arrivo dei fondi perché quelli che riceverebbe l'Italia nel 2021 potrebbero non essere sufficienti o giungere troppo lentamente per far fronte ai danni subìti dalla crisi sanitaria. E in ogni caso questi fondi bisogna saperli spendere. Le strutture esistenti non riuscirebbero a fare questo sforzo di ulteriore negoziazione con l'Europa. Ecco perché serve un commissario capace di mettere in campo opere funzionali al sostegno della domanda e al rilancio del settore privato dell'economia del Paese. Fare un programma e rendicontarlo, effettuare spese ad alto moltiplicatore che producano una crescita progressiva del Pil che vada ad assorbire il debito. Per evitare sia lo Stato puramente assistenziale, con una deriva sudamericana, sia lo Stato imprenditore. Tanto che stiamo pensando di istituire un osservatorio sulla spesa pubblica». Non si tratta dunque dell'ennesima task force - strumento considerato spesso utile solo a diluire le responsabilità in caso di insuccesso - perché l'organo pensato da Carli e La Malfa non è consultivo, ma esecutivo. Ecco perché la politica si sente esautorata. Non a caso, mentre Forza Italia ha presentato ieri alla Camera una proposta di legge per istituire una commissione parlamentare che dovrebbe essere composta da 15 deputati e 15 senatori, Conte vuole affidare la regia dei fondi al Ciae, il Comitato interministeriale per gli affari europei istituito nel 2015. Ovvero un coordinamento tra Palazzo Chigi, ministeri ed enti locali per accontentare un po' tutti. Ma l'ultima parola spetterà comunque al presidente del Ciae. Ovvero a Conte.
Ansa
Centinaia di tank israeliani pronti a invadere la Striscia. Paesi islamici coesi contro il raid ebraico in Qatar. Oggi Marco Rubio a Doha.
iStock
Considerato un superfood, questo seme (e l’olio che se ne ricava) combatte trigliceridi, colesterolo e ipertensione. E in menopausa aiuta a contrastare l’osteoporosi. Accertatevi però di non essere allergici.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
Continua a leggereRiduci