2020-01-08
I volponi del deserto
Dopo le cantonate di Giuseppe Conte, tocca a Luigi Di Maio e Paolo Gentiloni sparare le proprie cartucce sulla Libia: curiosamente, benché non sia più al governo da mesi, entrambi incolpano Matteo Salvini. Ma la cosa veramente grave è che oltre a ciò non hanno saputo dire nulla.Secondo voi di chi è la colpa se in Libia si scannano e rischiamo di avere la guerra alla porta di casa? Ma di Matteo Salvini, naturalmente. L'ex ministro dell'Interno, quando stava al Viminale, cioè cinque mesi fa, «avocò totalmente a sé il dossier libico, puntando solo sull'immigrazione per farne un tema da campagna elettorale. Una scelta del tutto sbagliata». Chiaro, no? E Giuseppe Conte, quello che nel governo Lega-5 stelle faceva il premier e diceva di coltivare buoni rapporti con mezzo mondo, dov'era? «Il presidente del Consiglio ha lavorato sulla Libia, per esempio con la conferenza di Palermo». Senza risultati però, si obietta. Sì, ma è sempre colpa di Salvini. Le perle virgolettate sono tratte da un'intervista concessa ieri dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, al Fatto Quotidiano. Il capo politico dei grillini era con la valigia in mano, pronto per un tour delle capitali che si affacciano sul Mediterraneo, ma nonostante l'ora più buia si è concesso alle domande del giornalista del quotidiano di Marco Travaglio, senza tirarsi indietro quando c'era da attaccare. Ovviamente sempre il capo della Lega, non i guerreggianti di Tripoli. «Salvini non può dare lezioni sulla Libia, perché», la ripetizione del concetto è dell'uomo che guida la Farnesina e non nostra, «la sua unica preoccupazione era non far venire qui i migranti». Va bene, abbiamo capito. A Sirte si spara a causa degli errori dell'ex ministro dell'Interno. Il generale Haftar avanza su Misurata per colpa dell'ex numero uno del Viminale. A Tripoli piovono bombe sulla scuola militare per colpa di Salvini.Che il ministro degli Esteri fino a cinque mesi fa fosse un tizio voluto da Sergio Mattarella, cioè uno votato alla diplomazia del silenzio, non conta. Né conta il fatto che il ministro della Difesa fosse Elisabetta Trenta, ossia una signora più esperta nel difendere la casa affidatale dall'esercito che quella comune degli italiani. Che da settembre a oggi alla Farnesina ci sia Di Maio, cioè uno impegnato sul fronte della guerra interna al Movimento 5 stelle più che su quello libico, è un dettaglio. Il ministro degli Esteri sarebbe dovuto partire per Tripoli per una missione della Ue, ma il viaggio è stato fermato dalle bombe. È un problema? Assolutamente no, risponde Di Maio, perché l'incontro tra Al Sarraj e Haftar si può fare anche in un'altra sede. Insomma, la missione di pace va avanti. Sì, ma dove? Se non sarà possibile in Libia, la faremo altrove. Nel frattempo, Di Maio parla con tutti, invita il ministro turco in Italia, va a trovare quello egiziano, fa un salto ad Algeri e Tunisi e va a cena con l'alto rappresentante della politica estera dell'Unione, Joseph Borrell. Il capo della Farnesina non si può dire che non si dia da fare o che, come ha insinuato qualcuno, mentre a Tripoli bombardavano se ne stesse in vacanza. Nonostante fosse a Madrid, la mattina del 3 gennaio, «alle otto, appena scoppiata l'emergenza, lavoravo al telefono». Eh già, sono giorni di consultazioni intense, spiega Di Maio. «Da due settimane sentiamo tutte le diplomazie europee». E dunque, viene da chiedersi, che si fa con questa guerra sull'uscio e il rischio di decine di migliaia di persone che dalle coste libiche si riversano sui nostri porti? «Dobbiamo credere a oltranza nella soluzione diplomatica, perché la guerra porta guerra, e l'unica soluzione è il cessate il fuoco».Ma il capo politico dei 5 stelle non è l'unico volpone del deserto. Dopo la discesa in campo di Giuseppe Conte, il Rommel di Palazzo Chigi che proprio con un'intervista a Repubblica è riuscito a proporre una missione europea a Bagdad proprio mentre l'Europa la escludeva, ecco arrivare l'intervento di Paolo Gentiloni, sempre per il quotidiano che un tempo fu di Carlo De Benedetti e ora è alla corte degli Agnelli. Il titolo non è il massimo per uno che è soprannominato, per la velocità con cui si muove, «Er moviola»: «Europa, svegliati». Anche per il commissario europeo la colpa di quel che sta accadendo in Libia è di Matteo Salvini. Non importa che questi fosse il ministro degli Interni e non degli Esteri e neppure che il presidente del Consiglio fosse lo stesso di adesso. La responsabilità di quel che sta succedendo a Tripoli rimane del capo della Lega, che non ha messo in campo «le necessarie politiche per stabilizzare la Libia». E il nuovo governo di cui fanno parte anche i compagni di Gentiloni? L'esecutivo «purtroppo ha subito questa eredità negativa e oggi lavora in un contesto deteriorato». Insomma, c'è un prima in cui tutto funzionava a meraviglia, quando a Palazzo Chigi c'era lo stesso Gentiloni, e un dopo, quando tutto per colpa di Salvini è stato rovinato. Quindi c'è un poi, quando il ministro è uscito di scena, ma le responsabilità di questi mesi continuano a essere sue. Va bene, abbiamo capito, la guerra l'ha scatenata il capo leghista, perché prima c'era quella che Gentiloni chiama «la non guerra», che non è la pace, ma una guerra appena appena.Ma Salvini a parte, adesso che si fa? L'ex presidente del Consiglio a questo proposito ha le idee chiarissime: «Dobbiamo usare al meglio tutte le carte di cui disponiamo». Sì, d'accordo, ma in concreto? «L'ambizione della nuova Commissione europea è decisiva per evitare di trovarsi di fronte a fatti compiuti». Chiaro, no? Ma Gentilone l'Africano ha anche da dire sull'eliminazione del generale Soleimani. L'Europa non doveva protestare con più forza per il raid americano? Risposta: «Più che fare gli osservatori che giudicano le scelte altrui, dovremo metterci in condizioni di fare le nostre scelte». Il messaggio è netto: l'Europa si deve svegliare. Quanto a Conte, Di Maio e Gentiloni, possono tornare a dormire.
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