2019-02-26
I pastori hanno preso a testate i sogni della sinistra
In Sardegna doveva essere un testa a testa tra il candidato di centrodestra e quello di centrosinistra. Così almeno avevano titolato ieri i principali quotidiani, fidandosi degli exit poll e soprattutto dell'infallibile fiuto dei propri cronisti, noti segugi in grado di annusare ogni svolta politica. Ma tra Christian Solinas e Massimo Zedda, più che un testa a testa, c'è stata una testata del secondo dei due, il quale nonostante il favore dei giornali si è fermato al 33 per cento, 14 punti dietro il suo avversario. La rimonta del sindaco di Cagliari, il comunista che nella sua campagna elettorale non aveva voluto circondarsi di post comunisti, soprattutto se provenienti dal continente (alla larga Martina, neanche a parlarne di Zingaretti, foglio di via per Renzi), alla fine c'è stata solo nei reportage degli inviati. Tra tutti ieri spiccava l'editoriale del Corriere della Sera vergato da Paolo Mieli, il quale, commentando un risultato che non c'era, ma che presumeva sulla base dei sondaggi e soprattutto dei propri desideri, ne ricavava «l'impressione che il Pd, il quale sta vivendo uno degli anni più travagliati della propria storia (e anche di quelli precedenti alla nascita del partito stesso) dia segni di una tonicità fino a poco tempo fa neanche immaginabile». Non sappiamo dove l'ex direttore del quotidiano di via Solferino abbia scorto segni di tonicità del Pd. Se nelle comparsate televisive del fu segretario del partito o se in quelle fatte nel tentativo di arginarlo da colui che aspira a succedergli con le primarie. Sta di fatto che né Renzi né Zingaretti sembrano aver avuto alcun influsso positivo sul voto in Sardegna. Già, perché dietro la sconfitta di Zedda, il candidato che cercava di far dimenticare quali partiti lo sostenessero, c'è uno sconfortante risultato del Pd, che non è riuscito neppure a replicare il risultato del 4 marzo dello scorso anno. Quella che secondo i commentatori alla Mieli è una svolta, ossia «la prova vivente che quantomeno nel febbraio del 2019 qualcosa nella sinistra italiana ha cominciato a dar segni di vita», si rivela essere un risultato che balla intorno al 13 per cento. In totale siamo a un punto in meno del già pessimo bottino di voti incassati undici mesi fa, segno evidente che «quel piccolo puntino all'orizzonte» intravisto dall'esperto collega di via Solferino rimane un buco nero che inghiotte il consenso del Pd. Altro che sperabile rimonta, sulla base della quale è consentito intravedere la possibilità che alle prossime elezioni il partito che fu di Renzi e che vorrebbe essere di Zingaretti possa sfiorare il 20 per cento. Al momento, la traversata nel deserto dei democratici non permette di scorgere non diciamo la fine, ma neppure un'oasi di ristoro.Le speranze di Mieli non sono le sole a essersi schiantate ieri contro le percentuali vere e non quelle percepite. Insieme all'editorialista si sono spinti a prefigurare un successo che non c'era anche molti altri, a cominciare dal segretario autoreggente del Pd. Prima ancora che si conoscessero i risultati, ospite di Radio Popolare, Maurizio Martina in vista delle prossime elezioni europee già immaginava di riprodurre lo schema di gioco imposto da Zedda in tutta Italia. «Bisogna lavorare sulle coalizioni», suggeriva. E già che c'era ci infilava pure Carlo Calenda, che pur non avendo un gran numero di elettori è un po' come il prezzemolo, lo puoi mettere ovunque che non dà sapore. Enrico Rossi, governatore della Toscana, ha invece affidato le sue massime a Facebook, scrivendo che «a sinistra c'è vita». Per fare un po' di battage alla formazione politica fondata in compagnia di Piero Grasso e Pier Luigi Bersani, ossia a Leu, un oggetto oscuro ormai scomparso dai radar, il presidente toscano si è lasciato andare a una previsione prima ancora che fossero noti i dati. Risultato: secondo lui «una coalizione democratica e plurale e spostata, con Zedda, verso un profilo politico e culturale più a sinistra, sfida la destra e punta a vincere». Che il Pd sia passato dal 22 per cento di cinque anni fa al 13 attuale e il 5,9 di Sel sia scomparso, evidentemente Rossi lo considera un successo. Al punto da scrivere che la «sinistra può battere i nazionalpopulisti». Certo, come no. Nel 2014 i compagni presero il 42 per cento, oggi il 33: c'è da festeggiare. La faccenda ovviamente si commenta da sola. Forse qualcuno, vedendo i pastori sardi, riteneva che fossero pecoroni e votassero in massa per l'opposizione. Oppure qualcuno ha confuso i sardi con i sordi. Tranquilli, anche se stanno un po' lontano da Roma ci sentono benissimo e soprattutto ricordano le molte promesse mancate di chi ha governato negli ultimi anni.