2022-10-30
I fan dei diktat vogliono i premi all’ubbidienza
Ora che obblighi e restrizioni sono al capolinea, Antonella Viola ammette che le scelte sulla pandemia sono politiche. I più nostalgici, invece, frignano e invocano il diritto di star lontano dai non vaccinati. Pretendendo pure una ricompensa per la sudditanza dimostrata.Non è mai stata la scienza a guidare la gestione della pandemia. Mai, nemmeno per un istante. È sempre stata la politica, che ha usato la scienza come scudo, e troppo spesso ha scaricato sugli esperti, veri e presunti, le proprie responsabilità. Allo stesso tempo, gli esperti in questione hanno abdicato al ruolo, e hanno messo da parte la scienza per piegarsi alle necessità della politica, talvolta per convinzione ma più di frequente per interesse. Che sia andata così lo dimostra il fiume di dichiarazioni lette all’indomani dell’annuncio del nuovo ministro della Salute, Orazio Schillaci, sulla fine - per altro graduale e forse persino tardiva - delle restrizioni e degli obblighi vaccinali.Lo spettacolo a cui ci è toccato assistere nelle scorse ore ricorda un po’ il disperato brulichio che si nota negli apparati di potere nel momento in cui viene sancita la fine di un regime. C’è chi trita documenti, chi s’affanna a cancellare le tracce, chi grida di aver soltanto obbedito agli ordini, chi rivendica le proprie scelte (comprese quelle più terribili) e spera in un soccorso esterno che salvi il salvabile.Resta che tutti, senza eccezione, concordano su un punto, esplicitato da Antonella Viola in un editoriale sulla Stampa: «La scelta del reintegro anticipato dei sanitari no vax è politica e come tale va letta: entrano in gioco problemi di carenza di personale, così come il tentativo di andare verso una pacificazione che il Paese merita». Affermazione condivisibile, ovviamente, ma fonte vagamente sospetta. La stessa Viola che ora invoca la pacificazione non ha esitato ad appoggiare le restrizioni sanitarie, comprese quelle più violente, e nelle rare occasioni in cui ha espresso un parere differente le risposte minacciose che ha ottenuto pare l’abbiano ricondotta subito sulla strada giusta dell’obbedienza. A quanto risulta, però, per la dottoressa è politica la decisione di far terminare l’emergenza, ma non è stata politica la scelta di farla iniziare e non sono state politiche tutte le decisioni prese negli anni della pandemia. «Per la sua natura concreta e razionale», scrive la studiosa, «la scienza deve essere la guida durante una pandemia, l’unico strumento di navigazione su cui possiamo fare affidamento. Per nostra fortuna […] l’ex ministro Speranza questo lo sapeva bene e, pur non avendo una formazione biomedica, si è affidato alla comunità di esperti per prendere decisioni difficili, spesso impopolari, ma nel complesso razionali e giustificate dai dati». Come no. Peccato che chiunque non fornisse opinioni corrispondenti alla linea del ministero sia stato estromesso dalla succitata «comunità di esperti», che i dati siano stati nascosti o manipolati, che la razionalità sia stata completamente soppiantata dall’emotività utile al controllo. A dimostrarlo è proprio ciò che la Viola scrive, in particolare quando afferma che «io non vorrei essere curata da un medico no vax, che non conosce la medicina e che quindi potrebbe fare sulla mia pelle molte scelte sbagliate». Ecco, se l’intero pasticcio pandemico non fosse stato figlio dell’ideologia, la Viola avrebbe evitato un commento del genere, che la espone al ridicolo e al giustificato risentimento del lettore. Quante persone, a differenza di lei, hanno pagato sulla propria pelle le scelte sbagliate dei medici negli ultimi due anni, ad esempio perdendo il lavoro senza motivo? Dignità richiederebbe silenzio. Sulla stessa linea di pensiero si collocano altri nostalgici del regime sanitario come Marcello Sorgi, uno che si era spinto a invocare un «governo militare» in caso di crollo dell’esecutivo Draghi. Sempre sulla Stampa, egli ha richiesto l’obolo che spetta all’obbediente membro del partito medico. «Ammesso e non concesso che i no vax abbiano subito un’emarginazione ingiustificata, o non sempre giustificata», ha scritto, «resta da capire che cosa intenda fare il governo per coloro che hanno fatto regolarmente tutte le dosi di vaccino, magari riprendendosi anche il virus, seppure in forma lieve, e rivendichino il loro diritto a non entrare in contatto con chi il vaccino non l’ha fatto, l’ha rifiutato e trasformato il proprio rifiuto in un caso politico».Sorgi accusa i non vaccinati di aver politicizzato la pandemia. Dimentica, o ignora, che la pandemia è per definizione politica, perché appunto riguarda il demos e va gestita in qualche modo dai suoi rappresentanti. E infatti egli va cercando dal governo una qualche forma di premio per il buon servizio reso alla causa. Se di mezzo non ci fosse l’ideologia, egli non chiederebbe di essere tenuto a distanza dai non vaccinati: saprebbe che non v’è alcuna differenza. Invece è il primo a chiedere ulteriori discriminazioni, altri marchi d’infamia. Un po’ come ha fatto il giornalista Rai Giancarlo Loquenzi, che su Twitter ha scritto: «Reintegrate pure i sanitari sospesi perché contrari al vaccino ma, per favore, chiedete loro di indossare una spilletta “no-vax”». O ancora il suo collega Andrea Vianello secondo cui «reintegrare i medici no vax sarebbe offensivo verso il periodo terribile che abbiamo vissuto e distruggere con un gesto solo il lavoro cruciale di educazione sanitaria e civile compiuto in questi due anni». Che c’è di «scientifico» in simili uscite? Di sicuro non v’è nulla di umano.L’elenco delle piccinerie potrebbe continuare a lungo. Sergio Abrignani, ex componente del Cts, tenta di riscrivere il passato: «Bisogna calarsi nel contesto della situazione di allora», dichiara al Corriere della Sera. «Siamo stati i primi in Europa ad essere travolti dall’ondata, mancavano modelli di riferimento. Un commissione parlamentare? Ben venga tutto ciò che contribuisce a fare chiarezza, abbiamo fatto da apripista». L’epidemiologa Sara Salmaso, invece, protesta perché il bollettino dei contagi è stato reso settimanale e non quotidiano: «Per i cittadini serve massima trasparenza», grida. Viene da risponderle: e tutte le menzogne e le opacità precedenti, quelle andavano bene? Inutile però stare troppo a recriminare. Semmai, è opportuno imparare una lezione da queste scomposte reazioni al tremolio della Cattedrale sanitaria. L’emergenza virale è stata gestita politicamente con metodi violenti e autoritari che hanno discriminato una parte della popolazione e, contemporaneamente, sono penetrati nella testa di un’altra fetta ancora più consistente della popolazione. La propaganda parascientifica ha influito così tanto che a distanza di anni alcuni, troppi, faticano a ripristinare il normale funzionamento del pensiero. Il lavaggio del cervello è stato efficace, e le conseguenze non si esauriranno in fretta. Non solo: lo stesso metodo è stato e viene utilizzato per tutte le altre emergenze in campo, dalla situazione climatica alla guerra in Ucraina. L’approccio è identico: spaventare, intimidire, condizionare, indurre all’obbedienza, imporre una narrazione ideologica e sostenerla a ogni costo. Così agiscono i sistemi autoritari. E se quando la narrazione si sgretola c’è chi ancora chiede discriminazioni e vessazioni, non bisogna stupirsi: qualcuno la chiamava banalità del male. Nel caso italiano, quasi sempre, è soltanto pietosa banalità.
Operazioni di soccorso dopo il crollo ai Fori Imperiali (Getty Images)
Una donna in preghiera in una chiesa nei pressi di Lagos, Nigeria (Getty Images)