2022-12-30
I colpevoli del disastro pandemico ci chiedono di sbagliare ancora
Roberto Speranza accusa il «modello Meloni». Ma il guaio non è che siano spariti i divieti, è che ce ne siano stati troppi. Ci hanno resi più vulnerabili. Eppure, senza un’inchiesta approfondita, si possono impunemente riproporre.Il migliore, al solito, si conferma Roberto Speranza. «La strategia della Meloni di far finta che il Covid non esiste più, e che tutto sommato dei vaccini si può fare a meno è fallita», dichiara il fenomenale ex ministro, tutto ringalluzzito dall’allarme mediatico sul ritorno in grande stile della pandemia. Ora, uno che tre anni fa ha scritto un libro intitolato Perché guariremo (poi grottescamente ritirato) dovrebbe evitare per principio di fare la morale a chicchessia sulla gestione delle questioni sanitarie. Ma abbiamo capito da tempo che la clamorosa figuraccia non impedisce al geniale Roberto di pontificare impunemente. Allora, giusto per ricordare da quale pulpito venga la predica, ci limitiamo a fare presente che il caro Speranza - quando la diffusione della malattia era ancora nelle fasi iniziali - si preoccupava nelle sedute della sua task force che i commercianti cinesi in Italia non fossero oggetto di razzismo, e si prodigava in raccomandazioni al fine di evitare episodi di discriminazione nelle scuole. E questo era solo un assaggio. Mentre qui mancava praticamente ogni supporto medico, il furbastro si faceva passare sotto al naso l’invio di quintali di mascherine a Pechino, gentilmente offerto dal ministero degli Esteri. Per carità, se si fosse trattato soltanto di tali piccolezze potremmo persino passarci sopra. Ma c’è stato molto di più, e di peggio. Anche qualora l’attuale paranoia fosse giustificata (e non lo è), a fallire non sarebbe stato il presunto «modello Meloni», bensì il modello Speranza. Spieghiamo. Gli eventuali colpi di coda della pandemia non sono causati dall’abbassamento delle misure di protezione - che in Italia ancora resistono e praticamente in tutto il resto dell’Occidente sono state eliminate - ma dalle misure stesse. Lockdown, abuso di mascherine, restrizioni e altre follie hanno avuto come conseguenza il deficit immunitario ormai riconosciuto dagli esperti di ogni ordine e grado. E in alcune zone del globo potrebbero avere in qualche modo congelato la pandemia, privando le popolazioni di un livello minimo di immunità naturale. «L’obiettivo iniziale era sradicare ed eliminare questo virus», ha detto al New Yorker Howard Koh, professore di salute pubblica a Harvard ed ex assistente del segretario alla Salute statunitense. «Dopo un paio d’anni, ora tutti si rendono conto che non è un obiettivo realistico». Ebbene, il modello restrittivo denominato zero Covid - rivelatosi disastroso a ogni latitudine - è esattamente quello che Speranza e il suo gran visir Walter Ricciardi hanno tentato di importare in Italia. Dunque le cose stanno in questo modo: quelli che hanno imposto il sistema di gestione più dannoso di sempre adesso battono sul tamburo deprecando i guai che tale sistema ha originato. E cosa propongo come soluzione? Ritornare a quel sistema. In pratica, vogliono combattere il male con dosi maggiori di male. Limitazioni, reclusione e mascherine hanno portato al caos? Ottimo, si torni subito a mettere la mascherina, a chiudersi in casa e a mantenere il distanziamento! In un universo in cui permanga ancora un filo di contatto con la realtà, le strampalate uscite di Speranza e compari sarebbero liquidate con uno sghignazzo, e si inviterebbero gli interessati a dedicarsi a opere più profittevoli, tipo il dissodamento di terreni agresti. Dalle nostre parti, tuttavia, la dipendenza mentale dalle dosi di terrore inflitte negli anni dalla Cattedrale sanitaria è ancora troppo forte. Basta il minimo accenno e la psicosi riesplode con ansiogena potenza, soprattutto grazie alla complicità dell’intero sistema politico-mediatico. Tre anni di lavaggio del cervello ci hanno instillato nella zucca alcune false verità che sembrano impossibili da estirpare. Motivo per cui ai profeti della paura basta una lieve pressione sul tasto giusto per gelare la popolazione. C’è poi un altro tema di cui tenere conto, mai abbastanza richiamato. In questi mesi - benché ce ne fosse il tempo e anche l’occasione - non è mai stata messa in piedi una riflessione seria sul modo in cui tutta la baracca covidesca è stata gestita. Certo, abbiamo fior di studi medici a fornirci certezze, ma una revisione sistematica e completa del passato non è mai stata fatta. Non è mai stato esaminato seriamente l’impatto dei lockdown e dell’uso massivo di mascherine. E ovviamente non è mai nemmeno iniziato un ragionamento lucido sul vaccino e la reiterazione dei booster. Ieri il capogruppo di Fdi alla Camera, Giovanni Donzelli, ha annunciato che a gennaio sarà calendarizzata la famosa commissione di inchiesta sul Covid. «Andremo fino in fondo», ha detto Donzelli, «per sapere perché non c’era un piano pandemico in Italia e il ministro mentiva dicendo che c’era: qualcuno dovrà rispondere di quando il 12 febbraio 2020 due tonnellate di materiale sanitario sono partite per la Cina mentre non c’erano le mascherine per gli ospedali». Inoltre, tale commissione dovrebbe indagare su quanto accaduto nelle varie zone rosse e, secondo Donzelli, si occuperà dei «12 milioni di euro di commissioni all’amico consulente del Pd Benotti». Tutte cose sacrosante e giustissime, ovviamente. Ma appunto riguardano le fasi iniziali della pandemia, e non i problemi che ci tocca affrontare ora, né tantomeno le iniezioni o i danni collaterali da chiusure. Poiché un esame critico rigoroso non c’è stato, luoghi comuni e menzogne ancora galleggiano. I telepredicatori sanitari, per quanto screditati, continuano a illuminare gli schermi televisivi. I cronisti - anche se hanno moderato i toni in ossequio al nuovo esecutivo - covano ancora la sindrome da elogio della segregazione. Il risultato è che l’intera macchina è ancora in grado di esercitare una pressione indebita sulla popolazione, rende le acque torbide e riesce perfino a influenzare le decisioni del governo. Il dramma, ancora una volta, non è Speranza in sé, ma lo Speranza in noi. E non potremo vivere tranquilli finché non adotteremo l’unico modello che serve: quello a zero ideologia.
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L’AIE cambia idea, niente picco di domanda. Tassonomia Ue, gas e nucleare restano. Stagione atlantica avara di uragani. La Germania chiede più quote di emissione. Cina in ritardo sul Net Zero. Maxi-diga in Etiopia.