2022-04-27
I Carc sono violenti solo se attaccano Letta
Enrico Letta (Imagoeconomica)
Crisi di nervi in casa Pd dopo le contestazioni al segretario durante la manifestazione del 25 aprile da parte dei Comitati marxisti. Gli stessi che minacciarono (nel silenzio generale) il governatore Attilio Fontana. L’Anpi si scusa e incassa i fondi del Pnrr per il museo.Chi di Carc ferisce, di Carc perisce. Si potrebbe adattare il Vangelo di Matteo per spiegare la disfatta milanese di Enrico Letta, travolto dagli insulti di una parte del popolo di sinistra durante il corteo del 25 aprile per il suo approccio definito guerrafondaio al conflitto russo-ucraino. «Servi della Nato, servi della guerra», scandivano gli arrabbiati contro il Pd, sventolando bandiere rosse e arcobaleno per soverchiare quelle ucraine e della Ue (di drappi italiani neppure l’ombra). E per non rischiare equivoci, mostravano alti sulle teste i manifesti nei quali campeggiava la scritta: «Pd=guerra. Il nemico è in casa nostra e sta al governo, cacciamoli».A organizzare la rivolta rossa sono stati i Carc, acronimo di Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo, vecchi arnesi tipo chiave inglese della sinistra di piazza, funzionali a quella di governo quando il gioco si fa duro e l’obiettivo diventa impegnativo. Allevati come rottweiler nel brodo di cultura dell’antagonismo, una cinquantina di Carc «una mattina si sono svegliati» e si sono ribellati a chi ne ha giustificato le mosse con un peloso silenzio-assenso durante la pandemia in Lombardia. Furono loro a scrivere sui muri di Crescenzago «Fontana assassino» e a scandire «Fontana attento, ancora fischia il vento» nel tentativo di politicizzare un virus planetario; furono loro a dar seguito alla squallida campagna mediatica sulla «strage nascosta» al Pio Albergo Trivulzio (tutto archiviato nel silenzio generale), con minacce di morte al presidente regionale a tal punto che la Questura dovette mettergli la scorta.Sempre i Carc fecero parte delle avanguardie utilizzate come assaltatori ceceni (felicemente inseriti nelle manifestazioni di protesta con Cobas, Cub, Medicina democratica, Rifondazione comunista, Brigate di solidarietà popolare) nei mesi in cui Pd e Movimento 5Stelle tentarono la spallata a Palazzo Lombardia strumentalizzando come condor la pandemia per cambiare maggioranza in corsa, distruggere la sanità lombarda considerata un’eccellenza internazionale (11% dei ricoverati arriva da fuori regione) e imporre il modello Lazio che perde 800 milioni all’anno di denaro pubblico. La foto del consigliere regionale grillino Marco Fumagalli seduto al banchetto dei Carc mentre arringava la folla davanti al palazzo della Regione rimane il simbolo più grottesco. Ieri il Pd milanese ha vissuto momenti di imbarazzo davanti alle proteste del Nazareno per l’agguato riservato a Letta; i romani hanno accusato gli uomini guidati dal segretario regionale Vinicio Peluffo di non aver saputo prevedere il blitz e di aver esposto il numero uno del partito a una figuraccia nazionale. A stupire è stata la violenza verbale, ma anche qui gli estremisti di sinistra hanno riferimenti molto istituzionali. Fu l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino, punto di riferimento dei centri sociali (che peraltro osserva con il binocolo dalla villa patrizia della moglie sul lago di Como), a scandire nei giorni più bui del 2020 «l’invito a radicalizzare la protesta nei confronti della classe dirigente regionale». Erano le settimane delle scritte e delle minacce Carc, allora il clima da anni di piombo (definito da Lega e Fratelli d’Italia «una campagna di odio e di fango») creava a sinistra la narrazione giusta.Lunedì dopo l’incidente l’Anpi è subito corsa a scusarsi per non mettere a rischio l’affare dell’anno. In questi giorni la Resistenza tiene banco a Milano per un’altra magica giravolta: il raddoppio dei fondi per il museo ad essa dedicato. Mentre il Paese è sull’orlo della recessione, Mario Draghi prefigura sacrifici e il sindaco Giuseppe Sala attende 200 milioni dallo Stato per non dover tagliare 50 milioni di welfare alle fasce più deboli (sforbiciata già annunciata), per magia il governo ha trovato il modo di passare da uno stanziamento di 9 milioni a uno di 17 a copertura dei costi lievitati per la realizzazione dell’imponente struttura memorialistica. Il museo verrà realizzato di fronte alla sede della fondazione Feltrinelli, zona porta Volta: tre piani per 3.800 metri quadrati con apertura dei cantieri a inizio maggio per valorizzare archivi, documenti (450.000 carte sulla Resistenza), fotografie, più 400.000 testimonianze dell’attività del Comitato di liberazione nazionale e dei partiti, più i manifesti dell’insurrezione antifascista, della guerra di Liberazione e gli scritti del lungo dopoguerra politico nel quale il Pci ha tentato di intestarsi ogni evento.Il Comune ha ceduto l’area gratuitamente ma il gesto non bastava a coprire i costi, neppure con il primo finanziamento di 8 milioni da parte del ministero della Cultura di Dario Franceschini. Così è stato necessario metterne altri 9 attingendo al Pnrr, che così viene dirottato all’italiana dai suoi scopi primari e si conferma un semplice erogatore di denaro in chiave assistenzialista. Il museo dovrebbe essere pronto per il 2026 e contenere «la memoria storica di un’epoca». Sarà interessante verificare se troveranno spazio anche i libri di Giampaolo Pansa.
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