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I broker delle mascherine vendono allo scoperto e dopo accusano le dogane

I broker delle mascherine vendono allo scoperto e dopo accusano le dogane
iStock

Con la crisi del coronavirus, il mercato dei presidi sanitari come mascherine, guanti o gel disinfettanti è diventato una vera e propria giungla. A controllarlo c'è l'Agenzia dogane e monopoli che in questi giorni è impegnata a verificare la legalità e la qualità delle merci che devono arrivare all'interno dei nostri confini. Giusto ieri a Fiumicino, Adm ha sdoganato in poche ore 6 milioni di mascherine destinate alla Protezione Civile.

Forse non tutti sanno, infatti, che, a seguito dell'epidemia che stiamo vivendo, l'Agenzia dogane e monopoli ha dedicato una corsia preferenziale a tutti i presidi sanitari che arrivano dall'estero. In poche ore (queste procedure vengono definiti «rapidi sdoganamenti»), dopo i controlli sulla merce e sui documenti, le mascherine giunte allo scalo romano sono state sdoganate e distribuite a chi ne ha fatto richiesta.

Non solo, l'Agenzia dogane e monopoli è diventata anche soggetto attuatore «al fine di procedere, a richiesta del commissario straordinario, alle requisizioni dei beni mobili indicati dallo stesso». In poche parole, l'agenzia (che ha avuto l'incarico dal commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, attraverso l'ordinanza 1 del 20 marzo 2020) ha la facoltà di bloccare e requisire carichi di presidi sanitari (i beni vengono acquistati con provvedimento urgente dalle pubbliche autorità, dietro corresponsione di un indennizzo) e destinarli agli istituti che di questi tempi ne hanno più bisogno e nelle zone d'Italia dove la scarsità è maggiore. L'obiettivo è chiaro: assicurare la disponibilità di alcuni presidi medici indispensabili e urgenti nel minor tempo possibile.

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Il banchiere si ribella: non c’è solo la guerra...
Carlo Messina all'inaugurazione dell'Anno Accademico della Luiss (Ansa)
Messina, numero uno di Intesa, parla agli studenti: «Se il conflitto diventa l’unico tema si perde il contatto con la realtà. Invece in Europa i rischi veri arrivano da povertà e disuguaglianza, non da un evento bellico che è una minaccia solo potenziale».

«Se la guerra diventa l’unico tema si perde il contatto con la realtà». Parla agli studenti e pensa all’Europa, Carlo Messina all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Luiss a Roma. Davanti alla classe dirigente del futuro, il ceo di Banca Intesa decide di abbandonare grafici e coefficienti, di tenersi in tasca proiezioni e citazioni da banker stile Wall Street per mettere il dito nella piaga di un’Unione Europea votata ottusamente al riarmo fine a se stesso. «La difesa è indispensabile, ma è possibile che la priorità di quelli che ci governano sia affrontare tutti i giorni il tema di come reagire alla minaccia di una guerra?».

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Il dissidente diventato credente sbotta contro il fermo dell’Ong Humanity 1: «Faremo fuggire gli innocenti che tenete prigionieri». A Milano invece spuntano dei manifesti anonimi con un vademecum in più lingue per gli irregolari per evitare che finiscano nei cpr.

Da tempo, Luca Casarini preferisce il mare alla terra ferma. Tolta la tuta bianca che lo aveva reso famoso, ha iniziato a indossare il salvagente e a navigare attorno alle coste della Libia alla disperata ricerca di migranti da salvare. Da disobbediente è diventato credente, anche se solo in ciò che gli fa comodo, imbarcando un don Chichì, per dirla con Giovannino Guareschi, come Mattia Ferrari.

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Trattati «smontati» per i soldi a Zelensky, non se servono per sanità e pensioni
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Bruxelles si arrovella per aggirare le regole e dare agli ucraini i 90 miliardi confiscati. Un’elasticità mai dimostrata sul welfare.

È noto da tempo che le regole Ue, dai Trattati in giù, siano dotate di eccezionale flessibilità, in modo da essere applicate ai nemici e interpretate per gli amici. Ma ciò che sta accadendo pur di erogare un prestito (di fatto un sussidio) all’Ucraina rischia davvero di superare ogni limite di fantasia legale e finanziaria.

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Putin si fermerà solo se Kiev lascia il Donbass
Sergio Mattarella: «Chi muove guerra non può evocare la pace». Giorgia Meloni lunedì a Berlino al vertice con Volodymyr Zelensky.

Resta per il momento aggrovigliato il processo di pace in Ucraina. Donald Trump si è mostrato disponibile verso delle garanzie di sicurezza nei confronti di Kiev ma ha al contempo ammesso che un accordo tra i belligeranti sia più lontano del previsto. «Daremmo una mano con la sicurezza perché è, credo, un fattore necessario», ha dichiarato il presidente americano, per poi aggiungere: «Pensavo che fossimo molto vicini a un accordo con la Russia. Pensavo che fossimo molto vicini a un accordo con l’Ucraina. In realtà, a parte il presidente Zelensky, la gente ha apprezzato l’idea dell’accordo».

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