2022-10-06
Nella guerra dei chip Roma risponde a Parigi
La Commissione Ue sblocca 292,5 milioni del Pnrr per realizzare un impianto della Stm a Catania. Che riequilibra il peso francese nella società. Intanto tra Veneto e Piemonte entra nel vivo il derby per costruire uno stabilimento Intel: a breve la scelta del governo.Via libera della Commissione Ue a 292,5 milioni di euro destinati, nell’ambito del Pnrr, alla realizzazione di un impianto a Catania per la produzione di semiconduttori da parte della Stmicroelectronics. L’operazione rafforzerà la sicurezza degli approvvigionamenti europei nel settore e si inserisce nel contesto delle azioni previste dall’European chips act e «consentirà la formazione di personale altamente qualificato, limitando la distorsione della concorrenza», ha spiegato la commissaria Margrethe Vestager. Brinda il ministro dello Sviluppo economico uscente, Giancarlo Giorgetti, definendo lo sblocco ai fondi «una bellissima notizia. Come Mise abbiamo seguito con attenzione e massima discrezione il processo che va nella direzione auspicata dell’indipendenza italiana ed europea nel settore della microelettronica, obiettivo a cui il Mise ha lavorato con altre iniziative, dall’Ipcei microelettronica 2, ai contratti di sviluppo e agli accordi di innovazione per il settore. È un primo fondamentale passo verso un progetto, auspico, ancora più grande e importante che ha la finalità di dare sovranità tecnologica all’Italia». Di certo, l’ok di Bruxelles arriva mentre è in corso una doppia battaglia sui chip. La prima riguarda proprio l’operazione - sacrosanta e condotta con successo - per favorire gli investimenti di Stm nel nostro Paese, riequilibrando il peso dei francesi nelle strategie della società, tanto che la fabbrica nascerà in Sicilia. Ricordiamo che Stmicroelectronics è controllata con una quota del 27,5% da St Holding, la joint venture italofrancese partecipata al 50% dal ministero dell’Economia italiano e dal veicolo Ft1Ci, detenuto per il 95% dalla società statale Bpi France (gruppo Caisse de Dépots) e per il 5% dall’Agenzia atomica francese. Ebbene, a luglio, Stm e il produttore americano di microchip Globalfoundries avevano annunciato l’intenzione di costruire una fabbrica di semiconduttori a Crolles, piccola cittadina francese al confine con la Svizzera e l’Italia, con il sostegno finanziario di Parigi (sempre nel quadro europeo del Chips Act da 43 miliardi). Stm costruirà invece a Catania un impianto integrato per la produzione di substrati in carburo di silicio (SiC) utilizzati per applicazioni automotive e industriali da parte dei clienti che mirano a realizzare la transizione verso l’elettrificazione. Si prevede che la produzione inizi nel 2023 con un investimento di 730 milioni in un arco di cinque anni, che avrà il supporto finanziario dello Stato italiano nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza e, una volta completato, creerà circa 700 nuovi posti di lavoro diretti. L’altra sfida - assai più aperta - riguarda invece un altro colosso dei chip, ovvero Intel, che deve decidere se investire con un nuovo stabilimento in Veneto o in Piemonte. In pole position ci sarebbe la regione guidata da Luca Zaia, che si è già esposto a fine settembre con dichiarazioni sul «grosso progetto, forse il più grande della storia a livello nazionale che sta interessando il Veneto». In quei giorni l’agenzia Reuters aveva riferito che il governo italiano avrebbe scelto il Comune di Vigasio, che si trova in provincia di Verona. A poche ore dalla pubblicazione dell’articolo, tuttavia, il ministero dell’Innovazione si era affrettato a precisare che la scelta non era definitiva. Oltre al Veneto, infatti, anche il Piemonte si era detto pronto a mettere a disposizione un’area industriale a Settimo Torinese per la nuova fabbrica. La contesa tra le due regioni, iniziata mesi fa, è ancora in corso. E l’esito non è così scontato. Tra una decina di giorni si dovrebbe tenere una riunione al ministero per decidere quale sarà il luogo più conveniente. Vigasio, ha evidenziato un articolo del Post del 4 ottobre, è in una posizione strategica, vicino all’autostrada del Brennero e alla ferrovia utilizzata per trasportare merci dall’Italia alla Germania e viceversa. I collegamenti con Magdeburgo, da cui proverrebbero i chip pronti per la fase finale della produzione, sarebbero molto veloci. Tra Volpiano e Settimo Torinese, invece, c’è una grande area occupata in passato da Eni e da Pirelli, vicina alla Spea, un’azienda che realizza macchinari automatici per il collaudo dei microchip per grandi gruppi come Apple, Bosch e Marelli. In ogni caso Intel ha presentato un piano di notevoli investimenti in Europa lo scorso marzo e ha detto che nei prossimi dieci anni saranno spesi 80 miliardi di euro per costruire o ampliare aziende nei Paesi europei e in questo modo rafforzare la filiera della produzione di microchip, oggi importati quasi esclusivamente dall’estero. Attualmente la produzione globale di microchip, specie di quelli più sofisticati, è dominata da tre Paesi: Stati Uniti, Corea del Sud e soprattutto Taiwan, che con la sua multinazionale Tsmc ha il 54% delle quote del mercato mondiale. E proprio alcune società di chip taiwanesi stanno parlando con la Commissione europea e gli Stati membri per possibili investimenti nel Vecchio continente, ha detto la settimana scorsa il viceministro dell’Economia Chen Chern-chyi a Taipei.