2021-02-12
I grillini nel caos si appigliano alla fuffa verde
Sorpresi dalla caduta di Giuseppe Conte e divisi al proprio interno, i pentastellati innalzano il totem dell'ambientalismo per indorare la pillola Draghi agli occhi dei militanti. Eppure un dipartimento per la Transizione ecologica esiste già, ma finora non si è capito a cosa serva.Come diceva Tino Scotti, indimenticato attore comico reso celebre da Carosello, «Basta la parola». Quella dello spot degli anni Sessanta era il confetto Falqui, pasticca per persone afflitte da problemi intestinali. Siccome nella Rai democristiana non si poteva parlare di lassativi, Marcello Marchesi si inventò uno slogan geniale, cioè il nome della marca seguìto da «Basta la parola». Nell'Italia grillina, anch'essa afflitta da problemi intestinali per essere costretta a digerire un peso come Mario Draghi, la nuova definizione magica è «ministro per la Transizione ecologico». Sì, basta la parola per capire che si tratta di un'autentica bubbola. Ugo Tognazzi, nei panni del Conte Mascetti, l'avrebbe definita una supercazzola prematurata con scappellamento a destra e sinistra. Del resto, che c'è da stupirsi? Beppe Grillo è un comico, non un politico. È uno abituato a far ridere e anche a prendere per i fondelli. Infatti, l'altra sera, con la storia del ministero per la Transizione ecologica ha preso tutti i suoi per il di dietro. Non avendo argomenti per spiegare l'inversione a U sull'ex governatore della Bce, passando da un no convinto a Draghi a un sì convintissimo perché il premier incaricato è «uno di noi e ha chiesto di iscriversi al Movimento», il garante dei 5 stelle ha dovuto tirar fuori dal suo repertorio l'idea geniale del nuovo dicastero concentrato sugli investimenti nell'ambiente. Un colpo di scena da vecchio teatrante, una pensata da veterano del palcoscenico.L'Elevato è calato a Roma dopo aver capito che non solo Giuseppe Conte era perduto, ma che lo stesso movimento nelle mani di Vito Crimi e del terzetto composto da Di Maio, Di Battista e Fico rischiava di perdersi. Anzi, forse si era già perso, dividendosi in correnti indecise a tutto. L'autoreggente (nel senso che al massimo può reggere sé stesso) a cui pro tempore era stata affidata la guida delle truppe pentastellate, appena sentito il nome di Draghi pronunciato dall'attendente di Sergio Mattarella aveva reagito con un riflesso pavloviano, affossandone la candidatura. Pure Di Maio sembrava intenzionato a fare i capricci, mentre Di Battista, che sta per definizione contro, aveva annunciato la sua totale opposizione. Quanto a Fico, da perdente di successo (non è riuscito a dar vita al Conte ter), si consola occupando la poltrona di terza carica dello Stato. Sì insomma, il Movimento era allo sbando. Come al solito, direte voi. No, più del solito, anche perché all'assemblea dei parlamentari grillini, più di due terzi si erano schierati contro il governo dell'ex governatore. Certo, a soffiare sul fuoco erano soprattutto Conte e Casalino, il primo sperando ancora in un reincarico, il secondo sperando di non perdere quello lautamente retribuito di portavoce del presidente del Consiglio. Sta di fatto che i dubbi degli onorevoli pentastellati, in un giorno sono tracimati sui social e nelle chat dei militanti. Un'onda rabbiosa difficile da contenere anche per il garante. Il quale ci ha provato, abbandonando il suo buen retiro genovese, ma con fatica, tanto da essere costretto a ritornare da Draghi e anche a sentirlo per telefono, allo scopo di concordare una soluzione che consentisse di far digerire il banchiere al Movimento, magari inventando una scusa per far slittare il voto sulla piattaforma Rousseau oppure di falsare il risultato con un quesito che rendesse inevitabile il sì anche al più rigido dei militanti. In attesa, dunque, di truccare il referendum che deve dare il via libera al governo dell'«affamatore degli italiani» (copyright Grillo), ecco spuntare la supercazzola prematurata per perdere i contatti col tarapia tapioco (copyright conte Mascetti).Che cosa sia e soprattutto che cosa debba fare il ministero per la Transizione ecologica non è chiaro, ma ai grillini piace tanto. Così tanto che l'avevano già voluto col precedente governo, quello di Conte e compagni. Già dal 2019 esiste infatti un dipartimento del ministero dell'Ambiente che si chiama proprio così e dipende dal grillino Sergio Costa, uno dei più silenziosi e anche trasparenti (nel senso che non si vede e la maggior parte degli italiani ne ignora l'esistenza) tecnici voluti dai pentastellati. Ma di che cosa si è finora occupato questa succursale del ministero che oggi si vorrebbe fare ministero per assorbire ciò che fino a ieri stava sopra, cioè l'Ambiente? Ci risulta poco o nulla. Certo, non ha contribuito a trasformare le molte aziende in difficoltà, indirizzandole verso la riconversione verde. Ma siccome adesso c'è da trovare una soluzione per convincere i grillini a dire sì a Draghi, ecco ricicciare la storia della transizione ecologica, frasetta magica che dovrebbe persuadere i grillini scontenti per la ritirata sulla Tap e sulla Tav, oltre che su tutto il resto del programma a 5 stelle. Sì, Grillo è convinto che basti la parola e che ministero della Transizione ecologica sia meglio di un confetto Falqui.C'è un solo problema: siccome tra i miliardi del Recovery plan ce ne sono molti che dovranno essere spesi in investimenti ambientali (si parla di 70), una cosa è certa: Mario Draghi quei soldi non ha certo intenzione di farli toccare a un grillino. Che ci sia il ministro della Transizione, della mutazione o del trasformismo, l'ultima parola su quei fondi sarà sempre della «Mary Poppins un po' suonata che tira fuori dalla sua borsetta sempre le stesse ricette» (ancora una volta copyright Grillo, a proposito dell'allora governatore della Bce). Perché, come detto, basta la parola. Di Draghi. Agli altri il confetto.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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