2020-04-14
Gori non ammette i suoi errori. Per lui la colpa è tutta di Fontana
Ospite di Fabio Fazio, scarica sul governatore la strage nelle Rsa della Bergamasca: «Non ha vietato le visite dei parenti». Però si scorda che a fine febbraio invitava a «portare la moglie al ristorante».Camicia bianca con il taschino e maniche arrotolate, zazzera continuamente rimessa a posto, sguardo sottile e penetrante. Il Robert Redford di via Porta Dipinta, Bergamo Alta, domenica sera ha allietato la Pasqua dei famosi teleutenti e canonepaganti duettando con Fabio Fazio. Chiusura tardiva delle Rsa? Mancata dichiarazione della zona rossa a Bergamo e provincia? Tutta colpa della Regione guidata dal centrodestra di Attilio Fontana. Ché se alle elezioni di due anni fa avesse vinto lui, il sindaco piddino di Bergamo, sarebbe stata un'altra storia. E pazienza se neppure un mese fa lo stesso Gori invitava i concittadini a riempire i bar e a «portare la moglie al ristorante». A lui, sposato con la giornalista televisiva Cristina Parodi, non gli doveva sembrare accettabile di restare a casa. Mente all'amico Fazio, domenica pomeriggio, non dev'essere sembrato accettabile perdere 20 minuti su Internet per vedere che cosa raccontava fino a ieri «l'amico Giorgio». Il bello di Chetempochefa è che un veliero che batte bandiera panamense, per non dire che potrebbero chiamarlo Casafazio(sa). Ok, la famosa par condicio è sempre stata una presa per i fondelli, buona più per chiudere la bocca agli avversari che per aprire i cervelli, ed è ormai da anni che per fare le interviste ai politici in tv non servono i giornalisti. Però servirebbero le domande, almeno ogni tanto. Domenica sera, invece, per «l'amico Giorgio» (se lo dicono anche, è tutto trasparente) «il caro Fabio» ha fatto una cosa decisamente illegale, di questi tempi: ha allestito un salone di bellezza dove, insieme a un insolitamente quieto Roberto Burioni e al presidente dei medici bergamaschi, Gianluigi Spata, è andata in scena una seduta di pettinatura e messa in piega del Gori. L'ex manager Mediaset è stato libero di parlare del contrasto del Covid-19 come se fosse sceso da Marte nei giorni scorsi. Il tenero Fazio lo incalza subito da par suo: «Giorgio, sindaco di Bergamo, noi tutti abbiamo imparato a volervi bene… vogliamo essere un po' costruttivi». E lui ammette che sì «le cose vanno un po' meglio, negli ospedali e nei pronto soccorso, da circa una settimana, ma abbiamo tanta gente malata a casa e nelle Rsa», le residenze per anziani dove, secondo i sindacati della sanità, in provincia di Bergamo si sono registrati tassi di mortalità che sfiorerebbero il 50%. Gori denuncia che si fanno troppo pochi tamponi e, pur senza citare la Regione, snocciola le sue cifre: «Nell'ultima settimana si è arrivati a 9.000 tamponi al giorno, dei quali, a occhio, due terzi sono per i malati in uscita e un terzo per i casi nuovi». Burioni lo interrompe per dire: «Sono numeri bassissimi!». Poi Gori passa al numero dei morti ufficiale e anche qui, pur senza tirare in ballo il governo del quale il suo Pd è parte, butta lì: «Ho fatto un sondaggio per la mia provincia e su 100 Comuni che avrebbero avuto ufficialmente 2.060 morti, le anagrafi locali hanno registrato già 4.800 morti». Ma adesso che si parte con la famosa fase 2, è giusto o sbagliato aprire le città? E sono state spopolate nei tempi e nei modi giusti? Ovviamente Fazio non è che ha detto proprio così. Ma il sindaco è un tipo svelto e quindi ha ammesso che a lui «la riapertura piacerebbe, ma non possiamo forzare la mano e tirare la giacchetta agli scienziati», e però «ci vorrebbero test sierologici» (come quelli del Veneto) «perché fanno la differenza». Infine, l'inversione a U: «Non so se Bergamo doveva essere dichiarata zona rossa. Tra il 3 e il 5 marzo sembrava che la Regione Lombardia stesse per deciderla, ma poi ha risposto che non aveva i poteri per decidere. Io comunque guardavo a Roma e poi tra il 7 e l'8 marzo è arrivata la zona arancione». Attacco al Pirellone anche sulle Rsa: «I familiari entravano liberamente e gli addetti hanno lavorato senza protezioni fino a pochi giorni fa. La Regione aveva detto no a chi chiedeva la chiusura». Per carità, l'evoluzione del pensiero e delle opinioni personali fanno parte della natura umana e, soprattutto, del politico. Ma Gori si evolve davvero rapidamente. Solo il 26 febbraio il sindaco si rammaricava delle restrizioni ai bar e auspicava provvedimenti «per aiutare il turismo». E il 5 marzo, intervistato dall'Eco di Bergamo, spandeva ottimismo: «Siamo nel cuore della Lombardia, abbiamo probabilmente il miglior servizio sanitario d'Europa e tutti si stanno facendo in quattro: è una grande prova, ma ritengo non si debba eccedere nella preoccupazione». Chiudere tutto, come poi è stato fatto tre giorni dopo? Ecco ancora il Gori pensiero: «Ci sono state date indicazioni sanitarie molto chiare, seguiamole e andrà tutto bene. Vero, le persone anziane devono essere prudenti e limitare spostamenti e relazioni, e lo ripeterò ancora. Ma per tutte le altre non c'è motivo per non uscire, andare al ristorante con la moglie o farsi una passeggiata in centro». Aveva anche lanciato l'hashtag «#bergamononsiferma». Poi il Covid-19 non si è fermato e allora si è fermato lui. A riflettere.