2022-10-01
I giovani come oracoli. Ogni loro scemenza diventa indiscutibile
Greta Thunberg a Torino nel 2019 (Ansa)
Da Greta agli occupanti del Manzoni: ai ragazzi viene data sempre ragione. Eppure questo danneggia innanzitutto loro.Non è che la realtà sia poi tanto diversa dalla caricatura. A scorrere il notiziario degli ultimi giorni sembra di udire in sottofondo il disperato lamento del benpensante: «Per carità, qualcuno pensi ai bambini!». Certo, l’esclamazione va appena adattata ai tempi, ma più o meno siamo da quelle parti: nel territorio dell’ossessione per i giovani. L’imperativo categorico impone non soltanto di ascoltarli, ma soprattutto di accontentarli, o peggio di trattarli come guide. All’improvviso, gli educandi si sono tramutati in educatori, e non c’è verso di contrastarne il potere. Si sono tutti scandalizzati, giorni fa, per il delirio social dell’influencer Giulia Torelli (una che in un mondo normale non ci toccherebbe neppure nominare) riguardo gli anziani. La fanciulla, a chiosa della tornata elettorale, si è ripresa con lo smartphone mentre tuonava che «i vecchi non devono fare niente, neanche votare, devono stare in casa fermi e immobili con quelle mani. Sono completamente rincoglioniti». Uh, parole orrende, come no. Ma forse non conviene fare troppo gli ipocriti: bisogna riconoscere che la Torelli ha semplicemente espresso in maniera volgare e brutale un pensiero che circola, anzi ormai trionfa.Tocca ammettere che siamo vittime di una diffusa idolatria della giovinezza, le cui conseguenze nefaste sperimentiamo ogni giorno, e non certo da oggi. Il filosofo francese Alain Badiou ha scritto che in Occidente «si attribuisce alla vecchiaia un valore minore, infinitamente minore. Nella società tradizionale, i vecchi sono sempre i maestri, sono valorizzati come tali [...]. Oggi questa valorizzazione è sparita, a tutto vantaggio del suo contrario: la valorizzazione della giovinezza. È quel che si è chiamato “giovanilismo”». Tale giovanilismo assurge a ideologia «in quanto tema della pubblicità mercantile, impregna la società, che prende a modello i giovani. [...] Abbiamo l’impressione che i vecchi vogliano restare giovani a qualunque costo, e che i giovani non aspirino altrettanto a divenire adulti». Da un lato, i giovani sono sottoposti a una «adolescenza infinita», dall’altro assistiamo alla «puerilizzazione dell’adulto». E basta guardarsi intorno, osservare i genitori che se ne vanno in giro agghindati come i propri figli per averne contezza.Se è vero che questa infantilizzazione si trascina ormai da decenni, è anche vero che da qualche anno a questa parte il problema si è complicato. Non solo esprimiamo un disperato bisogno di giovinezza, ma abbiamo trasposto sul piano politico quello che Marcel Gauchet ha definito «culto dell’infanzia». Si tratta di una delle tante declinazioni dello gnosticismo contemporaneo. Il mondo ci appare corrotto e destinato alla perdizione, dunque si cerca la salvezza nel giovane, che all’apparenza è puro, incorrotto, e capace in virtù di questo suo candore di indicarci la via per il ritorno alla felicità edenica. È una sorta di perversione del cristianesimo: al posto del Bambino Divino abbiamo un proliferare di piccoli messia bercianti e arrogantelli.Concluse le elezioni, abbiamo visto spuntare come funghetti vari aspiranti barricaderi, a cominciare dagli studenti che occupano il liceo Manzoni di Milano, prestigioso istituto del centro cittadino. La loro protesta contro l’assurdo sistema scuola-lavoro (che ha già provocato la morte di troppi ragazzi) si è presto trasformata in uno stravagante picchetto contro «la destra», la quale per altro si è limitata a vincere le elezioni e ancora non è al governo. Ovviamente, non c’è giornale o talk show che non si sia occupato del caso, e agli impegnati in erba è stato piazzato il microfono in favore di gola perché potessero ripetere slogan per lo più vetusti, o comunque piuttosto banali come spesso accade che siano i ragionamenti politici degli adolescenti. Tanto idealismo, e senz’altro una ammirevole voglia di partecipare: ma i toni e gli argomenti appartengono al generico ribellismo di sinistra, già polveroso negli anni Novanta.Simile trattamento è stato riservato alle militanti «furios*» di Non una di meno, che in piazza hanno ringhiato addirittura contro Laura Boldrini, rea di non aver fatto abbastanza per garantire l’accesso all’aborto alle giovani donne. Curiosamente – sic transit gloria mundi – questa volta l’ex presidente della Camera non è stata presentata come una vittima, anzi i più hanno gongolato per il processo sommario a cui è stata sottoposta. Qualcuno l’ha fatto perché non gradisce la Boldrini e vuol darle torto a prescindere. Altri, ad esempio Massimo Gramellini sul Corriere della Sera, si sono schierati con le piccole furie per partito preso, perché appunto bisogna «stare dalla parte dei giovani». A guardare le rabbiose militanti, tuttavia, viene da apprezzare il boldrinismo persino a noi che non lo abbiamo mai digerito. Se Madama Laura si divertiva a declinare al femminile le parole, le sue nipotine irriconoscenti abusano di schwa e asterischi e mostrano un’intolleranza che la rappresentante del Pd – con tutte le sue commissioni liberticide sulle fake news – non è mai riuscita a esprimere. Eppure, nonostante l’evidente negatività delle giovani figure, le si è immediatamente scelte come emblema della voglia di rinnovamento covata dal Paese, anche se probabilmente rappresentano a mala pena sé stesse. È la sindrome di Greta Thunberg: la ragazza è giovane quindi pura, e se è pura deve avere per forza ragione, ergo dobbiamo farci indicare da lei il sentiero che noi adulti siamo incapaci di trovare in quanto ormai corrotti e perduti. Purtroppo siamo in presenza di una clamorosa truffa. La civiltà infantilizzata che si fa guidare dai bambini non è più pura, è soltanto più ingenua e manipolabile. I ragazzini urlanti, certo, rappresentano «il progresso», ma non è affatto detto che sia un bene. Chiaro: i pochi che ancora la posseggono hanno tutto il diritto di saziare la fame di politica che li attanaglia. Il guaio è che anche costoro – proprio come la maggioranza inerte che annega nei telefonini - sono cresciuti immersi nella deteriore ideologia pseudoliberale attualmente prevalente, ne hanno assorbito gli scopi e le parole d’ordine, e ora ne pretendono con rabbia l’applicazione da parte degli adulti. Vengono mandati avanti perché «i grandi» si trovano in difficoltà a discutere con loro, fanno la figura dei cattivi inaciditi, oppure si fanno prendere dai sensi di colpa quando il minorenne sbraita: «Ci rubate il futuro!». Ed è così che i piccini adeguatamente ammaestrati ammaestrano a loro volta le masse. Dalle mascherine alla rivoluzione verde, sono portatori del verbo tecnocratico, l’unico ammesso. Era sempre Gauchet ad ammonire: venerando il bambino, lo si tradisce. Gli si attribuiscono responsabilità che non dovrebbe avere, lo si valorizza in una posizione che non gli spetta, e insieme gli si ruba lo spazio che dovrebbe appartenergli. Attenti al paradosso: sono le ragazzine a pretendere, striscioni in pugno, che nascano meno piccini.Romano Guardini sosteneva che il giovane dovesse «imparare a pensare da solo, a giudicare da solo. Deve sviluppare una sana sfiducia nei confronti delle ricette già pronte, che siano di natura teorica o pratica. Si deve affermare nella propria libertà». Ma ciò oggi non accade, se non in rare occasioni, perché i maestri di pensiero libero vanno scomparendo, soverchiati dal sistema mediatico-politico. Inoltre, si è verificato l’assurdo ribaltamento dei ruoli: il puer insegna, invece di imparare. Detta legge, strumentalizzato da poteri che nemmeno intuisce. I pifferai, ora, se ne stanno ben nascosti. I bambini si muovono da soli, seguendo la musica che hanno nella testa, e si trascinano dietro gli adulti ipnotizzati.