2022-08-01
Carfagna e Gelmini ridotte a battersi per la patrimoniale che vuole Letta
L’ex premier parla di tassare i milionari, però ha in mente criteri che colpirebbero il ceto medio. Cosa ci fanno al suo fianco figure che si sono sempre dichiarate liberali?Che cosa c’è di liberale in una tassa patrimoniale? Niente. Non c’è nulla di generoso, splendido, munifico, prodigo, magnifico e libertario - tutti sinonimi di liberale - in qualche cosa che si chiama imposta sul patrimonio. Del resto, chiamandosi imposta, si tratta di un tributo che gli enti pubblici impongono senza corrispettivo di alcun servizio e, come ogni gabella, non è volontaria ma obbligatoria, frutto di una decisione dall’alto che il contribuente è costretto a subire, pena una sanzione o addirittura il carcere. Definire dunque liberale una patrimoniale è un ossimoro, perché significa mettere insieme concetti contrari, che mal si accostano. Luigi Einaudi, che era un liberale vero, infatti considerava la patrimoniale una misura estrema, da usarsi solo come rimedio per una revisione generale della fiscalità. Un’una tantum straordinaria da adottare nel momento in cui il Fisco intendesse porre mano al groviglio di tasse, per semplificarlo e gettare le basi per un’imposizione più chiara ed equilibrata. Un obbligo compensato da un vantaggio per il contribuente.Niente di tutto ciò invece viene proposto da Enrico Letta, il quale, per accontentare in campagna elettorale le frange più estreme della sinistra, rispolvera un’idea bislacca. L’altra sera, con un’intervista al Tg2, il segretario del Pd ha proposto un’imposta sui patrimoni allo scopo di dare una dote ai diciottenni. La spiegazione con cui ha sostenuto il progetto è a dir poco sorprendente: «I giovani durante la pandemia hanno salvato le vite di coloro che erano più anziani, sono stati rinchiusi in casa nonostante rischiassero molto poco, hanno un credito per quanto fatto». Già questo la dice lunga sul concetto di società che ha in testa l’ex presidente del Consiglio. Ai ragazzi non si offre un progetto di crescita, un piano per il futuro, un impegno, ma una mancia per risarcirli del periodo in cui sono stati costretti a rinunciare alla propria libertà, ai propri afterhours. Colpisce che l’indennizzo riguardi solo i diciottenni e non, per esempio, i trentenni o i quarantenni, ma anche i sessantenni. Forse nei due anni passati, solo i giovani sono stati costretti agli arresti domiciliari durante il lockdown? Oppure solo i ragazzi non devono farsi carico del senso di responsabilità e della tutela della collettività che sono richiesti ai più anziani? Sarebbe come dire che le norme valgono solo da una certa età in su o che gli obblighi, e dunque anche la maggior età, vanno spostati in po’ più in là, ben oltre la soglia dei 18 anni. Ma quanto sia distante dal nostro il concetto di società moderna coltivato da Letta lo dimostra anche il termine da lui usato per caldeggiare l’imposta patrimoniale. La nuova tassa dovrebbe essere utilizzata per dare «una dote» ai giovani. Un sostantivo desueto, che nel passato si usava per indicare il corredo che le famiglie predisponevano in vista delle nozze della propria figlia. Secondo il segretario del Pd, lo Stato dovrebbe mettere da parte una dote con i soldi dei contribuenti. Un concetto arcaico, ma soprattutto un concetto da Stato socialista, altro che liberale, in quanto lo Stato questo tesoretto lo preleverebbe dalle tasche di chi ha un patrimonio, per poi donarlo a giovani che non hanno altro titolo se non quello di essere giovani e di essere rimasti chiusi in casa durante la pandemia, come tutti gli italiani.Ma poi, come verrebbe applicata questa patrimoniale? Secondo Letta dovrebbe colpire chi è multimilionario. «È giusto che chi ha un patrimonio lasci qualcosa alla società, e qualcosa venga ridato ai giovani». Non si sa perché il segretario del Pd usi il verbo ridare, che è sinonimo di restituire e rendere. Ammesso e non concesso che il prelievo forzoso sia giustificato, i diciottenni non sono titolari di un diritto al risarcimento. A meno di non stabilire che sono legittimati a un indennizzo in quanto giovani. E poi, dove si fissa l’asticella che stabilisce il livello a cui è giusto introdurre la patrimoniale? Normali famiglie, che nel corso degli anni sono entrate in possesso di alloggi lasciati in eredità, potrebbero senza neanche accorgersene divenire proprietarie di un patrimonio multimilionario. In città come Milano basta poco: è sufficiente avere una casa da 150 metri quadri in alcune zone, neppure troppo centrali, per ritrovarsi un’abitazione milionaria, soprattutto se viene adottata la riforma del catasto che tanto piace alla sinistra. L’abitazione di proprietà in centro e quella delle vacanze già fanno un patrimonio multimilionario, che secondo il compagno Letta andrebbe tassato per «dare una dote» ai diciottenni.E che cosa c’è di liberale in tutto ciò? Niente, come dicevo. Dunque mi domando: come possono Carlo Calenda, Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna, e i tanti profughi del centrodestra che si preparano a ingrossare le fila di Azione per allearsi con il Pd, definirsi liberali? Di liberale, nel programma di Letta non c’è nulla. C’è lo statalismo comunista che ha costruito il più grande debito pubblico d’Europa. Uno statalismo che ha fatto crescere le tasse e ucciso le imprese e che si vorrebbe perpetrare istituendo la dote ai diciottenni. Dopo il reddito di cittadinanza, un altro inno a chi non lavora.Ps. Per altro, a rinchiudere in casa i giovani, come i meno giovani, è stato Roberto Speranza, alleato e compagno proprio di Letta, ministro della Salute che del lockdown e del green pass si è sempre vantato. Mentre all’estero aprivano, Speranza chiudeva. Dunque, se i diciottenni sono in credito, i debitori non sono i contribuenti, ma Speranza e compagni. È con loro che bisogna batter cassa. Sono loro che devono risarcire gli errori commessi. E, sono certo, gli italiani il 25 settembre se ne ricorderanno.