2025-03-26
Franceschini vuole il «matronimico»
Dario Franceschini (Ansa)
L’ex ministro chiedeva di cacciare dal Pd la Binetti, ostile alla legge sull’omofobia. Ora lancia il ddl per dare ai figli solo il cognome materno: «Saniamo un’ingiustizia secolare».Dario Franceschini ha trovato l’ideona: «Ai figli solo il cognome della madre. Anziché creare infiniti problemi con la gestione dei doppi cognomi, dopo secoli in cui i figli hanno preso il cognome del padre, stabiliamo che dalla nuova legge prenderanno il solo il cognome della madre», postava ieri sui social l’ex ministro della Cultura e senatore del Pd. Aggiungeva: «È una cosa semplice e anche un risarcimento per una ingiustizia secolare che ha avuto non solo un valore simbolico ma è stata una delle fonti culturali delle disuguaglianze di genere». Saranno queste, le scintille che si liberano nell’officina «del meccanico del Pd», come Fabrizio Roncone l’ha definito qualche giorno fa sul Corriere della Sera? Immaginava l’ex ministro «chino sul motore del suo partito. Qualcosa non va […], c’è qualche pezzo importante da cambiare? Lui è di nuovo chino. Il motore non gira». Mentre studia l’ingranaggio, Franceschini «il tattico» (copyright Carmelo Caruso sul Foglio, 2021) annuncia la presentazione di un proprio ddl sulla questione cognomi e così pensa di catturare consensi femminili. Bella trovata la sua, cancelliamo i padri e risolviamo il gender gap. Senza mezze misure, come quando disse che l’onorevole Paola Binetti doveva essere espulsa dal partito per non aver votato nel 2009 a favore della legge sull’omofobia. L’allora candidato alla segreteria del Pd negava che ci potesse essere libertà di coscienza sulla questione, quando «sono chiamati in causa i valori fondativi, l’idea stessa del Pd, che ha al primo posto la lotta a tutte le discriminazioni, contro tutte le aggressioni alle diversità». Binetti reagì dicendo che avrebbe votato l’altro candidato, Pier Luigi Bersani.Franceschini oggi considera l’assurdità di un figlio con il solo cognome della madre un diritto conquistato. Invece di fare un passo in avanti, con il doppio cognome per ristabilire l’«eguaglianza e la pari dignità dei genitori», come stabilito dalla Consulta, l’ex ministro si inventa una priorità inesistente. Così come quando girava l’Italia presentando il suo romanzo Aqua e tera («storia di lotta, di antifascismo, di amore e di diversità») e si mostrava paladino degli amori saffici contrastati. «Ci sono storie di amori omosessuali tra donne in tempi lontani. Ma erano tutte intellettuali, altolocate. Provate a immaginare un amore omosessuale tra due donne figlie di braccianti», raccontava. Insisteva nel concetto: «Immaginiamo cosa doveva essere un secolo fa, per una donna, amare un’altra donna, specialmente se non aveva la protezione della ricchezza. Se capitavano in una famiglia di braccianti, pensiamo a che tipo di violenza subivano le persone, erano costrette a sposarsi uomini che non amavano, ad avere figli che non volevano». E cognomi che non volevano. Adesso persone dello stesso sesso si possono amare, ricche o povere che siano, oltre che volere al vertice di un partito. Franceschini era stato il primo a dire: «Io voterò Elly Schlein». E se una donna ancora preferisce l’uomo, può comunque imporgli il cognome da ragazza secondo la democraticissima proposta dell’ex ministro.Altri tempi, quando battagliava per una legge «che punisca i comportamenti contro la dignità delle donne». Nel 2009 a Palermo arrivò a dichiarare: «Se chi ha offeso le donne non sente il bisogno di chiedere scusa lo faccio io a nome di tutti gli uomini». A nome del padre dell’Ulivo, potrebbe chiedere scusa anche alla giornalista Lavinia Orefici, offesa e strattonata dall’ex premier Romano Prodi.
Charlie Kirk (Getty Images)