2024-03-25
La foto della trattativa Pd-mafia
Il sindaco di Bari, Antonio Decaro con, a sinistra, una delle sorelle del boss Antonio Capriati
Decaro prova a smentire Emiliano: «Non andai dalla sorella del boss». Ma un’immagine lo mette alle corde. Il vicepresidente della commissione antimafia: «Quadro gravissimo». La Lega: «Il Comune di Bari va sciolto». In effetti spesso è stato fatto per molto meno.Tempo fa, in Sicilia, l’allora ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, disse che con la mafia bisognava convivere. Il senso era chiaro: non intendeva che ci si dovesse venire a patti, ma semplicemente che non si potessero fermare le opere pubbliche per il rischio di infiltrazioni della criminalità. Nonostante non ci fossero dubbi su quale fosse il senso delle sue parole, la sinistra e giornali fiancheggiatori lo crocifissero, manco avesse fatto l’elogio di Totò Riina. Ma adesso che si scopre che il governatore della Puglia, Michele Emiliano, andò direttamente dalla sorella di un boss della malavita barese, per raccomandargli il suo pupillo Antonio Decaro, che poi lo ha sostituito come sindaco e oggi è al centro di polemiche perché il consiglio comunale del capoluogo rischia lo scioglimento per rapporti con la criminalità, a sinistra parlano di strumentalizzazione. Le parole di Emiliano sono state chiarissime, pronunciate proprio durante la manifestazione pro Decaro. Quando questi divenne assessore del Comune di Bari, il governatore andò a casa della sorella del boss per presentargli il suo protetto e lo introdusse dicendo «te lo affido se ha bisogno di assistenza». Una richiesta di protezione, dopo che l’assessore era stato minacciato, fatta alla donna più vicina al capo del clan. Emiliano, che ha pronunciato questa frase di fronte a migliaia di persone radunate contro l’ipotesi di uno scioglimento per mafia del consiglio comunale della città pugliese, resosi conto di aver fatto uno straordinario autogol, ha provato a fare marcia indietro, ma come si dice in Veneto, peggio il tacon del buso, ovvero peggio il rammendo del buco. La sua visita non avrebbe rappresentato una legittimazione del clan e nemmeno un inchino al boss, ma un modo per dire che certi metodi - mafiosi - non erano più accettati. E Decaro ieri ha provato a smentire il suo «protettore», negando di essersi recato dalla sorella del boss. Ci sarebbe da ridere se le giustificazioni non venissero da un uomo che un tempo ha fatto il magistrato e che dunque conosce molto bene non solo le organizzazioni criminali ma anche il significato di alcuni gesti. Così come c’è da sorridere della smentita tardiva di Decaro. Ci sono consigli comunali che sono stati sciolti perché una processione sostava davanti a casa del boss e sindaci che sono stati accusati di essere conniventi per questa specie di genuflessione alla «famiglia». Andreotti è finito a processo per un presunto bacio e la prova usata contro di lui era un vassoio regalato alla figlia dell’esattore il giorno del suo matrimonio. Dunque, sentire un uomo delle istituzioni che dice di essersi recato dalla sorella del capo clan per raccomandargli un suo protetto, fa capire come qualcuno ritenga di poter essere al di sopra di ogni sospetto, ma soprattutto al di sopra della decenza. Per un episodio del genere qualsiasi altro politico sarebbe costretto alle dimissioni all’istante. E qualsiasi altro politico che radunasse in piazza migliaia di sostenitori contro una misura di prevenzione, come ha fatto Antonio Decaro, sarebbe accusato di chiudere gli occhi sulle infiltrazioni mafiose. Per anni ci hanno spiegato che il consenso di un politico non può essere usato contro la magistratura, ma se ci sono di mezzo Emiliano e Decaro evidentemente il ragionamento non vale più. Non è il ministro Piantedosi ad aver disposto l’arresto di 130 persone tra i quali anche alcuni politici locali: è la magistratura. E non è il governo a parlare di infiltrazioni criminali, ma la Procura. Dunque non si capisce questa difesa a oltranza, questo tentativo di cancellare la realtà. I clan, secondo i pm, erano riusciti a instaurare rapporti con gli uffici del municipio, ma invece di sollecitare gli inquirenti a far luce su ciò che è accaduto, Decaro, Emiliano e compagni vorrebbero nascondere tutto, mettendo a tacere la faccenda e impedendo l’arrivo dei commissari. Tuttavia, quello che ha detto il governatore della Puglia basta e avanza per capire a che punto si sia spinta la trattativa mafia-Pd. Soprattutto perché quello che sta facendo Decaro, che è anche presidente dell’Anci, è un tentativo di usare l’inchiesta dei pm per farsi la campagna elettorale per le Europee, atteggiandosi a vittima. Alla fine del suo secondo mandato, e dunque senza possibilità di essere rieletto, l’esponente del Pd sta usando la vicenda per ottenere visibilità e pubblicità. Il tutto facendo la guerra a un’inchiesta sulle infiltrazioni della criminalità. Bel modo di combattere la mafia. Soprattutto pensando alla raccomandazione di Emiliano. Manca solo che si dica: baciamo le mani.
Jose Mourinho (Getty Images)