2019-01-14
Battisti torna in manette, grazie
Cesare Battisti era e rimane un delinquente comune. Quando, appena diciottenne, entrò in carcere per rapina, e poi ci ritornò in seguito a condanne che andavano dal sequestro di persona alle lesioni, era un semplice bandito. Non avesse incontrato dietro le sbarre chi con l'idea della rivoluzione gli fornisse la giustificazione politica dei suoi reati, Battisti sarebbe diventato dunque un criminale incallito, furbo e senza scrupoli. Ma in una delle prigioni che frequentò all'inizio della carriera di pregiudicato, gli capitò di conoscere Arrigo Cavallina, un tizio che aveva studiato e che aveva in testa di rovesciare lo Stato in nome della lotta di classe. Cavallina aveva fondato i Proletari armati per il comunismo e andava in cerca di proseliti. Battisti, che all'epoca aveva 23 anni, non aspettava altro che continuare a fare la bella vita armi in pugno, atteggiandosi però a Robin Hood, uno che ruba ai ricchi per dare ai poveri: delinquente sì, ma con motivazioni nobili. Evase dal carcere ed entrò nei Pac, dandosi subito da fare con la pistola. Premendo egli stesso il grilletto o facendo da spalla, in breve partecipò all'omicidio di un macellaio, di un agente di polizia, di una guardia carceraria e di un gioielliere che aveva avuto il torto di reagire durante una rapina. In uno scontro a fuoco il figlio di Pierluigi Torregiani, l'orafo di Milano che i Pac intendevano punire perché in pizzeria non si era fatto rapinare senza fiatare, fu ferito e condannato a vivere su una sedia a rotelle. In pratica, nella sua rapida carriera da terrorista, Battisti si lasciò dietro una scia di sangue, ma quando capì che il cerchio attorno a lui e ai suoi compagni di terrore si stava stringendo, emigrò in Francia, accreditandosi come un perseguitato politico.All'epoca all'Eliseo c'era François Mitterand, che dovendosi far perdonare qualche peccatuccio commesso ai tempi della Repubblica di Vichy, ovviamente sposò la causa dei nuovi resistenti, ovvero dei rivoluzionari in fuga dall'Italia per reati di terrorismo. Il presidente francese offrì agli esuli una protezione totale, introducendo una dottrina che resistette per oltre 20 anni alle richieste di estradizione dell'Italia. Alcuni dei cosiddetti rifugiati a Parigi provarono a farsi dimenticare, cercando di far parlare il meno possibile di sé e alcuni ancora oggi resistono, godendosi la latitanza sulle rive della Senna. Non è questo il caso di Cesare Battisti, che dopo essere stato rapinatore e terrorista, si reinventò una vita. Complice una banda di intellò ubriachi di ideologia, il bandito di Cisterna di Latina si atteggiò a scrittore, dedicandosi alla stesura di gialli da quattro soldi, alcuni dei quali ispirati direttamente alla sua vita da delinquente comune (L'ultimo sparo è praticamente un'autobiografia). Si mise comodo, mettendo su famiglia. Essendo però spregiudicato e cinico, a Battisti non bastò averla fatta franca: voleva anche fare la bella vita. Il suo stile, le sue frequentazioni, l'aria ostentata da bullo di paese, quel ghigno che non ha mai perso neppure durante la latitanza, hanno attirato su di lui l'attenzione e soprattutto l'irritazione. I figli delle vittime, Alberto, il ragazzino ridotto sulla sedia a rotelle, non potevano dimenticare quella faccia strafottente, quelle continue e reiterate menzogne sul suo passato. Così, nonostante fossero trascorsi due decenni, la macchina della giustizia si rimise in moto. Per quanto fuggito all'estero e protetto dalla dottrina Mitterand, Battisti era pur sempre un terrorista condannato all'ergastolo per quattro omicidi. Il governo, dunque, reiterò la richiesta di estradizione e questa volta all'Eliseo non trovò un presidente della Repubblica che dovesse ingraziarsi i compagni di Battisti. Nonostante le coperture di scrittori e intellettuali, alcuni dei quali italiani (tra i firmatari dell'appello pro Battisti ci furono Roberto Saviano, il protettore di tutti i perseguitati, ma anche Vauro Senesi e Tiziano Scarpa), l'ex terrorista dei Pac capì che per lui in Francia le cose si mettevano male. Così, aiutato dai compagni di merende e forse anche da qualche uomo dei servizi segreti francesi intenzionato a togliere dall'imbarazzo la République, prese il volo. Uno dei suoi compagni parigini pagò un biglietto di sola andata per il Brasile, finanziando una latitanza dorata. Giunto a San Paolo, Battisti fu adottato da Luiz Inácio Lula da Silva, che essendo all'epoca una specie di messia dell'America latina, dispiegò il suo ombrello protettivo per il volgare assassino camuffato da intellettuale. Nonostante la richiesta di estradizione e le proteste dell'Italia, il Brasile rifiutò di consegnarci il latitante, lasciandolo libero di continuare la sua vita da impunito in una della località marittime del Paese carioca. Protetto dal partito del presidente, dal sindacato e dalla giustizia. Ma come passò Mitterand, anche Lula arrivò al capolinea. Così, una volta caduto il compagno Inácio, per Battisti cominciò a mettersi male. Con pochi soldi in tasca, qualche protezione in meno perché anche l'esule dopo un po' puzza, la sinistra francese e i suoi corifei ridotti ormai al lumicino, il delinquente comune travestito da perseguitato è stato costretto a fuggire. L'hanno trovato mezzo ubriaco in Bolivia, con una barba posticcia, come posticce sono sempre state le sue pose da intellettuale. A 65 anni e con un ritardo di 40 la sua fuga è finita. Il delinquente di Cisterna di Latina d'ora in poi non sarà più un perseguitato, ma semplicemente un condannato all'ergastolo. Pena che non sconterà comunque, perché in Brasile è vietata e dunque l'estradizione limiterà la detenzione a 30 anni. Anche se con lo sconto, Battisti finalmente dovrà guardare in faccia la sua storia e soprattutto le sue colpe. La grande bugia e le grandi coperture che gli hanno consentito 40 anni di impunità sono finite. Giustizia sia fatta.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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