2023-04-08
Arruolano l’Ue sull’utero in affitto ma tacciono sull’Italia che se ne va
Koen Lenaerts (Getty Images)
Assalto fallito della «Stampa» al presidente della Corte di giustizia europea che ribadisce: non possiamo obbligare gli Stati sulle registrazioni. Istat: culle vuote, ai minimi dal 1861. Elon Musk twitta: «State sparendo».In Italia non nascono più bambini e ieri l’Istat ha certificato che siamo ai minimi storici di natalità dal 1861. Eppure, il dibattito politico e sui media cosiddetti mainstream si avvita su un tema sempre più surreale come la battaglia per registrare i figli di due padri nati con l’utero in affitto. Ci stiamo estinguendo, ma siamo molto presi dall’agenda arcobaleno. E ieri un bel saggio di questo strabismo è arrivato dalla fluviale intervista della Stampa al belga Koen Lenaerts, presidente della Corte di giustizia europea, che ha stoicamente resistito al tentativo dell’intervistatrice di fargli dire a tutti i costi che bisogna riconoscere in tutta l’Unione ogni genere di tecniche procreative, comprese quelle vietate in Italia come la fecondazione eterologa tra coppie gay e la «maternità surrogata». Ma soprattutto ha ribadito che non si possono costringere gli Stati a registrare i bambini nati da mamme a noleggio. Il calo delle culle in Italia è talmente una costante che ormai il tema sembra venuto a noia. L’Istat ha messo nero su bianco che per il 2022 abbiamo viaggiato a meno di 7 neonati e più di 12 morti ogni 1.000 abitanti. E per la prima volta dall’unità d’Italia i bambini nati nell’anno sono scesi sotto la soglia delle 400.000 unità, per la precisione a quota 393.000. Dal 2008, ultimo anno in cui si verificò un aumento delle nascite, il calo è di 184.000 nati, dei quali 27.000 concentrati negli ultimi quattro anni. Tra le cause indicate, oltre alla propensione più o meno indotta delle coppie a fare figli, comincia a pesare anche il progressivo invecchiamento della popolazione femminile. Ci sarebbe moltissimo da discutere di questi dati e di queste tendenze che sembrano ormai irreversibili, tanto da spingere - al di là dell’Oceano - Elon Musk a scrivere su Twitter addirittura che «Italy is disappearing» («L’Italia sta sparendo»). Ogni tanto si parla di sostegno alle famiglie e di incentivi fiscali, di aiuti alle madri che lavorano e così via, ma sempre con il freno a mano tirato. Diciamo che il tema della natalità, di base, non è chic. Abbiamo altro a cui pensare, d’altronde. Ieri la Stampa ha pubblicato una lunga conversazione con Lenaerts, un giurista che di suo è sposato e ha ben sei figlie. Il magistrato è stato molto cauto e per tutta l’intervista è stato attentissimo a non allontanarsi dalle sentenze e dai principi dell’Unione, confermando che allo stato dei fatti i singoli Stati membri sono pienamente sovrani in materia di matrimoni gay e di genitorialità. Mentre nessun Paese «può ostacolare la libera circolazione dei minori insieme ai loro genitori». Il risultato di tanta prudenza è stato che il giornale diretto da Massimo Giannini ha sintetizzato il tutto con un titolo ai confini della realtà: «L’Unione tutela i diritti dei figli delle coppie gay, gli Stati membri si adeguino»». Un titolo che però è solo uno slogan, anche se Lenaerts spiega in tutte le salse qual è l’unico campo in cui gli Stati si devono adeguare. Si tratta del principio di libera circolazione e soggiorno. Ecco come lo ha spiegato l’alto magistrato, giunto al suo terzo mandato: «I paesi sono liberi di prevedere o meno, nel loro diritto nazionale, il matrimonio per persone dello stesso sesso, nonché la genitorialità di queste ultime». In Italia, ma non solo, com’è noto sono vietati sia i matrimoni omosessuali sia l’utero in affitto e il divieto delle trascrizioni automatiche degli atti di nascita esteri è per evitare un aggiramento del divieto di «mamme a pagamento». Lenaerts prosegue spiegando che «tuttavia, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’esercizio delle loro competenze gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, la libertà riconosciuta a ogni cittadino europeo di circolare e soggiornare liberamente negli Stati membri». Per fare un paio di esempi tratti da altrettante sentenze europee, una donna bulgara e una donna inglese, sposate a Gibilterra e madri di una bimba nata in Spagna, si erano viste negare il certificato di nascita in Bulgaria perché lì la menzione di due madri è contraria all’ordine pubblico. La Corte però ha imposto alle autorità di Sofia il rilascio di un documento d’identità per la bimba e il riconoscimento dell’atto di nascita spagnolo. Con la medesima logica, la Corte ha imposto alla Romania di rilasciare un permesso di soggiorno al coniuge dello stesso sesso di un cittadino romeno, sulla base del fatto che quest’ultimo ha diritto di libera circolazione e ha diritto a essere accompagnato dalla persona con la quale si è legalmente sposato in un altro Stato membro. Per il resto, il magistrato belga spiega che l’Unione non può certo imporre la registrazione dei bambini nati con l’utero in affitto. E quanto alla giurisprudenza comunitaria, Lenaerts ricorda che «la Corte non ha stabilito un obbligo generale di riconoscimento degli atti di nascita». In sostanza, l’unico «diritto» negato sarebbe quello alla registrazione del genitore, ma un punto fondamentale per capire le esagerazioni e le distorsioni del dibattito in corso è che se una coppia omosessuale ricorre all’utero in affitto in Belgio o in Portogallo e poi ritorna in Italia, non è che qui quel bambino sarà senza diritti. Sarà curato ed educato come tutti gli altri.
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