2022-07-06
L’euro svalutato al pari del dollaro: un’altra tassa che spinge i prezzi
I nuovi equilibri geopolitici aprono una guerra tra le divise che fa lievitare l’inflazione. Benefici per gli Usa e pure la Cina.La guerra delle valute alimentata dai nuovi equilibri geopolitici successivi all’invasione russa dell’Ucraina rischia di diventare un pericoloso booster per l’inflazione. Partiamo dalla notizia di ieri: l’euro ha chiuso a 1,024 dollari, in ribasso dell’1,72%, dopo essere giunto fino a 1,0238, ai minimi dagli ultimi vent’anni, trascinato dalle tensioni energetiche in Europa. A meno di 1,03 dollari, la moneta unica europea è scambiata a un livello che non si vedeva dalla fine del 2002 e ha registrato il maggior calo giornaliero dall’inizio del 2020 e dall’inizio della pandemia di Covid-19. Il trend è ormai segnato: dall’inizio dell’anno l’euro ha perso circa il 9,8% rispetto al biglietto verde, con un -6% solamente negli ultimi tre mesi. Diversi analisti sono convinti che la valuta unica europea raggiungerà la parità con il biglietto Usa e gli investitori scommettono che la Federal Reserve continuerà ad aumentare i tassi di interesse in modo aggressivo per controllare l’inflazione mentre i dati Pmi pubblicati lunedì scorso hanno evidenziato il rischio di un rallentamento della crescita alla fine del secondo trimestre.L’indice Pmi Composite dell’Eurozona ha indicato che la crescita è rallentata al minimo in 16 mesi, a causa della contrazione della produzione manifatturiera e all’indebolimento del tasso di crescita dell’attività terziaria. I forti aumenti dei prezzi del gas e dell’elettricità fanno pensare che l’inflazione non dovrebbe diminuire nell’immediato futuro, ponendo il rischio che l’economia europea scivoli nella recessione prima del previsto. L’acuirsi del rallentamento dell’economia europea indurrà la Bce a una maggiore cautela nel rialzo dei tassi, aumentando il differenziale rispetto agli Usa. Il mercato guarda anche alle prossime mosse dei banchieri centrali dell’area euro e in particolare a quelle del «falco» Joachim Nagel, presidente della Bundesbank, che lunedì ha criticato l’idea di abbassare i costi di finanziamento per i Paesi del Sud Europa, affermando che l’attenzione di Francoforte dovrebbe concentrarsi sulla lotta all’inflazione. «Abbiamo avuto così tante banche centrali impegnate nell’aumento dei tassi con grandi incrementi che ora si parla di guerre valutarie inverse», ha detto all’agenzia Reuters Jane Foley, strategist di Rabobank, riferendosi al fatto che le banche centrali devono aumentare i tassi solo per impedire che le loro valute scendano. «Potrebbe essere preoccupante» per un certo numero di valute, ha aggiunto, soprattutto se la Fed proseguirà con ampi aumenti dei tassi nei prossimi mesi, come da attese del mercato. Riassumendo, l’equilibrio valutario sta traballando, sembra di essere tornati al 2001 ma senza i benefici dell’export: le materie prime vengono acquistate in dollari ma rispetto all’anno scorso l’euro è sceso del 19% rispetto al dollaro quindi gli stessi acquisti ora valgono circa il 20% in più. Ecco quindi che questo gap può fare da booster all’inflazione. Se la Fed di Jerome Powell e la Bce di Christine Lagarde andranno avanti per strade separate scegliendo approcci diversi sulla stretta valutaria, l’euro scenderà ancora. Ma se la Bce si riallinea di colpo alla Fed il rischio è finire in recessione. Altre valute continuano intanto a soffrire nei confronti del dollaro, considerato bene rifugio, come la sterlina scesa a 1,1909. Euro/yen a 139,18 e dollaro/yen a 135,88. Come aveva già evidenziato la Verità lo scorso 1° luglio, l’asse indo-russo-cinese sta già cambiando gli equilibri nella geopolitica delle valute. Lo dimostra il fatto che il maggior produttore di cemento indiano, Ultratech Cement, all’inizio di giugno ha importato un carico di carbone russo pagandolo con yuan cinesi. La mossa può diventare una scappatoia messa in pratica da Pechino e Nuova Delhi per perseguire i propri interessi, con l’effetto di garantire un’ancora di salvataggio per Mosca schermandola dalle sanzioni. Il tutto alimentando il cosiddetto decoupling, promuovendo l’internazionalizzazione della moneta cinese e provando dunque a perseguire la dedollarizzazione desiderata da Vladimir Putin. Anche altre società indiane hanno ordinato carbone russo utilizzando la valuta cinese e questa pratica potrebbe diventare sempre più frequente trasformandosi così in una pericolosa arma economica, dal momento che l’uso dello yuan per il regolamento del commercio internazionale sta diventando un’alternativa al dollaro Usa in alcune parti del mondo. Oggi il 59% del commercio mondiale è denominato in dollari, il 20% in euro e il resto suddiviso tra sterlina, yen e yuan. Ma i pesi nel mondo delle valute potrebbero cambiare. E lo conferma anche la recente mossa della banca nazionale svizzera, che un tempo interveniva sull’euro e invece adesso lo sta lasciando scendere (in parte per motivi deflattivi): la settimana scorsa il franco svizzero è finito al di sotto della parità con l’euro. La moneta unica è stata scambiata per meno di un franco per la prima volta dal gennaio 2015.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)