2025-01-25
L’energia zavorra la nostra industria e pure gli azeri fanno shopping da noi
Il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev (Ansa)
Tra i candidati forti per l’Ilva e le reti Ip ci sono due gruppi dell’ex repubblica sovietica.Il governo ha dovuto mettere sul tavolo altri 250 milioni di euro per evitare che a Taranto, l’Ilva fermi la produzione. Il decreto arriva nel mezzo della due diligence dei commissari di Acciaierie d’Italia, ancora al lavoro per valutare i profili dei gruppi che si sono candidati a prendere tutti gli stabilimenti e i rami d’azienda. In prima linea la Baku Steel company dall’Azerbaijan e gli indiani di Jindal Steel international. Più defilati gli americani di Bedrock. Il problema è che nessuno di loro avrebbe offerto il miliardo e mezzo ritenuto congruo dagli amministratori straordinari. Il che apre a possibili rilanci o a nuovi aspiranti, almeno fino a fine mese. Gli azeri hanno dalla loro, però, il fatto di riuscire ad abbattere i costi dell’energia, più alti in Italia rispetto al resto della Ue, portando una nave rigassificatrice a Taranto. Questo rigassificatore galleggiante sarebbe funzionale al progetto di una acciaieria alimentata con il gas, e decarbonizzata, guardato con favore dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso. Il fattore oneri energetici è uno scoglio, al punto che il gruppo indiano Jindal Steel, ha chiesto in via informale degli aiuti ad hoc. Gli azeri invece avendo risorse a non finire nel sottosuolo, partono in vantaggio.Non è un segreto che il rapporto tra l’Italia e l’Azerbaijan si è rafforzato negli ultimi anni. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha più volte ribadito il «ruolo cruciale per la stabilità dell’area Euroasiatica» che riveste questo Paese. E in una recente missione ha sottolineato «la preziosa occasione per approfondire opportunità di collaborazione, nel settore della Difesa, con particolare riferimento all’industria ed a quello energetico».Sull’ipotesi di un accordo con la Baku Steel, però la Cgil si è già messa di traverso reclamando una scelta che «veda il mantenimento del ruolo pubblico». Il caso Ilva, comunque si concluda, sancisce il forte posizionamento sulla scena energetica di una realtà, quella azera, finora rimasta defilata. L’Azerbaigian può essere definito un «petrostato», il cui sviluppo economico è fortemente legato alle esportazioni di petrolio e gas. I combustibili fossili rappresentano oltre il 90% dei proventi da esportazioni, il 60% delle entrate pubbliche e il 35% del Pil. Il 95% dell’export dell’Azerbaigian è composto da petrolio e gas naturale, e i Paesi dell’Unione Europea - in primis l’Italia - rappresentano oltre la metà delle esportazioni totali del Paese. Per sostenere la sua economia, l’Azerbaigian, forte di queste risorse ha allacciato relazioni politiche ed economiche, in tutta Europa, che fanno perno sulla cooperazione energetica. Per l’Italia, l’Azerbaijan è tra i primi fornitori di petrolio, con una media all’incirca del 15% dell’import totale. Baku esporta circa il 20% della sua produzione di gas in Italia ed è il secondo fornitore dopo l’Algeria. Una conferma di questo rapporto è l’interesse, secondo indiscrezioni, da parte di Socar, la State Oil company of Azerbaijan Republic, su Ip, Italiana Petroli del gruppo Api, attiva nella raffinazione e distribuzione di prodotti petroliferi. Secondo alcuni rumors la famiglia Brachetti Peretti, proprietaria di Api, sarebbe in trattative per la cessione di Ip e in pole position vi sarebbero due delle maggiori società di trading al mondo: Glencore e Gunvor. Ma si sarebbe affacciato anche Socar. La compagnia statale azera, non è un nome nuovo in Italia. Ha rapporti di collaborazione con Eni con cui a settembre scorso ha firmato memorandum di intesa volti a promuovere l’esplorazione e la produzione azera con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza energetica dell’Europa e dell’Italia in particolare. Questo si inserisce in uno scenario in cui Baku ha annunciato piani per rafforzare gli sviluppi del gas e per incrementare le esportazioni verso l’Europa.Un Paese quindi che fino a qualche anno fa era ai margini dello scenario energetico internazionale, si sta facendo avanti in modo importante, complice la guerra in Ucraina e l’interruzione delle forniture dalla Russia ma soprattutto la debolezza dell’Europa che sconta decenni di ritardi nella politica energetica e i condizionamenti dell’ideologia green.A conferma della gravità della situazione creata dal caro energia c’è l’allarme lanciato dal presidente di ArcelorMittal France, Alain Le Grix de la Salle, nel corso di un’audizione presso la commissione per gli Affari economici dell’assemblea nazionale a Parigi. «Tutte le acciaierie europee sono a rischio chiusura nel 2025, se nulla verrà fatto per proteggere la siderurgia europea». Una chiamata a fare presto a cui si è aggiunta, in Italia, quella del gruppo Arvedi che acquistando intere pagine sui principali quotidiani, ha richiamato l'attenzione sui costi proibitivi dell’energia. A queste condizioni è impossibile competere con l’estero. Non solo. Si aprono le porte all’ingresso di player stranieri. E per individuare «il colonizzatore» non bisogna andare a Washington, basta guardare ai confini europei.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.