
La logistica è quella sezione dell'arte militare che provvede a garantire l'efficienza di tutto l'apparato bellico, organizzando in particolare il trasporto e la distribuzione dei viveri e delle munizioni, e provvedendo anche alle operazioni di manutenzione e di riparazione più semplici. Paragonando la lotta contro il Covid-19 a una guerra, e l'attività del governo a un'impresa in cui vanno fatti anche quadrare i conti, la logistica diventa l'arma indispensabile per sconfiggere il virus con una rapida distribuzione dei vaccini senza sperperare risorse pubbliche.
Lo sanno gli esperti del settore, che andrebbero consultati dagli amministratori in tempo di pace. Figuriamoci in mezzo all'emergenza come quella che stiamo vivendo. A Roma, però, si continua a preferire la narrazione alla soluzione. Lo si è visto anche nel caso delle «primule», i padiglioni per la somministrazione dei vaccini annunciati dal commissario Domenico Arcuri e nati da un'idea dell'architetto Stefano Boeri. Il governo ha dunque scelto di affidarsi a un archistar e non di seguire i consigli degli addetti ai lavori. Come gli esperti dell'Osservatorio interdisciplinare trasporto alimenti e farmaci (Oitaf) che hanno inviato al commissario un corposo documento in cui sono individuati i punti critici che, se non risolti, potrebbero compromettere il raggiungimento dell'immunità di gregge della popolazione entro il prossimo autunno.
Al lavoro hanno partecipato docenti universitari, esperti di cybersecurity nei trasporti, di medicina territoriale e preventiva, di geografia dei servizi e ingegneri specializzati nella conservazione e nel trasporto refrigerati. Il team ha esaminato il piano messo a punto dal commissario, individuando le criticità da risolvere. Fra queste, la realizzazione di un database completo del target di vaccinazione; il dimensionamento delle risorse; la garanzia di integrità dei vaccini; la sicurezza dei sistemi informativi e la gestione dei rifiuti speciali.
Per cominciare, il documento fa notare che la tabella relativa alla disponibilità temporale di vaccini inserita nel piano del governo, e pubblicata anche nei giorni scorsi da tutti gli organi di stampa, non è aggiornata, in quanto esistono «fondati dubbi che il preparato Astrazeneca, al netto di imprevedibili accelerazioni scientifiche e autorizzative, possa essere realmente disponibile nella quantità e nei tempi previsti». Si è preso anche nota della «sicura indisponibilità del vaccino Sanofi-Gsk almeno fino al quarto trimestre 2021 e che invece il governo italiano è pronto a esercitare le opzioni sulle quantità aggiuntive dei preparati Pfizer e Moderna prenotate in riserva da parte della Ue». Ma l'errore più evidente è che la tabella riporta come disponibile nel primo trimestre il vaccino tedesco Curevac, che sta iniziando ora la fase 2b e iniziando a reclutare i volontari per la fase 3.
Secondo il panel di esperti, la somministrazione rappresenta il vincolo da cui dipende l'esito dell'intera campagna di vaccinazione. L'unica procedura oggi nota è quella relativa al vaccino Pfizer: il cosiddetto bugiardino descrive un procedimento abbastanza complesso. Per esempio, la diluizione del vaccino richiede una manipolazione attenta della fiala (dieci rimescolamenti lenti), una volta dopo lo scongelamento e un'altra dopo la diluizione. Ogni fase della somministrazione dovrebbe essere oggetto di simulazione in uno o più laboratori centralizzati a livello nazionale, per ridurre i tempi morti, tenendo anche conto delle pause di riposo, degli imprevisti, come reazioni avverse nei vaccinati, e dei tempi di preparazione dello stesso vaccinando. Questo sarebbe il modo più preciso per stimare scientificamente la produttività oraria dell'intero processo. Tali simulazioni sono state fatte prima di pensare alle primule?
Altro punto critico del piano del governo: le unità mobili. Che vanno distinte dai veicoli per la consegna puramente logistica delle dosi nei punti diversi dagli hub di somministrazione e dai 1.200 punti aggiuntivi. Dalla loro disponibilità dipendono le vaccinazioni nelle Rsa, quelle a domicilio e in località periferiche, disagiate e con carenza di strutture mediche fisse. Oitaf calcola che dalle unità mobili dipendano le possibilità di somministrazione in tempi rapidi del farmaco al 20% della popolazione vaccinabile. C'è poi un tema di raccolta dei dati: serve un database unico contenente generalità, domicilio effettivo e condizioni di salute di ogni target teorico di popolazione. I dati e le informazioni esistono ma sono disperse. Per la campagna di comunicazione tesa a favorire la vaccinazione, l'Oitaf raccomanda di utilizzare il canale postale, dei Comuni e dei medici e pediatri di famiglia. Il canale postale potrebbe essere utilizzato anche inserendo l'invito alla vaccinazione in calce agli estratti conto delle carte prepagate e dei Bancoposta. Fino allo sviluppo di un sistema ad hoc standard, che non coinvolga i Cup.
Di tutti questi punti, nel piano governativo e nelle relative circolare non si trovano dettagli. Anzi. Nella recente (24 dicembre) circolare del ministero della Salute sulle modalità di somministrazione del primo vaccino nella prima fase (operatori e Rsa), si legge in una nota che «per la ricostituzione del vaccino, ove prevista, è possibile la predisposizione di specifiche procedure con l'individuazione di un punto dedicato con personale ad hoc». Poche parole per liquidare la questione del vero punto critico del vaccino Pfizer, ovvero le modalità di rigenerazione e preparazione. Eppure sarebbe bastato chiedere prima. O quantomeno leggere il documento degli esperti.





