2022-05-11
Ecco l’aumento agli statali. Ora però tagliate
le tasse agli altri lavoratori
Ai dipendenti pubblici 117 euro in più in busta e 1.800 di arretrati. Ma anche che opera nel privato è alle prese con l’inflazione.Sembra che si siano decisi a ritoccare gli stipendi degli statali (in alto, meglio precisare di questi tempi) e a dar loro gli arretrati. Ci mancherebbe altro. Nulla da dire: l’inflazione che comincia a trotterellare e speriamo che non cominci a galoppare, il carovita, il caro energia, e il caro contribuente che alla fine, gira che ti rigira, si trova a pagare il conto. Quindi nulla da ridire su questi ritocchi (la media è di 105 euro al mese, con un massimo di 117, e valgono per il 2019/2021 per un arretrato che andrà da quasi 1.400 a oltre 2.600 euro lordi, a seconda della posizione economica) che speriamo siano visibili ad occhio nudo perché, a volte, i ritocchi di cui parla il governo sono come quelle ciprie trasparenti che si usano in televisione, che evitano il lucido della pelle per il sudore ma certo non la cambiano. E in quanto a sudore certamente, spesso, questi ritocchi non lo ripagano. La questione degli stipendi degli statali è un’altra e rappresenta una grandissima ingiustizia: si chiama automatismo delle carriere e conseguentemente degli stipendi. Detto in parole un po’ più grevi, chi lavora meno, e in qualche caso rasenta lo zero, guadagna quanto quello che ci mette entusiasmo e che sgobba, non per un arcano mistero, ma per l’antico e per fortuna ancora presente senso del dovere. Inoltre, altra ingiustizia, spesso chi ha ruoli importanti per la vita dei cittadini come gli appartenenti alle forze dell’ordine, o come coloro che hanno tra le mani la materia più preziosa di una società – i cittadini del futuro –, cioè tutti coloro che hanno il compito di insegnare e di educare, guadagnano cifre che non sono assolutamente all’altezza di ciò che devono fare e anche in questo caso lo stipendio di chi fa di più equivale allo stipendio di chi fa di meno, lo stipendio di chi fa bene equivale allo stipendio di chi fa male, lo stipendio di chi si mantiene competente nella sua materia equivale allo stipendio di chi ancora sfrutta la poca o tanta formazione universitaria alla quale attinge. Purtroppo, nelle classifiche europee l’Italia se non ha la maglia nera ha quella grigio scura negli aumenti degli stipendi negli ultimi anni e questo non va bene perché, come insegnavano i filosofi e i teologi medioevali, anche il lavoro deve godere di una justa aestumatio, cioè della giusta stima, del giusto apprezzamento, del giusto riconoscimento del valore di una cosa o di una persona o di un lavoro. Anche il lavoro ha un prezzo e questo prezzo deve essere un giusto prezzo, sempre come insegnavano i medioevali. E nella considerazione del prezzo giusto occorre considerare il valore di ciò che quella persona fa e se lo stipendio è uno stipendio pubblico questo vale a maggior ragione perché quel valore è un valore pagato giustamente dalla società e in quella società ricopre un valore importante, ma non tutti nello stesso modo e non tutti per lo stesso valore, amen. Detto questo rimane da chiedersi perché agli aumenti degli statali magari non si pensa di far corrispondere un aumento anche per i privati, magari soprattutto per gli appartenenti alle fasce medio basse? E qui arriva la domanda dell’intelligentone di turno: «Ma non lo sai, caro Del Debbio, che i salari sono contratti tra privati e che, escluso i cosiddetti minimi, il resto non può essere imposto per legge: sei così ignorante da non conoscere questi fondamentali del diritto privato e del diritto del lavoro?». Caro il mio intelligentone, ti ringrazio per avermi ricordato i fondamenti del diritto ma, a mia volta, mi permetterò di ricordarti che esiste una materia che si chiama Scienza delle finanze che si occupa delle entrate (tasse, imposte, contributi, ecc.) e delle uscite (la spesa pubblica nella quale, tra l’altro, sono compresi anche gli stipendi di chi lavora negli apparati dello Stato) dello Stato. Detta scienza ci insegna che ci sono due modi fondamentali che ha in mano lo Stato per aumentare gli stipendi: il primo riguarda gli statali e si concretizza in un aumento dello stipendio stesso: guadagnavo 100 e dopo l’aumento guadagno 101. Per quanto riguarda i privati lo Stato ha un’altra forma per aumentare indirettamente gli stipendi di chi lavora nel settore privato: guadagnavo 100 e pagavo 50 di tasse, ora di tasse pago 49 e guadagno 101. Ci scuserà il lettore se abbiamo fatto un esempio semplice semplice ma non abbiamo fatto ciò per lui, perché il lettore sa di cosa parliamo e capisce al volo, lo abbiamo fatto per quegli intelligentoni dietro i quali spesso si nasconde un’intelligenzina, un’intelligenzuccia, un intelligentetta. Come direbbe l’ineffabile governatore De Luca trattasi di «personaggètti». E non ci vengano a dire che i 30 euro medi di diminuzione delle tasse della manovra di dicembre rappresentino qualcosa di significativo perché, viceversa, rientrano nell’ambito dell’irrilevanza, della trascurabilità o, se si vuole, dell’insignificanza. Il contrario di ciò che potrebbe assumere una certa rilevanza nelle ampie ma svuotate (dallo Stato) tasche del contribuente.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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